See you later, grandezza e limiti del Dogui

13 Febbraio 2018 di Stefano Olivari

Impossibile togliersi dalla mente Guido Nicheli e i personaggi da lui interpretati in una carriera da attore quasi per caso. Personaggi? Sarebbe meglio dire personaggio, visto che quando ha provato ad uscire dal ghetto del cumenda e in generale del milanese pieno di ‘fresca’ non ha in pratica lasciato tracce. In See you later – Guido Nicheli, una vita da cumenda Sandro Paté prova a raccontare il Dogui al di là dei tormentoni e della maschera che lo hanno reso famoso e lo fa con una biografia all’americana, stile Quarto Potere, intervistando gran parte delle persone che lo hanno conosciuto nelle varie fasi della sua vita. Davvero un grosso lavoro, con testimonianze acute (Marco Giusti, Jerry Calà che firma anche la prefazione, i Vanzina, Fabio Ferrari) e altre quasi seccate, per il dover parlare di quello che in fin dei conti nel cinema italiano è stato ‘soltanto’ un caratterista.

Il punto debole del libro è l’enfasi che viene data agli anni del Derby, come a voler nobilitare una vita che non ha avuto certo la traiettoria classica di quella dell’attore. Nicheli certo frequentava il famoso locale di via Monte Rosa, da dove sono partiti praticamente tutti i comici degli anni Ottanta e Novanta (Pozzetto, Boldi, Faletti, i Gatti, Teocoli, Abatantuono, Maurino Di Francesco e tanti altri, addirittura Funari) e dove imperversano Jannacci (di cui Paté ha scritto), Beppe Viola e altri meno conosciuti ma lo stesso geniali creatori di battute. Lo frequentava, ma da bravo rappresentante di liquori (uno dei due lavori principali della sua vita, l’altro era l’odontotecnico) e amico un po’ di tutti. Era insomma inserito in quel giro e le occasioni avute nel cinema nascono proprio da quelle conoscenze, ma non si può dire che fosse un attore né che si fosse mai applicato per diventarlo. Per questo la tesi ‘Dogui prodotto del Derby’, che appesantisce un po’ il libro con domande e risposte tutte uguali, è un po’ forzata. Guido Nicheli, classe 1934, era un prodotto di se stesso, della Milano popolare che nel dopoguerra provava a rialzare la testa, una città dove un ragazzo piccolo borghese, orfano di padre, non poteva fare lo schizzinoso. L’ottimismo del giovane Nicheli gli consentiva di vivere al limite dei propri mezzi, da cumenda senza esserlo, con la maschera e i modi di dire che si erano creati naturalmente e che in parte influivano sulla sua vita privata: un matrimonio finito, qualche storia da cui si era defilato nel nome della libertà, l’amore per i viaggi esotici spesso in solitaria e davvero low cost prima che il low cost fosse inventato.

Da ‘Il padrone e l’operaio’ di Steno, nel 1975, a Vita Smeralda girato dal suo amico Calà nel 2006, il Dogui è apparso in tantissime commedie, prima in concorrenza e poi prendendo il posto del personaggio tradizionalmente interpretato da Ugo Bologna. Immortale in Sapore di Mare (fa il marito di Virna Lisi), Vacanze di Natale (Donatone, marito di Stefania Sandrelli) e in Yuppies (fa il pubblicitario, è il capo di Jerry Calà che deve ideare la campagna per il collant Velatissimo), ma anche in televisione con I Ragazzi della Terza C: le testimonianze di chi ha lavorato alla serie, a partire da Fabio Ferrari (il ripetente Chicco Lazzaretti) e dalla leggendaria Sharon Gusberti, sono molto affettuose nel ricordare un non attore che non riusciva d imparare a memoria nemmeno i copioni più semplici ma rimediava con l’improvvisazione e la sua immagine fortissima. Come dice Giusti nella sua intervista, bisogna rendere giustizia ai caratteristi che sono stati fondamentali nella commedia all’italiana ma al tempo stesso non scambiarli per attori: Guido Nicheli era sempre e comunque nella parte di Guido Nicheli. Ed è così che lo ricorderemo sempre.

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