Stranieri come Roberto Lienhard

24 Settembre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sull’isola di Long Island, in faccia a New York e Connecticut, nella tenuta meravigliosa di Isabella Rossellini, artista sublime, figlia di due grandi, per sapere tutto sulle galline che le hanno ispirato l’ultimo libro e anche per sapere se avevano ragione Cochi e Renato quando dicevano che le sue amatissime ovaiole non hanno uno sguardo intelligente e lo si poteva capire da come guardavano la gente. Dalle galline di casa Rossellini, schivando gli sputi di un lama, riusciamo anche a scoprire una cosa che non deve offendere i grandi chirurghi di Milano, quelli del trapianto di faccia, perché le impunite della figlia di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini sostengono, sicuramente a ragione, che nello sport, soprattutto in Italia, come ha giurato più volte la loro padrona, questa operazione la fanno ormai da tanto tempo.

Chirurghi ignoti, mani sapienti come quelle che hanno messo nei guai Weah, tornato famoso non per il coast to coast imitativo del Gervinho, ripudiato dalla solita Roma e beatificato a Parma, ma per la sparizione di 88 milioni che qualcuno sospetta siano finiti in tasche presidenziali anche se lui nega. Mai condannare prima del giudizio in tribunale, mai illudersi che lo sport sarà libero dalle ingerenze politiche, come si vede nel tragico balletto olimpico delle sorellastre del Nord a poche ore dalle scelte del CIO per i Giochi Invernali che nessuno sembra volere davvero anche se ballano miliardi.

Attenzione a tutto, anche se nessuno può impedirci di amare più le imprese di Zanardi come iron man e di Bebe Vio col suo fioretto delle sceneggiate amplificate televisivamente da chi non riesce proprio a tacere anche davanti ad una rimessa laterale. Eravamo davvero felici di vedere il popolo della pallavolo, il successo di uno sport che ha davvero molto più di altri, soprattutto nelle idee, ma poi quando abbiamo visto gli animatori a bordo campo nel Forum strapieno, oltre 12mila per tre partite, ci è venuto qualche dubbio, quello che spinge molti a disertare posti dove davvero ti prendono per deficiente. Per Italia-Polonia al Dozza di Bologna, un tempio, in una città di grande competenza sportiva e cestistica, c’era un tale, lo stesso che aveva intossicato la testa dei triestini per Italia-Croazia, che ad un certo punto sillabava quello che avrebbe dovuto urlare la gente: I-TA-LIA. Ma dai. Poi li pagate anche e negate ad un allenatore delle giovanili il panino. Vergogna.

Cari amici che smaniate perché c’è troppo da leggere ed avete fretta, andate a Stanford dove hanno scoperto il motivo perché in troppi, non soltanto i legaioli italiani di qualsiasi sport, o anche al di fuori dello sport, pensano di avere sempre ragione, convinti che chi non la pensa come loro sia disinformato o in malafede. Andate tutti a farvi curare, anzi, meglio venite tutti a farvi curare. Vi abbiamo preceduto cercando di capire perché troppe volte ci mettano in liste nere di alto sgradimento. Se aiutati miglioreremo.

Intanto andiamo avanti convinti di avere ragione almeno su una cosa: le due partite della nazionale di basket ci hanno detto quello che siamo, ma poi qualcuno ci ha visto pure dei segni positivi. Sembrano quei venditori di pesce fasullo che nascondono l’impoverimento delle acque nazionali, Petrucci ha chiesto subito la presidenza per la difesa del patrimonio ittico, vendendo di tutto: il pangosio del Mekong al posto della cernia, lo squalo smeriglio invece del povero pesce spada. Come per molte scuole sportive italiane, basket in testa, la produzione nostrana è scesa al 20 per cento e calerà ancora perché anche quelli che poi vomitano, dopo aver mangiato pesce crudo, torneranno nello stesso ristorante. Lo capisci dallo sguardo, come le galline, visto che nel prossimo campionato di basket ci saranno oltre 100 giocatori nuovi.

Eccoci nella casa del basket che in questi giorni ha salutato tre personaggi che in qualche modo hanno fatto storia: Giovanni Trucco, Bob Lienhard, Antonio Concato. Il primo è stato un buon giocatore, ha vissuto il suo tempo e ci ha lasciato un buon ricordo. Il secondo è stato davvero grande. Un amico, un fratello del Bronx come ha detto Arturo Kenney scelto al suo posto dal Simmenthal e spesso ringraziato da Roberto Luigi perché a Cantù trovò davvero la sua America oltre ad una moglie e alla cittadinanza italiana: era diventato davvero brianzolo doc. Per noi era la faccia bella della luna cestistica e non soltanto perché si mangiava salame insieme e si fingeva di litigare se non onoravamo abbastanza il Pierlo Marzorati, il Charlie Recalcati o il Ciccio Della Fiori di cui era la chioccia in quella squadra che poi divenne campione d’Italia e padrona di gran parte dei grandi tornei europei seguendo il barba Tau, il grandissimo Arnaldo Taurisano che ancora oggi detta il verbo con i suoi libri sul basket, andando dietro all’evangelista Bianchini che poi con gli Allievi diventerà quello che ha scoperto il lato oscuro di ogni campione indirizzandone la forza verso il bene comune, le sue squadre. Il ricordo di Bob sul sito bianchiniano merita la meditazione, bevendo un buon rosso come piaceva a Lienhard. Su Antonio Concato, il presidentissimo della Vicenza dominante nel basket femminile, basterebbero i 12 scudetti, le coppe europee per raccontarlo. Chi ha vissuto e lavorato con e per lui non lo ha mai dimenticato e come questo basket, anche se spesso ingeneroso, se lo terrà sempre nel cuore.

Niente lacrime, soltanto uno sventolare di fazzoletti, aspettando che nel fine settimana si apra davvero la stagione del basket con la supercoppa nel Pala Leonessa di Brescia, la vecchia arena dei tempi gloriosi di Pedrazzini presidente e del barone Sales che accoglierà Bob chiedendogli quello che Giorgio Buzzavo, il grande ammiraglio delle flotte trevigiane nel basket e nel volley, si domanda da sempre e che ancora ricorda mentre augura a Lienhard il grande riposo: “Contro di lui finì la mia carriera. Un blocco, una spalla fuori uso. Non lo fece certo apposta, era un grande avversario”. Ecco il Barone, nel nome del suo vecchio presidente amato anche se non riuscì a difenderlo quando nella casa dei verdi volevano il nuovo, odiato per avergli fatto perdere la faccia sul campo degli universitari dicendo a Bovone di lasciar tirare il Giorgio che in quella sfida fece il record in carriera, dovrà chiedere se fu davvero uno scontro fortuito. Presto sapremo.

Dicevamo della stagione che parte, ma forse non comincerà mai visto che in campionato si giocherà per il secondo posto. Ancora con sta menata di Milano troppo forte? Dicono che ci siamo sbagliati un anno sì e un anno no. Colpa loro, cara gente, anche se è vero che i soldi non bastano, ma questa volta hanno fatto tutto per bene non smantellando la squadra vincitrice dello scudetto dopo aver dormito sulla carta vetrata in Europa e nella Coppa Italia. Hanno aggiunto potenza a un motore che in attacco valeva già 90 punti. Nel torneo di Zara vittoria sul Maccabi, resa decorosa al Fenerbahce, senza Datome, che poi ha vinto il torneo contro il CSKA, rimonta da meno 19 sul Bayern per la finale del terzo posto, abbiamo visto cose che gli umani di questo campionato italiano possono soltanto immaginare. James è tre volte meglio di Goudelock, Nedovic l’architetto aggiunto nel cantiere dove lavora, cammina, ma lo fa benissimo, Micov. Una squadra di alta qualità europea, da primi 8 posti.

Ora ci dispiace per le avversarie, ma la differenze sono evidenti, anche se il precampionato inganna, come quelli che vendono pesce del Mekong, come quelli che beatificando la Nazionale hanno dimenticando di far sapere che le avversarie battute, Polonia e Ungheria, nel ranking FIBA sono rispettivamente 27^ e 41^, abbastanza distanti da noi che pure siamo soltanto al 14° posto. Voi dite che il fattore campo a Brescia metterà l’Armani (a proposito non andiamo più dietro le sigle della real casa, basta il nome del re) al primo posto fra le favorite? Sperando di non venir scomunicati, vizio della nobiltà da Versailles a San Petroburgo, come quei giornalisti americani che hanno fatto insinuazioni sul lavoro nero nelle grandi case della moda del made in Italy, pur applaudendo i connazionali che poi comprano per miliardi come hanno fatto lo stile Versace.

Dunque se Milano eliminerà Brescia allora dovremmo avere il primo contatto fra il settantottenne Larry Brown e il Pianigiani belli capelli perché la sua Torino sembra meglio della Trento che non si gode mai un precampionato perché gli infortuni dimezzano ogni allenamento. Ora questo marziano, lo definisce così il suo presidente Fumo, che dovrà resistere a tutto, anche alla tentazione di tornarsene a casa prima del tempo se troverà interferenze che in passato hanno squassato lo spogliatoio oggi trasferito nel più capiente pala Vela, conoscerà la nostra Golden State, anche Milano usa e magari abusa col tiro da tre. Esordire a 78 anni. Ci ride sopra il maestro, ma noi siamo curiosi. In passato abbiamo visto grandi allenatori americani alzare bandiera bianca. Certo Torino è meglio della Milano due che ingaggiò fino al divorzio di Natale il grande Tom Heinsohn di Boston dove aveva vinto tanto anche da giocatore. Non deve succedere, peccato non ci siano tanti giovani talenti italiani da affidargli, ma così vanno le cose direbbero i super usati Poeta e Cusin che trovano il vecchio guru sul Po.

Non ci spaventa la previsione, così come Pianigiani sa benissimo che la supercoppa non potrà fare primavera perché il suo impegno verso il basket italiano che rappresenta in Europa è soltanto quello di arrivare fra le otto dell’eurolega. Non dimentichiamo che è stato lui l’ultimo a portarci oltre le colonne dell’indifferenza nella grande mischia, una sensazione sgradevole che lui conosce bene perché spesso finge indifferenza se non lo aduli abbastanza o se ti permetti di dire che molte volte dimentica che i giocatori sono anche persone e non solo strumenti per diventare più famosi. Andrebbe detto a tutti. Dalla serie A alle giovanili.

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