La seconda vita di Billy Idol

12 Giugno 2014 di Andrea Ferrari

Cos’hanno in comune Lele Mora, Sarkozy e Gene Gnocchi? Sono tutti nati nel 1955 come William Broad, per tutti Billy Idol, che al contrario dei suddetti è in una forma talmente smagliante da dimostrare quasi 20 anni di meno. A vederlo sul palco del Gran Teatro Geox di Padova (location che grazie ad alcuni piccoli accorgimenti non ha la tristerrima atmosfera di certi palasport dello stivale) è arrivato un pubblico più eterogeneo che mai: dall’Hell’s Angel strabollito a famiglie con tanto di bambini sulle spalle (prima volta in assoluto che ci capita di veder una scena del genere ad un concerto rock), anch’essi rapiti dalle doti istrioniche del frontman inglese e dalla vitalità di classici come “Cradle of Love” “Dancing with myself” e “Rebel Yell” o alla geniale (come altro si può definire una canzone con il controcoro che fa “Les yeux sans visage”) “Eyes without a face” di cui s’è festeggiato il trentennale dell’uscita del singolo arrivato al n° 4 delle classifiche Usa.

Quasi 4000 persone provenienti da tutto il nord Italia per uno dei rocker più sottovalutati di sempre (l’aplomb tamarro di fronte a critici che si credono dei novelli Proust non l’ha di certo aiutato) e che da più d’un ventennio è sparito dai radar delle chart ha un che di miracoloso e fa sorgere la seguente domanda: Idol non può ambire ad altro che a concerti in giro per il mondo con il fido Steve Stevens (a parte qualche chilo di troppo anche per lui il tempo sembra essersi fermato) o può avere un futuro discografico? Secondo chi scrive, Idol è molto più che un performer che ha bevuto la stessa pozione miracolosa di Mick Jagger, ma ha voce e vissuto (è stato pioniere del punk con i Generation X) che lo rendono il profilo ideale per una seconda giovinezza à là Johnny Cash con i suoi American Recordings. Deve solo trovare un produttore visionario come Rick Rubin…

Andrea Ferrari, da Padova

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