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Spending review alla Proli

Oscar Eleni 21/12/2013

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EleniOscar Eleni da Robben Island, la prigione di Mandela, per ascoltare le pietre spaccate da Madiba che ci indicheranno la strada per capire questa gabbia dove ci hanno rinchiuso i simil Petrucci, i simil Proli, i simil Alessandro Benetton, i simil Bertea-Garcea, i simil camaleonti che girano in Basketlandia dove appena si ferma un Kobe Bryant la sua squadra ritrova almeno il sorriso e la vittoria alla faccia di chi crede che siano sempre i campioni a fare la storia. No. Sono le squadre dove la gente si parla e non si isola con le cuffie, i tablet, le puttanate del mondo nuovo dove i viaggi che erano avventure, storie vere, sono diventati soltanto trasferimenti di lavoro per facce di pietra. Ditelo nella riunione di Santo Stefano a Roma, dove ci saranno 500 allenatori. Lo dico anche al giovane ed inesperto editore del libro su Rubini che ha scoperto il silenzio delle paludi federali, della politica sportiva servita ai poveri cristi. Parta con un carico di volumi, sfondi le porte. Sacchetti e Boniciolli, magari anche Dal Monte, prima di fare lezione lo aiuteranno.

Anche il ruffiano più tonto avrà capito che Livio Proli ha deciso di salvare davvero la Siena del grande nemico Minucci. Gli ha preso anche Daniel Hackett. Operazione tuono conclusa. Milano  senza avversari, a parte quelli che si troverà in casa se le facce di chi dovrà dividere pane, sudore e gloria con Daniele il leone, sono quelle che abbiamo visto a Strasburgo dove i figli del lusso, della grandezza che si misura in carati più che nel talento e nel cuore sportivo, hanno peccato ancora una volta. La scusa buona era sul tavolo: partita inutile, forze da risparmiare per il derby contro Cantù, Golia al risparmio temendo che il Davide Sacripanti faccia scherzi sotto le lamiere del Pianella. Certo sono partite sofferenza, ma non esiste il titolo per manifesta superiorità economica.

Con Hackett, ve lo abbiamo già detto, Milano può entrare nelle migliori otto europee: diamo per scontato che il Fenerbahce del generoso e  feroce Obradovic, i punti lasciati in casa sua al Partizan che hanno permesso ai serbi la qualificazione sarebbero da inchiesta se non fossimo  nel regno dove tutto ha un senso politico, l’Olympiakos di Spanoulis sono già in prima classe. Le altre tutte abbordabili e battibili: l’Efes è peggiorato tanto, il Barcellona ha problemi digestivi interni, Malaga poteva essere fatta fuori anche dalla Siena orgogliosa, non è attrezzata per l’eurolega di vertice, il Vitoria dello Scariolo vestito da Zorro può essere temuto in Basconia, ma non al Forum ed è ad Assago che Milano dovrà costruire la diga dove ci sembra già quasi arrostito il Panathinaikos. Terzi o quarti. Bel risultato per la smazzata dei quarti su 5 partite. Problemi per Milano? Intanto lo sfoltimento della rosa. Se Proli è ancora in vena di buone azioni verso il basket nazionale da tenere come caro amico allora presti a prezzo modico Chiotti, Haynes e, magari, Cerella. Ognuno di loro potrebbe dare una speranza a chi è nei guai per la retrocessione. Se non vuole fare favoritismi allora liberi questi giocatori lasciandoli al miglior offerente.

Nell’altro girone dove domina il Real Madrid tutto sarebbe stato più facile, perché a parte il CSKA del Messina che Bologna onorerà prima di Granarolo-Avellino, non vediamo spettri, neppure quello del Maccabi che dovrebbe passare come terzo lasciando a Galatasaray, Kaunas, Kuban e Partizan la battaglia per il quarto gettone d’oro.

Siena fuori dal gioco  importante non sorprende gli ipercritici che girano armati di veleno nella speranza di portare arance  taroccate a Minucci: gli riconoscono i successi italiani, ma pensano stoltamente che in Europa, dove nessuno lo temeva e forse lo conosceva, è stato misurato e pesato e lasciato sempre ai margini della festa. Qualche finale a quattro, mai una vera finale. Sanno di mentire, sanno che l’eurolega è territorio che ha bruciato tanti, persino la Benetton dei Kukoc non riuscì a vincere. Non è questione di conoscenza, ma di forza tecnica reale. Siena bastava ed avanzava in Italia, fuori no. Pianigiani potrebbe spiegare, anche se lui potrebbe essere un motivo per la discussione.

Milano ha più sostanza tecnica internazionale adesso che ha completato la letterina a babbo Natale in occhiali scuri come scopriamo gli uomini di Banchi sul paginone di pubblicità. Il problema sarà sistemare le camere, scegliere le coppie giuste, far nascere l’idea che la vittoria è un bene comune, pagato anche oltre la misura della famosa e comica spending  non so cosa sbandierata dai servi di scena. Perché fingersi virtuosi? I conti della gestione sono conosciuti, se adesso risparmi perché gli altri sono alla canna del gas quale sarebbe la virtù? Ma poi che titolo cercano questi vassalli di re Giorgio? Glielo portino il titolo, per loro sarà soltanto un lavoro fatto bene. E sarebbe ora, accidenti!.

Per Luca Banchi il trampolino dei tuffi dalle rocce messicane. Non una cosa facile. Gli servirà una commissione interna solida, lucida, credibile. Come voleva Mandela per i Bocks ha bisogno del suo Pienaar anche se il trio corpore sano in mente da battaglia ricostruito a Milano potrebbe indicare la strada ai credenti e qualcuno che ha capito nel gruppo c’è di sicuro, cominciando da Melli.

Per Siena buon viaggio nell’Europa due, ha fatto una dignitosa eurolega, bravo Paperoga Crespi, esce dalle 16 per un tiro sghembo più di quelli del Viggiano che l’avevano rimessa in corsa. Crescerà ancora, ma la fatica  si farà sentire e la stessa cosa vale per Cantù che sfida Nanterre, Sassari che non dovrebbe avere rivali a Dunkerque, Ankara e Bamberg, ma il mondo fuori spesso si mostra crudele, con arbitri che vedono male, vedono quello che qui nella terra no limits del facchinismo spesso sfugge.

Ci avviciniamo alla conclusione del girone di andata, dopo la Befana sapremo chi sono le otto per le finali di Milano. Tutto e di più a Milano. Coppa Italia, finali europee, finali scudetto si pensa. Il troppo stroppia? Andatelo a raccontasre chi sceglie le sedi e fa i conti. Noi siamo stanchi di combattere contro mulino a vento che tagliano le dita.

Periodo per  dare contributi a tante fondazioni che sono nel nostro cuore, quella per Willy, per Porelli, per Rubini. In povertà cerchiamo una strada comune. Certo ci si stupisce vedendo certe porte che sbattono. Il caso è proprio quello della fondazione Rubini finanziabile all’inizio con le vendite del libro  “Indimenticabile” senza padrini a Roma, in Lega,nella speranza che alla FIBA sappiano mantenere la parola più che in certe stanzette del potere effimero più che occulto. Non ci aspettavamo una fuga così poco elegante anche se conoscevamo i nostri polli federali e allo stesso Coni.  Forse nel basket day dovevamo chiedere ai giocatori di intervenire: alla fine parlavano soltanto della loro vita in Azzurro, dei loro incontri con il Principe, mai con Petrucci, con Bertea, i vassalli del consiglio fra oche  a anatroccoli muti. Dolorosa scoperta dell’altra faccia di lune ipocrite. Buon natale  a tutti loro. Rubini  è nella storia a prescindere. Questi tapini rullanti non ci saranno mai.

PS: per l’ex grande azzurra Marisa Geroni a cui hanno amputato un a gamba ti chiedono incartamenti per poterla aiutare. Le carte ponderose sono arrivate. Scommettiamo che sentirete sbattere altre porte. Tenetevi stretto il fondo di fine rapporto voi giocatori che potete, nel domani soltanto bronzi coperti.

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