Speravo de morì prima, un Totti diverso

20 Marzo 2021 di Stefano Olivari

Speravo de morì prima, la fiction sulla vita di Francesco Totti trasmessa da Sky, è da guardare nonostante l’ideologia del santino, tipo Rai 1, sia quasi in ogni inquadratura.  Questa serie, di cui sono state trasmesse le prime due puntate delle sei totali, oltre al santino è però anche un tentativo di rielaborazione della realtà basandosi sull’autobiografia scritta da Paolo Condò per Totti (Un capitano) ma andando molto oltre, con punte alla Sorrentino. Soprattutto con il personaggio di Spalletti, interpretato da uno strepitoso Gianmarco Tognazzi, capace di rendere l’ombrosità e la vena di pazzia di quello che è tuttora un allenatore dell’Inter e che nel mondo tottiano è considerato il cattivo anche se Totti ha dovuto ammettere che nei momenti peggiori Spalletti è stato fra le persone che gli sono state più vicine. Ripagato con una certa freddezza del campione nel momento dell’esonero.

Speravo de morì prima ha tante anime produttive e fra queste c’è Sky, con Sky Sport 24 onnipresente, canale con davvero poco da spartire con le radio che si occupano a tempo pieno di Roma e che nell’evoluzione del rapporto Totti-Spalletti sono state spesso decisive. Centrata la Ilary di Greta Scarano e perfetto il padre Enzo di Giorgio Colangeli, mentre la Guerritore non può ovviamente fare la madre di Totti ed allora fa, benissimo, la Guerritore.

In Speravo de morì prima a deludere è purtroppo proprio Totti, un Pietro Castellitto (figlio di, come da tradizione del cinema romano e di buona parte delle attività italiane) con una sola espressione, che non fa un Totti suo e che nemmeno pratica la scorciatoia dell’imitazione. Visto che ovviamente il Totti bambino lo fa un altro attore, non si capisce come mai quello quarantenne non l’abbia fatto lo stesso Totti, magari avremmo scoperto il nuovo Cantona. Il personaggio è comunque ben scritto, un Totti edulcorato ma non scontato.

Certo è che delle varie operazioni mediatiche tottiane post-ritiro, fra il libro di Condò e il documentario di Alex Infascelli, Mi chiamo Francesco Totti, questa fiction diretta da Luca Ribuoli è la più convincente. Anche perché, fra le altre cose, ha il pregio di avere ritmo e di essere divertente: bellissima la parte in cui Rudi Garcia scopre che a Trigoria Totti ha un vero e proprio ufficio. Chi cerca grandi verità calcistiche in una serie televisiva autorizzata dallo stesso protagonista non le troverà nemmeno nelle prossime quattro puntate, crediamo, ma Speravo de morì prima non è un banale compitino e speriamo apra una strada.

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