Sette milioni di italiani in meno

25 Giugno 2017 di Stefano Olivari

L’immigrazione è un tema fondamentale delle campagne elettorali presenti e future, almeno fino a quando esisteranno popoli che si percepiranno come tali e non come somma di individui che potrebbero vivere in Italia come in Congo, in Ungheria come in Venezuela, semplicemente grazie alla propria flessibilità e a imprecisate opportunità da cogliere nel mondo. Nel dibattito, sia fra gli argomenti dei pro sia fra quelli dei contro, mancano però all’appello almeno sette milioni di italiani. Non perché poco interessati alla politica, ma semplicemente perché morti.

Ci riferiamo agli aborti che dal 1978, anno di introduzione della legge 194, ad oggi sono avvenuti legalmente in Italia. Secondo i dati del Ministero della Salute ci sono stati picchi di oltre 200.000 interruzioni di gravidanza all’anno (nella prima metà degli Ottanta) e poi una diminuzione costante, dovuta a tanti fattori di cui il principale è la diffusione di metodi contraccettivi e un miglioramento culturale dell’italiano medio (Una volta era tutto meglio? Anche no), fino ad arrivare nel 2016 sotto i 90.000. In totale 5.800.000 persone, con le più anziane che avrebbero oggi 39 anni, che mancano all’appello.

Il primo grande merito della 194 è stato quello di avere ridotto la pratica degli aborti clandestini, una volta scelta obbligata, e oggi stimati in circa il 10% di quelli legali. Con questi negli ultimi 30 anni si arriva a 7 milioni. Non vogliamo impantanarci in discorsi etico-religiosi su aborti indotti con vari metodi extra-ospedialieri, senza contare le cosiddette pillole del giorno dopo, perché arriveremmo a cifre spaventose e comunque difficilmente verificabili. Come non verificabili, ma di sicuro paragonabili a quelle certificate, sono le statistiche dal Dopoguerra al 1978, tanto per parlare di persone che oggi sarebbero vive. Mettiamo che queste nascite italiane negate, fuori dai radar (si fa per dire, perché i dati di vendita delle case farmaceutiche parlano chiaro), bilancino la percentuale di quei 7 milioni che ha (aveva) genitori stranieri, anche se sono senz’altro molte di più.

E veniamo al secondo punto secondo noi positivo della legge 194, cioè quello di offrire un metodo legale e una struttura medica (al di là del fatto che la maggioranza dei ginecologi sia obbiettore di coscienza) a ragazze che non possono rovinarsi la vita, facendo senza volerlo le madri a 18 anni e legandosi per anni a uomini che senza la gravidanza sarebbero stati di passaggio. Ecco, secondo i dati del Ministero della salute, quindi per forza di cose riferiti a ospedali pubblici, soltanto l’8% appartiene alla fascia 15-19, quella in cui un errore ci può stare, mentre la fascia di età in cui si abortisce di più è quella 30-34. Sorprendente che ben il 40% delle interruzioni di gravidanza avvenga per donne sposate. Poniamo l’enfasi sulle donne, nonostante la ‘colpa’ sia da dividersi a metà con l’uomo, perché la 194 è di base una legge che ha migliorato la vita di tante donne, evitando di trasformare un errore in una tragedia.

Dal punto di vista politico la questione è però, secondo noi, un po’ diversa. Come possiamo accettare passivamente 90.000 italiani scomparsi ogni anno, più gli adulti che vanno all’estero (500.000 circa nell’ultimo decennio, secondo l’ISTAT) senza avere tutta questa voglia di emigrare? Per il più stupido e casuale dei delitti si fanno 20 puntate di Porta a Porta, di questa carneficina nemmeno si parla. Anche i teorizzatori della ‘sostituzione’ degli immigrati nei confronti degli italiani, sia quelli che la auspicano sia quelli che la combattono, tengono fuori dal dibattito questi 7 milioni di morti (che poi sono almeno il doppio, contando dal 1945) e in generale qualsiasi discorso serio sulla demografia.

Ultimi due dati, che abbiamo fatto bene a controllare perché indicano situazioni contrarie a ciò che pensavamo. Morti italiani durante la Prima Guerra Mondiale: 1.240.000, con il numero delle vittime civili molto simile a quello dei militari. Morti italiani durante la Seconda Guerra Mondiale, anche in questo caso sommando civili e militari: 472.000, ma con un rapporto di 1 a 3.

Conclusione? L’aborto non è una materia per talebani pro o contro, ma politiche per ridurre il fenomeno (aiuti per le famiglie, ma anche semplicemente per la gestione pratica del bambino) sono auspicabili, visto che un governo italiano dovrebbe occuparsi prima di tutto degli italiani. Una grande battaglia di libertà portata avanti prima di tutto dai radicali, ricordando che prima della 194 le donne che abortivano potevano, alla lettera del codice penale, essere condannate anche a 5 anni di reclusione, si è trasformata in uno sterminio di massa. Non la mettiamo sul piano della religione perché siamo iper-laici e perché la stessa obiezione di coscienza (in certe regioni supera il 90% dei ginecologi) ha solo in parte motivazioni religiose, ma su quello politico. La cosiddetta ‘sostituzione’ non è un complotto ordito in qualche stanza segreta, ma l’accettazione del concetto che tutto sia uguale e indistinto. Con la conseguenza che non ci si possa opporre a un presunto destino imposto da un presunto corso della storia o da una presunta divinità, se non si vuole passare per passatisti. Un dibattito forte sulla demografia sarebbe insomma più importante di quelli sugli sbarchi o sull’allarme terrorismo. Però toccherebbe corde ancora più profonde, riguardanti non la paura dell’invasione ma il nostro stile di vita.

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