Slavi grande popolo

22 Febbraio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni perduto nel vento nella meravigliosa piazza triestina dell’Unità. Trent’anni prima quella che chimavamo bora era soltanto il borin per l’austrungarica madre pluriottantenne di Gianfranco Pieri che stava per salire sulla batmobile di Aldo Giordani per andare a Lubiana a vedere il Simmenthal in coppa. Bora o borin, cercavamo rifugio insieme a Toni Ci, che si sente gratificato dal titolo di badante, anche se poi, spesso, i ruoli si capovolgono, cercando l’approdo fra i pescioloni delle Bandierette. In attesa c’era Boscia Tanjevic, versione Aramis e D’Artagnan insieme, adesso che è tornato a dieci toscanelli giornalieri. Perché Trieste in un giorno di tempesta? Presuntuosa premonizione nella settimana dove Milano andava in torneo per riportare a casa la coppa Italia vinta vent’anni prima con questo poeta geniale che sa cosa è la sofferenza. Ironico e concreto, come sempre, pieno di fantasia e con memoria per ricordare anche ogni azione di vent’anni fa. Per questo incontro senza scaramanzia, guai se il Bernardo Gui, l’inquisitore di oggi nel nome della Lega non tanto rosa che ora fa e disfa per Armani e per la Lega, dovesse o potesse immaginare che esiste gente capace di pensare all’Olimpia a prescindere, noi abbiamo sfidato la tempesta, lui la cabala velenosa dei numeri. Per andare a vedere le finali di coppa del Montenegro nella vecchia Titograd, ai piedi del monte Gorice, ha viaggiato il 17, giorno sconsigliato per le partenze e per i viaggi. Allenerà una nazionale dove i cacciatori di talenti rubano giocatori già a 14 anni, ma li abbiamo visti anche al Forum, i padroni di queste giostre dove fanno salire anche gente che poi perde la testa. Sarà l’ultima? Forse no. Stankovic gli ha detto, nel giorno in cui tutto il basket della grande Jugoslavia ha accompagnato Zeravica per l’ultimo viaggio, che nel curriculim gli mancherebbero ancora Bulgaria e Romania.

Notte di ricordi pensando a quell’accoppiata coppa-scudetto da separato in casa. Un capolavoro alla faccia di tutti noi, stampa boriosa in testa. Più o meno come questa vittoria di Gelsomino Repesa, generale napoleonico per squadre aggressive e rapide, l’uomo che è nato in Erzegovina vicino al santuario mariano di Medjugorie. Anche per Re Pesa come lo chiamavano a Bologna i fedeli della Fortitudo, avvicinamento problematico a quella che poteva diventare la stessa tonnara dove si è impigliato Banchi, dove ha sofferto Scariolo. Lui è stato più fortunato, forse anche più bravo e poi al Forum ci aveva già vinto con Bologna castigando la Milano di Lardo sull’istante magico del suo moro che lo aveva fatto dannare tanto. Aveva accettato la costruzione di una squadra intorno al giovane capitano Gentile. Preparazione sommaria. Il marchettificio prima del bene di una squadra. Sono i tempi. Gente anche brava che si accontentava di fare il caratterista, stare in scena, ma in ruolo gregario. Le cose non andavano benissimo, ma il tempo e i nuovi acquisti lavoravano per Repesone. Fermato Gentile, rimesso in campo troppo presto dopo l’europeo, dopo il primo infortunio, è cominciata una ricerca diversa, appena la gente, anche dentro la società, ha smesso di ascoltare le voci dell’inferno, quelle che si poteva giocare meglio, più di squadra, senza il tenore. Non era quello il problema. Dovevano liberare la mente, difendere duro, giocare mostrando quello che valevano. Come ha detto Giorgio Armani, al momento di sollevare la coppa Italia, l’incantesimo è stato rotto da una vera squadra. Certo mettere al centro dell’operazione azzardo uno come Rakim Sanders che aveva dato tutto a Sassari, a Sacchetti, andando oltre la ragione del Sardara, è stato importante. Così come era giusto avere pazienza per farlo guarire, perché le mani di un cestista sono come quelle di un pianista, figurarsi dopo un’operazione.

Adesso Milano è quella che avrebbe sempre dovuto essere negli anni dello sperpero quando bastava una sbornia a far cadere il muro di tufo della società. Può cavalcare sicura. Per lo scudetto non vediamo concorrenti in una battaglia da play off su 5 o 7 partite. Lo si diceva anche quando tutti recitavano la commedia del livellamento, del campionato vivificato da una classifica corta, quando i piazzisti del prodotto già comprato e svenduto si agitavano nel pollaio. Lo ha dovuto ammettere Pino Sacripanti che pure ha portato Avellino più vicino alla fortezza di Repesa, ma sempre nella terra dove puoi solo accamparti, mai costruire una città che possa far paura ai padroni del feudo. Nella caccia all’Eurocup, il secondo trofeo continentale, si può prevedere una semifinale.

Come previsto la Milano quaresimale ha risposto timida al richiamo della coppa che mancava da vent’anni. Per l’eurolega sempre più di diecimila, nella finale Milano-Avellino, con mille arrivati dall’Irpinia, tantissimi invitati, non più di 8.000, anche se interesserebbe sapere l’incasso visto che chi organizza, la RCS spocchiosa in stile non tanto Bellino, che non ascolta mai consigli, anche se c’erano prove e provette, sembra decisa a lasciare il basket nel suo mare catodico. Che se la prendano Rai o SKY questa coppa Italia, a meno che il nuovo assetto della Lega non trovi davvero un nocchiero capace di guardare intorno e lontano come ha suggerito il presidente di Milano che ha ricordato (con raccapriccio? i tempi del Minucci, anche se all’inizio il Guglielmo di Chiusdino sembrava ascoltato dal benedettino di Armani, e persino i tempi, da lui certo mai vissuti, di Porelli a cui tutto si poteva dire meno che non fosse rispettoso della sovranità di una Lega per tutti e non per i soli potenti, dove certo alla Virtus ricreata dall’avvocatone non è mai stato fatto un favore.

Ben venga una Lega forte. Recalcati o Bulgheroni? Due bei personaggi. Ora fra l’imprenditore e l’ex padrone del campo è difficile capire cosa potrebbe servire di più ad una organizzazione che deve ottimizzare il prodotto, vendendolo bene, ma anche organizzare l’attività per non inventarsi convitati di pietra e aerei di cartone da mostrare a terra quando c’è necessità di mettersi almeno a volare.

La maratona delle quattro partite del venerdì è stata un massacro nel quasi deserto. Nessuna vera sorpresa, neppure la vittoria di Cremona sul regalone di Sassari alla fine partendo da più dieci. Il diavolo fa le pentole, mai i coperchi diceva il saggio del santuario, l’uomo che ci puliva il pesce alle Guaiane aspettando di leggere il libro che ha mandato giù di testa Tanjevic, qulla meraviglia di “Zona” che non è basket, ma carneficina, guerra, tormento per esseri umani e di cui vi parleremo quando avremo letto l’ultima pagina sapendo che in attesa c’è il regalo del professor Carlà, storie di jazz che farebbero sballare il Sani che meriterebbe davvero la luce della ribalta giornalistica e non soltanto le notti di felicità pensando agli altri.

Andiamo alle pagelle benedicendo, ancora una volta, la squadra di lavoro di Dario Colombo, da Federica al quasi santo Alessandro Botta che ha reso l’antro del Forum di Assago almeno vivibile per chi ci doveva lavorare, anche se interferenze nelle line di trasmissione garantivano smadonnamenti generali, ma inferiori alle giornate in cui i padroni sono altri, anche se passare più di tre ore dentro quel palazzo di stalattiti, dopo aver maledetto tutti nell’ora passata fuori, resta sempre mortificante, sconvolti da quel genitore che accompagnando il figlio disabile nei bagni fatiscenti ha detto al suo ragazzo “Meglio che a Berlino, ne abbiamo visti di peggio…”. Diciamo che andare a vedere basket in Italia è quasi sempre così. Tutti stretti e non sempre appassionatamente in vecchie arene da pallonesse.

10 Al kamikaze CERELLA e, naturalmente, al Marco Bigoni chirurgo che lo ha restituito alla sua Milano vincente, 36 ore dopo un intervento sul menisco esterno, perché ha dimostrato cosa vuol dire amare un lavoro, una società. Serve gente così e l’affetto del Forum per lui è genuino, resterà per sempre ora che è anche in un bell’albo d’oro.

9 A Rakim SANDERS dal Rhode Island esempio del soldato di ventura che si batte per le nuove signorie senza risparmiarsi. Un talento che ha esaltato il coraggio di Repesa quando lo ha schierato   vicino alla tonnara dei giganti.

8 Al FILONE SLAVO che sembra esaltare Milano dopo l’età dell’oro con Rubini, originariamente Rubincic anche se in campo li odiava i “sciavi” pur avendo i più grandi amici in Slovenia, Istria, pur ammettendo che loro erano la scuola, con il Peterson che oggi sorbisce bevande tiepide all’ombra di se stesso. Da Tanjevic a Repesa. Vent’anni. Acqua non sempre limpida sul Naviglio del basket milanese.

7 A SACRIPANTI per aver tentato fino in fondo di far processare il Repesa temerario che sfidava i suoi lunghi solo con cavalleria leggera. Avellino è bellissima, forse potrebbe essere ancora lei la sfidante scudetto se Reggio Emilia non guarirà in tempo, se Sassari dovesse perdere altre giornate ad ascoltare giocatori che non meritano di vivere in quella terra bellissima.

6 A BUSCAGLIA ed ESPOSITO per aver dato vita al duello più bello della coppa. Al veterano PANCOTTO perché Cremona senza Vitali è stata più che vitale. Diamo sei, ma per noi è un nove capovolto, insomma non è tanto il voto, ma se riuscite e leggere bene c’è affetto, entusiasmo e stima per questi protagonisti.

5 A MESSINA se dovesse preoccuparsi perché i croati finalisti di coppa Italia, più Buva di Simon, hanno fatto spesso meglio degli azzurrabili. Si goda il ritorno alla vita vera, senza lune storte, del Cinciarini che, dovrà ammetterlo, ha avuto un allenatore capace di farlo risorgere anche se lui pensava di essere destinato all’inferno.

4 Alla VENEZIA che pensava di risolvere tutto dando a De Raffaele la patata bollente che era stata messa nelle mani del paziente Recalcati. Certo non poteva cambiare tutto sfidando Milano, ma certe facce, certi giocatori, resteranno così fino alla fine.

3 Alla RCS che insistito per la coppa Italia a Milano pur sapendo che senza la generosità armaniana difficilmente ci sarebbe stato il grande pubblico. Se poi nel programma non si vede che l’Emporio alle 20.45, in semifinale, avrebbe fatto scopa con l’Inter a San Siro, allora è chiaro che tutto non quadra. Possibile che nessuno sappia valutare certe cose?

2 Ai tifosi della FORTITUDO BOLOGNA per la faccenda Lestini, la raccolta preventiva del denaro per pagare una multa annunciata, ma nello stesso tempo NOVE a chi ha messo in scena la commedia nel giorno della partita, fra goliardici pentimenti e aver mandato gente della FOSSA ai posti riservati alla tifoseria ospite, con tanto di battaglia corale, fino all’apoteosi dei cori “Lestini in nazionale” al momento in cui sembrava essere stato toccato il limite per far fronte alla multa. Diciamo che la fantasia di certe passioni è ancora quella che si può amare e anche nella domenica dove al Palaverde, per Treviso-Fortitudo, hanno incassato certo più che al Forum, ci hanno dimostrato che la vera serie B sta altrove, magari anche al piano di sopra dove tutti allungano la mano aspettando un fiorino da chi comanda davvero oggi.

1 Al BARGNANI che non può davvero dichiarare di pensare a Rio e all’Italia se in questo momento dove è stato messo fuori gioco preferisce aspettare offerte NBA, da gregario, ovviamente, piuttosto che ruoli da protagonista in Europa. Contraddizioni che ci hanno sempre lasciato sospettosi sul vero affetto per Azzurra dei tanti che hanno rassicurato l’elettrico Petrucci visto alla finale di coppa Italia.

0 Ai MICROFONI RAI che rendevano inascoltabili le voci di Luca Di Bella, Pittis e Michelini. Possibile che nessuno nel carrozzone se ne sia accorto? Sono questi particolari che fanno capire, purtroppo, come la politica dei figli e figliastri renda difficile credere che ti trasmettono perché ci credono.

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