Se ognuno fosse qualcuno, di Oscar Eleni

5 Aprile 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal loggione di un teatro londinese frequentato da italiani disperati e in fuga, per alcool e solitudine, dove l’attore ci dice come vorremmo che fosse lo sport di squadra, sempre, non quando i “ragazzi” fingono di voler vincere insieme: “Se ognuno fosse qualcuno, nessuno sarebbe nessuno”. Senza questo principio si fa pochissima strada. Insomma se prendi un campione come Ron Artest devi soltanto guardarlo mentre si muove, dentro e fuori dal campo. Ecco perché Cantù potrebbe fare il grande balzo verso i playoff anche se è un po’ tardi. Se invece hai gente che sogna soltanto profumi, balocchi ed occhiali, allora sono guai. Dicevamo del teatro e dei pupi che circolano pure nei giorni di Pasqua. Non abbiate timore, vi portiamo via poco tempo, ammesso che abbiate seguito il consiglio del direttore per una Pasqua vegetariana.

Mentre l’attore declamava, canticchiava come Harold Abrahams nel suo collegio inglese, ci è venuto in mente che Milano, questo Emporio dei record nella famiglia mai allargata del basket italiano, soffre proprio questa psoriasi dell’uguaglianza. Si gioca per essere il miglior fico del bigoncio, aspettando sms dalla casa madre, comprensivi, assolutori, poi sì, nei periodi di burrasca, dopo le sconfitte che bruciano, c’è la calamita della paura a far girare la palla. Sempre tardi, dovevano accorgersene quando persero il Lombardia contro Cantù e qualcuno già mugugnava, accusava gli altri di non aver capito. Nella sostanza il pentimento vero, sudore, difesa, pressione, non è nell’anima di una squadra dove i dualismi rovinano tutto, cominciando da quello fra Brooks e Gentile, fra Ragland e l’ex NBA, fra Hackett che sorride, perdona, ma certo non dimentica l’estate e la lettera uscita dal cuore di Azzurra dove c’erano i suoi compagnon Alessandro e Melli, se dobbiamo interpretare come paletto fra le ruote la dichiarazione alla Gazza del Gentile in sala d’attesa per Houston, un segreto che ha mandato fuori giri società e chi cura le immagini. Poi il dualismo fra il rigore di Banchi, salvatevi sempre con la difesa, non si vive sempre e soltanto sulle buone percentuali di tiro, e l’edonismo di chi ama sentir urlare il suo nome dall’assatanato Miccoli nelle flatulenze del Forum di Assago. Alla trasmissione di Gandini su SportItalia il Fadini Marco Polo ha detto quello che pensano tutti: difficile capire questa Milano. Fanno grandi cose e poi, all’improvviso, tutto si spegne. Non è un problema di condizione atletica visto che hanno uno dei migliori preparatori d’Italia, uno almeno pari a Cuzzolino.

Verità davanti agli occhi. Lo sanno in casa Armani, lo sa benissimo chi attende una decisione che risolva i problemi dopo le “minacce” mediatiche: se non fate come diciamo noi Gentile vi lascia, Melli scappa, Moss non rinnova, Samuels va in Cina dove, magari, gli daranno più corda quando vuol far invadere il privato di una squadra che avrebbe bisogno di meditare. Questi americani da viaggio che stanno insieme come i soldati del Moro. Oggi mi paghi tu e ti servo, domani chissà, ma non chiedermi di sascrificare il mio modo di vivere, mangiare, stare con le donne. Problemi oscuri che intossicano tutto il sistema e certo per dieci stranieri che vorresti far sposare a tua figlia ce ne sono cento che non presenteresti neppure alla portinaia. L’Europa che conta ci ha preso a calci, sbeffeggiandoci al punto che ha mandato l’arbitro Chiari a dirigire la partita chiave fra Vitoria e Fenerbahce, come per far capire che anche se l’italiano avesse esagerato nel danneggiare i baschi, non lo ha fatto, è una persona seria, certo era in difficoltà psicologiche, un posto fra le otto per L’Emporio doveva essere conquistato con due imprese. Quella di Istanbul non è andata bene negli ultimi 15 minuti. Certo si gioca per 40’ come dice sorprendententemente il Luca Banchi che ammette ad aprile di averer una squadra che ancora non tiene mentalmente i 40’. Cosa dovrebbero dire a Reggio Emilia con tutti quegli infortunati, a Venezia con tutte quelle contraddizioni sulle difese che funzionano con i piccoli, ma hanno pagato niente con le grandi, persino Sassari che svolazza festosa fra l’erbetta, ogni tanto punge come un‘ape e si libera come una farfalla, ma spesso diventa lucciola, animale notoriamente in via d’estinzione.

Insomma presi a calci nell’Europa a tutti i livelli e per capire a che punto siamo consigliamo i telepatiti Marino e Petrucci di valutare come sta il basket sui giornali: una volta la partita di Istanbul dell’Emporio, soprattutto dopo quanto accaduto nei giorni precedenti, avrebbe avuto almeno sette inviati, cominciando da san Gabriele Tacchini che Milano “precettava” perché tutti i giornali italiani potessero essere serviti da un professionista di qualità e anche competente. Ci mancava questa sberla nel giorno in cui, come sospettavamo, come continuiamo a sospettare, Marco Belinelli ci ha fatto sapere che non è sicuro al cento per cento di venire a passare l’estate con Azzurra. Nella settimana dove Datome gioca qualche minuto, Bargnani fa due punticini, Gallinari è spesso ai box per non esagerare nel recupero. Brutte carte nelle mani del Pianigiani che adesso freme e, intanto si guarda in giro. Oltre i time out senesi. Dicono a Milano che se tornasse Proli dall’America il cittì potrebbe diventare il “babbo esigente, severo ma giusto secondo il loro metro” per il capitano Gentile. Balle spaziali? Forse sì, certo se andrà male l’europeo e Rio si dovesse vedere soltanto col binocolo allora avanti con la soluzione che Petrucci sogna dal suo ritorno: Ettore Messina a capo di tutto. Ma quello sta bene in America. Vero. Ci resterà se gli offriranno una panchina da capo allenatore perché non teme di subire più del gigantesco Blatt che la stampa americana considera soltanto la voce amica del padrone di tutto LeBron James, altrimenti il progetto risanamento della palla al cesto nazionale lo intriga moltissima. Lo si capisce? No, ma lo si intuisce. Pagelle con torta pasqualina e ravioli all’erba cipollina per stare in rima con l’attore sul palco.

10 Ad Anna CREMASCOLI che pensavamo dormiente nella stagione balorda di Cantù, nella guerra silenziosa contro la Federazione e in fantasmi che andavano bene col Trinchieri che ora si lamenta delle regole tedesche, isolata un po’ da tutti. In due settimane è diventata il nostro gigante: bella operazione con il giovane Della Fiori per avere Ron Artest nel Cantuki nei giorni in cui l’imbattibile, o almeno quella che sembrava l’ imbattibile Kentucky vera, le ha prese da Kaminski e Wisconsin; vera e sentita partecipazione al lutto per lo scomparsa di un grande presidente come CORRADO l’uomo che ha salvato il basket a Cantù, il pilota di tante operazioni importanti nel sistema anche lontano dalla amatissima gemma degli Allievi, l’uomo del Pianella, il padre buono che  al figlioccio Sacripanti ha dato il bastone del comando. Stile di una presidentessa e di una società. Da bruciare, cara gente, non è proprio Cantù.

9 Al presidente MALTINTI per come ha porto sarcasticamente l’altra guancia ad una federazione esosa che multa tutto ciò che si muove senza un senso mandando in malora tante società minori. Si era goduto la vittoria di Pistoia nella notte magica dell’esordio di Artest, aveva goduto e pianto, si è trovato fra “ le persone non identificate” che avrebbero fatto squalificare il campo. L’ha presa con ironia. Fino a quando avremo gente del genere sarà difficile soffocare la voglia di basket anche in posti dove sembra un tormento far arrivare i giocatori, ma con Moretti, anche cambiando tanto, si ha la garanzia che gente come Filloy non verrà mai sacrificata per i belli ed impossibili che ti fanno girare i maroni.

8 A Carlo RECALCATI che non ha fatto una piega davanti al finale convulso di Reggio Emilia e nei commenti del dopo partita, almeno ufficialmente, non ha neppure commentato l’incredibile fallo tecnico che ha portato all’espulsione di Peric, uno che bucava davvero su Lavrinovic. Una ragazzata-coglionata mutuata dai calciatori portare l’indice al naso per zittire il becerume da stadio, ma gli arbitri veri, caro Lamonica zavorrato da Aronne e Di Francesco, non guardano a certe cose, fingono che sia tutto rumore di fondo perché se non fosse così allora bisognerebbe fermare il gioco e far espellere dal palazzo chi insulta, sputa, rende ancora più schifosi palazzetti già vergogna continentale. Certo se per rifare impianti si prende come esempio la fabbrica del nuovo Palalido a Milano, allora meglio fingere di essere attenti quando dicono che a Reggio Emilia verrà rimesso a nuovo il Pala Bigi. Da ridere.

7 Al KAUKENAS che ha bagnato i suoi 38 anni con il tiro che una volta era la sua specialità, il bacio della morte al ferro non sputazzante che ora contagia anche i cronisti di Gazza TV, il colpo decisivo per la gloria di Siena e di quel mondo. Lo ha “rubato” allo specialista Diener che è sempre fuori giri, ma alla fine non ha voluto tanti complimenti: ”Ho sbagliato molto, prima, è vero, non alla fine”. Quello che conta cari tiratori, checcefrega del tiro a segno con le giostre.

6 A Lorenzo SANI che sembra andar bene con il suo libro Vale tutto, che sembra volerci deliziare con un altro lavoro perché ci voleva il suo senso dell’umorismo per inviare ai vari assessori, cominciando dalla signora Bisconti di Milano, il biglietto d’auguri pasquale con il montaggio dalla presa di Iwo Jima da parte dei marines che innalzano un canestro invece della bandiera stellata.

5 Allo spocchioso basket NCAA che ad Indinapolis ha visto un giocatore di Kentucky insultare in maniera pesante, da vero razzista, il placido ed implacabile biancone polacco Kaminski che gli ha tolto imbattibilità e finale. Tutto il mondo è paese, ma state sicuri che in America certi giocatori e certi spettatori non metteranno piede tanto facilmente nei posti che contano.

4 A Pino SACRIPANTI un votaccio retrodatato per la sconfitta di Pistoia con rimessa, un punto avanti, a 12” dalla fine sparata sui piedi di Metta Artest da Gentile. Era già accaduto in Eurocup, stesso disegno, quasi stessi attori. Non vi ascoltano, cari allenatori con lavagna, soltanto se urlate due cose precise, forse, vi sentiranno, altrimenti dovrete andare in spogliatoio a godervi la faccia da finti pentiti di chi pensava ad altro quando avete disegnato una soluzione che non poteva assolutamente prevedere una palla schiacciata per un due metri. Certo la critica al rosolio di oggi passa su tutto. Teme tutto. La capiamo. Pubblicità, agenti feroci, ma insomma tacere proprio tutto.

3 All’EXPO di Milano se non ci darà una città nuova, se farà tanti guai come la Darsena appena rifatta e già piena di rifiuti, se farà affogare nel caos persino il Pozzecco scelto giustamente come ambasciatore in giorni in cui il vero Poz soffre davvero perché di quella Varese lasciata in piena crisi non si salva quasi niente e neppure mastro Caja, l’artiglio, sembra riuscire a scuote l’apatia di certi viaggiatori viaggianti con valigia già pronta.

2 Al VITUCCI veneziano se  domenica sera è stato trovato davanti ad uno specchio mentre sorrideva. Certo aveva ragione di mandare a quel paese tutti quelli che avevano visto la mano di Frates nella strage da parte della neo Avellino dei poco innocenti giocatori della Virtus Bologna, ma in Italia, lo sapete, questo mondo calciocentrico non riesce mai ad andare oltre il suo nasone lungo da  che privilegia i bugiardi.

1 Alle STATISTICHE fasulle che continuano a mandare in corto circuito, allenatori, dirigenti, gli stessi ragazzi che hanno erezioni per le famose doppie doppie, caramelle pastose per commentatori che insistono a farci sapere che è il ferro a respingere certi tiri, eravamo convinti che fossero i famosi dei evocati spesso dai telecronisti di SKY prima che Tranquillo fosse soltanto uomo NBA e di libri che vengono giustamente presentati in tutte le isole dove il basket è, o era, tanto felice. In queste cifre, metteteci quelle GIBA sull’utilizzo degli italiani, sulle palle perse dagli stessi nei momenti decisivi (a chi diamo la colpa, ai ferri, al bayon?) mancano anche gli incassi per spiegare: dunque a Cantù pieno per Metta Panda, incasso vicino ai 48 mila euro. A Reggio Emilia con 166 spettatori in meno incasso 62.117 euro per non parlare di Sassari. Come si spiegano certe cose, lasciando perdere i tremila scarsi di Roma a confronto cone le arene delle minori dove torna a suona la tromba Fortitudo di Boniciolli.

0 A Romeo SACCHETTI che ha preso davvero con filosofia la caduta casalinga contro questa TRENTO che ci affascina, che ci ha stregato quando ancora non sapevamo dei poteri di una società ben diretta, ben gestita dove persino la segretaria deve fare esami per meritarsi l’Aquila, come succedeva ai tempi delle grandi del Nord, da Milano a Varese, a Cantù, l’unica che ha subito cercato una professionista appena epurata da chi odiava tutti quelli che amavano davvero il loro lavoro. Giusto dire che non meritava una vittoria per rimonta tardiva dopo sonno da maialino al forno, ma ingiusto non far sentire alla squadra la stessa sferza usata dal povero Mancini per l’Inter portata in campo al mattino presto nel giorno di Pasqua.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

 

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