La silenziosa fine di Cantù

26 Maggio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sventolando una bandiera bianca a Sud di Granada fra ricordi di scrittori inglesi che leggevano tanto, ma impazzivano per baiadere dall’occhio infuocato, senza sapere ancora chi saranno le semifinaliste: per affrontare Sassari  nella parte altra del tabellone, per battersi contro Roma in quella bassa. Non abbiamo aspettato i verdetti perché ci sarebbe già qualcosa da dire, tanto ci siamo resi conto che la bandiera bianca servirà in ogni caso se il peso massimo Emporio A., vestito vintage, persino  il presidente che indossando la maglia delle glorie simmenthaliane deve aver sentito freddo a Pistoia visto che ci ha messo sopra un pulloverino blu secondo i canoni della real casa, verrà  assolto da ogni peccato se atterrerà alla quinta e ultima ripresa il peso mosca Pistoia allenato dal gigante Moretti che ora tutti vorrebbero alla loro corte. Certo che sono state imprese quelle della Tesi a casa sua. Su Milano  tutto sospeso in attesa che vada a prendersi quello per cui è stata pagata a caro prezzo. È una squadra che non gioca mai da grande, soltanto da prepotente. Le conseguenze sono quegli occhi roteanti, quella ricerca di un colpevole  oltre la siepe dove si trovano spesso falli tecnici. Malattia incurabile? Banchi ci ha provato. Ma siamo nel secolo dove ogni giocatore ha un confessore più o meno occulto a cui dare  ascolto. Non ti curare di loro, guarda e non passarla mai. Comandamento nel regno dell’invidia dove tutto si altera  se un agente, anche uno di mezza tacca, interpella tizio piuttosto che caio per la NBA. Questo il verbo delle squadre egoiste che per farsi belle davanti ai principi del Forum esagerano poi nella famosa “ circolazione di palla” che quasi sempre coincide con il giramento di palle di chi li conosce fin troppo bene, certi soggetti. Milano e i certi peccati dopo la sbornia ad ogni traguardo volante. La sua fortuna è che gli altri hanno comunque gli stessi problemi, perché a Sassari sanno di non essere mondati da certi errori originali nella costruzione del gruppo, perché a Roma hanno scoperto che la formula “brutti sporchi e cattivi” che Dalmonte ha voluto dare alla sua  dozzina di quasi buoni, ma meno buoni dell’anno scorso, spesso non piace a chi si sente sminuito dall’etichetta così realista in un mondo che fino al sacco di Cantù brontolava contro elettroni. Aspettando il venerdì santo dei play-off occupiamoci dei caduti in questa fase.

A Cantù hanno scoperto che la porta girevole si è bloccata sul più bello. Sembrava una stagione da cento fiori, rimuginando sulle bocciature dei tipi alla Tyus che il Custer non poteva sopportare. Ora gli avranno chiesto come mai Blatt lo ha fatto diventare eurocampione. Avrà una risposta, come sempre. Cantù stava per smentirlo anche con questa edizione riveduta e corretta di una squadra da combattimento per raggiungere il primo porto di quiete. Non ci è arrivata, stranamente nello stesso periodo in cui si è capito che forse Sacripanti avrebbe accettato altre offerte, quando ci si è resi conto che i giocatori in scadenza contratto, da Aradori a Ragland, non sapevano proprio con chi parlare per i rinnovi, per sapere del loro futuro. Già. L’addio confermato dalla vicepresidente federale Cremascoli non ha mosso tante foglie. La signora fu chiarissima a inizio stagione. Soprattutto adesso che è più contrariata del solito, dopo il pasticcio legaiolo che ora fa aumentare il partito di chi vorrebbe commissariata l’associazione delle società di serie A per evitare la paralisi obbligata quando si parla di gestioni congiunte di una organizzazione che funzionerebbe soltanto se avesse una sola testa pensante. La NBA a voi legaioli come sembra diretta? Non ci sono all’orizzonte salvatori dell’arca canturina che un tempo gli Allievi portarono sui monti sacri. Nessuno se ne occupa. Parole. Come quando si discuteva sul palazzo mai nato.

A proposito. Il basket non ha davvero santi nel paradiso dove si decide tutto. Siamo felici per Capo d’Orlando, per il Pozzecco che il signor Cimberio vorrebbe figliol prodigo a Varese, ma pure amareggiati nel vedere Verona, che un bellissimo palazzo lo ha da tempo, confinata ancora nella seconda serie. Anche Torino avrebbe di tutto e forse anche di più per la massima serie, ma dobbiamo riconoscere che a Trento le cose le sanno fare molto bene e il loro palazzo è bello, confortevole, come sanno i campioni della pallavolo e persino Azzurra Tenera che ama aprire le sue stagioni su quel campo.

I soliti criticoni, i ragazzi del coro  con voce stridula da curvaioli, quelli che cinguettano  anche quando un peso massimo le prende dal davidino di turno, grufolano se pensi che un tipo alla Brugnaro può fare del bene al sistema, al basket, alla Venezia sportiva. Basterebbe che fosse aiutato, capito, magari corretto, ma capito. Intanto la sua Reyer non si ferma. Vince il titolo giovanile delle under 17, ha squadre piazzate ovunque, sta lavorando per il domani. Avercene.

Non chiedeteci nulla sul nuovo Superbasket. Ci piace il cartaceo. Quando lo avremo giudicheremo.

Avevamo un’idea sul nuovo modo di pensare dell’Ettorre Messina che i padroni del CSKA stanno trattando peggio di quanto hanno fatto certi presidenti con Ancelotti,  ma dopo le sue  belle interviste, la più interessante su Famiglia Cristiana, ci siamo resi conto che adesso a lui manca quel veleno che lo rendeva inimitabile nel volo bolognese, anche altrove, ma nulla di paragonabile alla sua fame che coincideva con quella della Vu Nera e dell’Azzurra Solida che Petrucci aveva ingiustamente strappato dalle mani di Gamba, scoprendo, però, che quel siciliano-veneto con arguzia bolognese avrebbe potuto farci fare altri passi avanti. Tutto bene in quei giorni, ma adesso i suoi dubbi sono quelli che hanno tanti allenatori quando devono mediare  con la testa per la ricerca di vere energie. Se tutti dicono bravo sei in pericolo. Lo sapeva. Lo sa.

La Lega legona ha premiato quasi tutti i prescelti per la stagione ’13-’14. Scelte quasi tutte condivise. L’unica cosa che non cambia mai è la foggia, orribile, di quelle targhe che vengono messe nelle mani dei vincitori. Roba da tornei parrocchiali. Aveva davvero più classe e buon gusto il Prandi reggiano quando congedava i  pensionati del movimento. Siamo stupiti? No. Lo capisci dalle piccole cose che quelle importanti non funzioneranno mai. Vallo a spiegare ai superboni e ai sapientoni del secolo.

Torna Ibaka con Oklahoma e San Antonio cade. Don Sergio Scariolo lo aveva spiegato tante volte agli spagnoli che il Serge alato serviva, molte volte, più dei Gasol. Non gli credevano.

Tornando alle semifinali gold abbiamo notato che a Torino, Verona e Trento c’è sempre stato  un pubblico più numeroso di quello messo dentro al palazzo  romano di viale Tiziano per il quarto  decisivo contro Cantù. Ora servirebbe, per non mandare in TV palazzetti da sport davvero minori, l’EUR per le semifinali. Ma se l’ACEA avesse le prime due in casa il pala Lottomatica sarebbe occupato. Te capì Petrucci come siamo messi aspettando telecesto?

Per Cafiero Perrella, cavaliere amato in praterie immense, uomo che sapeva far ridere uno spogliatoio, ma sapeva anche far correre una squadra, piangiamo le lacrime che il professor Guerrieri ci obbligherebbe ad asciugare con una foglia di vite. Il prof amava Cafiero. Roma, il basket italiano amavano uno che portava questo nome da grandi tornei cavallereschi.

Per chiudere un quesito che ci ha tormentato qualche notte, al mattino avevamo già deciso, dopo aver letto che  alla Virtus Bologna le scelte tecniche separavano in casa l’amministrativo Bottai e il manager pluridecorato Arrigoni. Strano. Stranissimo se dobbiamo credere a tutti quelli che ci hanno parlato di Bottai fra Roma e Bologna. Ancora più strano non sentire la voce di Villalta che dovrebbe avere conoscenze e competenza sufficiente per decidere subito, senza che si potesse equivocare. Certo partire sapendo che chi amministra voleva un allenatore mentre chi ha in mano le scelte tecniche ne preferiva un altro non è un modo intelligente per rifondare la santa creatura virtussina che ci manca tanto, come la Fortitudo, perché ne ha bisogno assoluto questo basket dove, fortunatamente, sembra ancora che non sia abbastanza avere tanti soldoni, per la verità dopo il Maccabi lo stanno dicendo tutti, lo stava urlando l’Atletico Madrid, ma non va sempre così.

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