Stanza 2806, la fine di Strauss-Kahn presidente

18 Dicembre 2020 di Stefano Olivari

Dominique Strauss-Kahn non è diventato presidente della Francia per il presunto stupro del 2011 ai danni di Nafissatou Diallo? Stanza 2806, la docuserie in quattro puntate da pochi giorni visibile su Netflix, suggerisce di sì ma va oltre innocentismo e colpevolismo riguardo ad una vicenda in cui accusatori e accusati si sono spesso scambiati le parti. A non cambiare nei secoli è lo schema degli avvocati dell’accusato, cioè far passare la presunta vittima per una ricattatrice o puttana, quando non entrambe le cose. Le fonti dell’una e dell’altra parte sono così tante che alla fine non sappiamo se la cameriera del Sofitel di New York sia sincera, abbia mentito o abbia ingigantito alcuni dettagli. Di sicuro questa storia ha stoppato l’ascesa di un uomo brillante e abile nel cogliere ogni opportunità, comprese quelle matrimoniali.

Secondo i sondaggi il direttore del Fondo Monetario Internazionale da candidato socialista (solo uno scenario, perché non aveva annunciato candidature) avrebbe battuto Sarkozy l’anno seguente, ma la parte interessante di Stanza 2806 non è questa congettura né i sospetti su uomini vagamente legati a Sarkozy che avrebbero in qualche modo pilotato una cosa che aveva comunque una base reale (la tesi di Strauss-Kahn è che il rapporto fosse consenziente). A colpire è come una carriera in cui tutto sembra calcolato e in cui le donne sono state decisive, sia stata rovinata in pochi minuti, che poi hanno fatto uscire allo scoperto altre vittime di Strauss-Kahn, più o meno a pagamento. Ci sta tutta la considerazione di una di queste, Tristane Banon, secondo cui la vicenda Strauss-Kahn ha preparato il terreno al #MeToo che poi avrebbe dalla parte dei cattivi avuto il volto di Harvey Weinstein e di altri.

Non ci sembra che la vicenda del Sofitel abbia cambiato di così tanto la storia della Francia, visto che il vantaggio nei sondaggi di Strauss-Kahn dipendeva molto dall’impopolarità di Sarkozy, già sposato con Carla Bruni, che infatti nel 2012 avrebbe dovuto cedere la presidenza a Hollande, non proprio un leader trascinante. Certo ha cambiato la storia di Strauss-Kahn, ministro dell’industria nel governo Cresson e dell’Economia nel governo Jospin e considerabile un super-europeista (il suo primo fan italiano era Romano Prodi) di sinistra, insomma uno dei responsabili di tanti nostri guai. Questo non significa che un partecipante a festini di vario tipo debba essere considerato uno stupratore ed infatti le contraddizioni della Diallo portarono all’assoluzione di DSK al processo penale. Altra storia, come spesso avviene negli USA in questi processi ai VIP, la causa civile che si è chiusa con un risarcimento.

Così come nella cronaca anche nel documentario ci ha colpito la figura di Anne Sinclair, la famosa telegiornalista terza moglie di Strauss-Kahn e decisiva nel migliorare la sua immagine, girando lo sguardo dall’altra parte ognuna delle mille volte in cui è stata tradita: altro che #MeToo. Il divorzio sarebbe arrivato un paio d’anni dopo il processo di New York, con il comparire sulla scena anche di un figlio nato da una relazione extraconiugale di DSK durante il periodo all’FMI, dove sarebbe stato sostituito dalla Lagarde.

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