Cinema
The First Slam Dunk
Indiscreto 06/03/2025

Abbiamo visto The First Slam Dunk fuori tempo massimo ma ne parliamo lo stesso perché lo riteniamo un film di animazione eccezionale, secondo noi ancora più bello del manga, cioé Slam Dunk, e degli anime che dagli anni Novanta (in Italia un po’ più tardi) a oggi hanno conquistato decine di milioni di persone in tutto il mondo, di certo non tutte appassionate di pallacanestro. Questo film è del 2022 e proprio grazie alla sua trasversalità è diventato uno dei film giapponesi di maggior successo nella storia e nel mondo, in assoluto, il film incentrato sulla pallacanestro che abbia incassato di più. Inutile elencare le differenze con il manga (uno dei pochi per cui abbiamo superato il fastidio di leggere da destra verso sinistra: un’assurdità da filologi della mutua, visto che comunque li si legge in italiano), con il cartone animato e con gli altri film, andiamo su The First Slam Dunk che non ha bisogno di basi (o di un vissuto, per dirla alla Pianigiani) per essere apprezzato.
In pratica The First Slam Dunk coincide con la finale del campionato liceale fra la Shohoku e la favorita Sannoh, con ogni azione che diventa pretesto per un flashback o comunque per un ricordo del nostro eroe, Ryota Miyagi (a Okinawa Miyagi deve essere un po’ come Bernasconi in Ticino o Esposito a Napoli), playmaker della Shohoku che gioca con il numero 7 in onore del fratello morto, oltretutto quando già loro e la sorellina erano orfani. Ryota non vince le partite da solo, come nei classici spokon, ma è veloce e sa reagire alle trappole degli avversari sfruttando le caratteristiche dei compagni: Mitsui, la guardia con cui ha fatto a botte più volte per strada, il centro, e maschio Alpha, Akagi, l’ala piccola Rukawa in eterno conflitto con quella grande, il deviante Sakuragi che è il personaggio forse più bello di tutti, un simil Dennis Rodman che con una singola giocata, anche un tuffo o una gomitata, fa capire se la squadra è in partita o no.
Non raccontiamo tutto il film di Takehiko Inoue, che abbiamo visto su Netflix, ma diciamo quali sono per noi i motivi per vederlo, con la pallacanestro che è ovviamente fra i primi visto che linguaggio in campo e azioni sono molto estremizzati ma non inverosimili. C’è il dolore di Ryota, per le cose non dette ai morti e anche ai vivi, come la madre. C’è il racconto di una squadra composta non da amici, come vogliono filmografia e giornalismo sportivi, ma in certi casi addirittura da nemici ed in ogni caso da persone che trovano un senso nello stare insieme solo nell’obbiettivo comune. C’è l’adolescenza che sta finendo e un’età che gli adolescenti detestano, anche se fra pochi anni la rimpiangeranno. Ci sono dialoghi molto duri, come dura è la vita fuori dal campo. Ci sono animazioni bellissime. C’è il dopo: l’America, il sogno, un nuovo inizio. Capolavoro vero.
stefano@indiscreto.net