Senza la Santarelli

30 Gennaio 2007 di Roberto Gotta

1. Quella del Super Bowl è la settimana della frenesia, dell’assalto dei media di ogni tipo, del fiorire di iniziative collaterali: ad esempio mercoledì 31 ne sono previste undici, e parliamo solo di quelle riconosciute dalla NFL (e in parte riservate alla stampa), escludendo le centinaia di altre che non vengono coperte dall’ombrello della lega ma che sono chiaramente ispirate alla partita. In fondo basta che un ristorante attacchi uno striscione che proclama quella dal 29 gennaio al 5 febbraio come Super Week con Super Food ed il gioco è fatto senza violare alcuna legge né mancare a doveri morali di alcun genere. C’è sempre il pericolo, più volte evidenziato su queste pagine, che i poco esperti ed i poco informati, oltre a quelli che per diffidenza anti-americana insistono a pensare che laggiù lo sport venga vissuto come un semplice circo, credano alla favola di una partita di football che quasi casualmente si insinua negli anfratti di un semplice serie di feste, ‘eventi’ a beneficio di sponsor e vip, caotici caroselli di stampa e televisioni, come il Media Day di oggi, martedì 30, in cui a turno le due squadre, in divisa da gioco (ma senza imbottiture), sono a disposizione dei giornalisti all’interno dello stadio, ovviamente al di fuori del prato, in quella che è la giornata più assurdamente affascinante di tutte, sul piano dei media.
2. Inutile dunque qui stare a copiare dai comunicati ufficiali e scegliere se a livello aneddotico sia più curioso lo Sprint Phone-A-Friend ospitato nei grandi spazi coperti della NFL Experience, (la strepitosa fiera-parco giochi del football), in cui si può far telefonare ad un amico o parente da un giocatore NFL, o il Volleypalooza, torneo di pallavolo a South Beach con squadre composte da modelle (www.volleypalooza.com). Va peraltro specificato che quest’ultima iniziativa non fa parte di quelle ufficiali autorizzate dalla NFL, ma ‘solo’ dal comitato organizzatore locale: come tutte le leghe americane, del resto, anche la NFL (cheerleader o ‘dance team’ a parte, che sono tradizione americana a tutti i livelli) fortunatamente è del tutto impermeabile a tentazioni di esibizione femminile o uso di madrine. Alle importantissime conferenze stampa del venerdì dei due coach e del Commissioner, per esempio, i microfoni vengono porti ai giornalisti dagli addetti NFL, uomini o donne, molto professionali e seri, senza l’ombra di hostess o vallette o presenze femminili ingiustificate. Se paragonate questo lodevole atteggiamento a quello della Lega Basket italiana, che per il sorteggio della Coppa Italia ha chiamato come madrina Elena Santarelli (foto), avete già capito la differenza di cultura e di rispetto dello sport e delle manifestazioni tra i due mondi. Però non è possibile non segnalare tra le iniziative curiose un Media Party organizzato dalla contea di Broward, mercoledì sera a South Beach, a proposito del quale il comunicato ufficiale dice testualmente «i giornalisti sono invitati ad arrivare percorrendo il tappeto rosso e facendosi riverire come delle star». Ci vengono in mente i nomi di alcuni colleghi italiani che dal tappeto rosso non verrebbero più via, ma passiamo a qualcosa di più serio.
3. E allora tatticamente, giusto per dare un piccolo spunto a chi guarderà la partita in diretta su Sky (a proposito, indecente che i due telecronisti non vengano inviati a Miami ma debbano fare il commento in studio, e intanto si spendono soldi per trasmettere il poker…), è chiaro che anche questa volta, come dovrebbe accadere in tutte le competizioni sportive ad ogni livello, è compito di ciascuna delle due squadre cercare di sfruttare al meglio i propri punti di forza, nascondere quelli deboli e agire invece per evidenziare i difetti dell’avversaria provando a impedirle di accentuare le proprie doti. Dunque, sarebbe anche facile capire come devono comportarsi Bears e Colts. Semplificando, i primi, che hanno un quarterback buono ma non eccezionale, devono assolutamente fare in modo che il loro gioco di corsa, affidato alla solidità di Thomas Jones e Cedric Benson, faccia abbastanza breccia nella migliorata difesa dei Colts in modo da non lasciare troppe situazioni di terzo tentativo e ‘lungo’ (oltre le cinque yard) nelle quali il Qb, Rex Grossman, potrebbe trovarsi in difficoltà, mentre Indianapolis con un gioco di corsa anche solo sufficiente potrebbe rendere il proprio Qb, Peyton Manning, inattaccabile sulle situazioni di play-action, quelle cioè in cui il quarterback finge di consegnare in hand-off ad un running back, costringendo così la difesa a temere per una frazione di secondo una corda, per poi lanciare, lungo o laterale che sia. Chicago è squadra migliore di quanto non sia sembrato nelle ultime settimane della stagione, la tenacia con cui ha superato Seattle e poi stracciato New Orleans lo testimonia, ma adattarsi all’attacco dei Colts sarà dura, perché Indy grazie all’immensa preparazione di Manning può permettersi di variare continuamente i ritmi e infilare varie azioni consecutive senza huddle (la ‘riunione’ di comunicazione dello schema da parte del Qb) oltre ad effettuare i suoi ‘conteggi’ (gli «hut!» sulla linea in base ai quali il centro fa poi partire la palla) con cadenza variabile, con la difesa che deve ovviamente essere estremamente preparata e reattiva per non farsi sorprendere.
4. Interessante, ma non sorprendente, quanto dichiarato da Lovie Smith (foto), il coach dei Chicago Bears, al termine del primo allenamento a Miami, il primo all’aria aperta, visto che a casa loro si erano preparati al coperto: Lovie ha ammesso di avere già messo assieme l’85% del cosiddetto game plan, il progetto partita traducendo alla cavolo, in realtà semplicemente l’insieme di schemi, tra quelli utilizzati da agosto ad oggi, che Lovie ed i suoi assistenti, particolarmente Ron Turner che è offensive coordinator e dunque ‘pesa’ dato che il suo head coach ha estrazione difensiva, ritengono possano avere i migliori risultati contro i Colts. L’esecuzione di tali schemi è stata fatta con un cronometro di 40” che scandiva i tempi tra un’azione e l’altra, per simulare al meglio le condizioni di partita reale, e questo può avere aiutato l’attacco dei Bears ma anche la difesa, che per sua fortuna ha nei sette uomini ‘davanti’ una discreta rapidità negli spazi brevi che potrebbe causare problemi a Manning ed ai suoi protettori, oltre a buoni cornerback che costringendo con la pressione sulla linea di scrimmage i ricevitori a modificare le proprie traiettorie potrebbero scombinare proprio quel ritmo a tratti esaltante su cui i Colts hanno costruito le proprie sorti.
5. Se volete farvi due risate, sappiate che il Super Bowl XLI rappresenta il ventesimo anniversario di un bizzarro esperimento radiofonico condotto, appunto, nel 1987. All’epoca, una radio bolognese molto attenta al football voleva fare qualcosa in occasione del SB, ma non c’era modo di riuscirci senza spendere un patrimonio. Allora, un giovane (in quel tempo) giornalista (foto: si tratta di quello che non è Claudio Limardi e nemmeno Tim Duncan…), che di questa scelta all’italiana e dunque sostanzialmente illegale si vergogna tuttora, ebbe un’idea, che gli fu permesso di attuare: invece che a Pasadena, la sera del 25 gennaio, si recò (previo accordo, ovviamente) in una base militare USA in territorio italiano, fu fatto accomodare nella sala regia degli studi televisivi, e seguendo su un monitor il Super Bowl Giants-Broncos in diretta – all’epoca in Italia si vedeva solo la differita del lunedì sera – ne fece la radiocronaca via telefono, ovviamente telefono fisso. Una maratona di oltre quattro ore della quale il più felice di tutti fu il militare che per ragioni di sicurezza aveva avuto l’incarico, con tanto di mitraglietta, di sorvegliare l’ospite: «Io sono di New York e tifo per i Giants, devo a lei se riesco a vedere la partita, perché altrimenti mi avrebbero messo di guardia in qualche garitta e addio Super Bowl…».
6. Saremo a Miami nei prossimi giorni, anche se purtroppo solo da metà settim

ana. Su Indiscreto avrete piccoli reportage giornalieri a partire da venerdì 2 febbraio mattina, compatibilmente con i tempi, il fuso orario, le possibilità. Martedì prossimo poi un resoconto completo, idealmente scritto ad un tavolino a dieci metri dalla spiaggia di Miami Beach (foto), più probabilmente da una stanza di motel, ma non si può avere tutto dalla vita…

Roberto Gotta
chacmool@iol.it

Share this article