Basket
Sophie Marceau e gli schiavi FIBA
Oscar Eleni 14/03/2016
Oscar Eleni dal monte Titano dove negli studi di Gherardo Resta, per le trasmissioni della televisione di San Marino, il presidente Albertone Bucci, il nostro personalissimo dottor Stranamore dei canestri, ci ha lasciato sospesi sul mare del dubbio dopo aver chiesto come si potrà risolvere questa guerra delle rose sfatte fra la FIBA, che ha sempre amato tenere in catene la base, e l’ULEB che in sedici anni di attività ha dimostrato che non serve davvero tanto se vuoi avere il meglio e sai produrlo.
Per arrivare a San Marino avremmo dovuto anche fermarci da Giancarlo Sarti che nel regno di Capicchioni sembra davvero ringiovanito, magari non il bel giovanotto di Pontremoli nato nel 1936, non l’aitante giocatore di Cantù e Bologna che invadeva il pubblico, ma certamente il paziente tessitore dei tempi in cui Caserta costruiva qualcosa che ha fatto davvero storia, grazie al cavalier Maggiò, ma, soprattutto, al Boscia Tanjevic che ha scavato fra le noci e ha trovato un tesoro che ancora serve bene questo basket italiano ossessionato dal futuro, specialmente adesso che tutti si sono resi conto di avere anni da passare in schiavitù sotto il regno di Armani e del suo generale più saggio, quel Repesa che ha trovato una squadra dove era stata costruita soltanto una reggia per cortigiani. Sarti si occupa di giovani talenti del mondo, scopre gente, la prende per mano e poi spera che vada davvero in alto. A Caserta era abituato. Nando, Vincenzo, un gruppo, una storia, il Boscia e Marcelletti il raccoglitore in prima, come fece Casalini con Peterson.
Ci starebbe bene anche lui venerdì sera all’osteria Utopia, in via Vallazze a Milano, quando i combattenti e reduci della saga rubiniana e del commendator Bogoncelli, si troveranno per rievocare i tempi passati con Arturo Kenney. Eh sì, esisteva un grande basket a Milano anche prima che si inventasse questo bagno di Poppea nel latte d’asina facendo credere di aver dovuto reinventare tutto. Sarà la notte di Arturo e di chi lo ha conosciuto sul campo, di chi vuole scoprire la vera differenza fra ieri e oggi. Quelli che entravano in una squadra, in una nuova famiglia europea, sono rimasti fedeli. Tornano spesso. Hanno bei ricordi. Questi di oggi vanno e vengono. Nomadi in uno sport dove l’usa e getta manda nel pallone anche quelli che sembravano avere idee chiare.
Guardate cosa succede a Sassari. Marasma. Colpa mia, colpa tua. Un’esasperante caccia allo scacciapensieri per “liberare la mente”. Da cosa, caro Pasquini? Era davvero l’isola felice, come lo fu Caserta, ma poi qualcosa e qualcuno hanno fatto confusione. Esisteva un progetto e le parole intorno sembravano sempre leggere. Ora sarà bene fare un nuovo inventario e, come dicevamo all’inizio, quando la squadra era stata costruita male, meglio arrivare in fondo con pochi credenti piuttosto che tirarsi dietro certi giocatori. Il playoff non è più tanto sicuro se Cantù, figurine che potrebbero trovare anche un album, è così vicina e sente che davanti stanno perdendo il senso della reale esistenza di certe società in un certo basket dove, come sapete, come avete visto, non serve molto più di una bella protezione economica per poter dare lezioni a tutti, per ricordare che il pallone, da sempre, lo porta il bambino più ricco, o l’uomo di fiducia del padrone, ed è lui a fare le formazioni. Magari, non assistito, sbaglia pure quelle che vanno nella vera arena: peccati costosi, ma non rilevati nella chiesa del silenzio dove tutto scodinzola, però fuori dal campo basta molto meno, lo avrete capito dai messaggi che leggete adesso che il Marino non sembra più candidato a fare il sindaco di Brindisi e ci terrebbe molto a fare ancora quello della Lega basket. Conflitto d’interesse che, come direbbe lui, gli ha procurato anche danni? Va be’, non sottilizziamo, direbbero a Pesaro.
Comunque sembra opinione generale che giovedì, quando la classe dei ripetenti di Lega sarà interrogata da Petrucci e dal preside Malagò, avremo tante belle gioie alla ricerca di una scusa più che di una risposta per spiegare che all’ULEB hanno fatto davvero vedere il cammello, mentre la FIBA, nella sua storia, con la giustificazione che il basket avesse bisogno di apostoli e di predicatori in terre sconsacrate, questi cammelli se li è sempre tenuti. Ora aspettarsi che la federazione e il suo presidente accettino un commissioner tipo NBA, insomma uno a cui dare tutti i poteri per organizzare e tenere insieme la baracchetta, un autonomo, non prendibile per i maroni e per i fondelli, sembra impossibile e allora aspettiamo di vedere cosa uscirà dal cilindro di Proli, numero uno per evidente superiorità se Armaniveste le squadre olimpiche, se l’Emporio ha in mano il sistema e può permettersi di lasciare in tribuna gente che salverebbe i dannati di oggi. Basta che da quel cappello non esca il solito coniglio. Dovremmo essere oltre i maghi Forrest. In questa confusione il presidente della Virtus, il venerabile Bucci, ci ha chiesto cosa pensavamo della spaccatura FIBA-ULEB dopo che il borgomastro della Vu nera, il Crovetti che sa come si amministra una Lega, aveva fatto sapere che questi di oggi non sanno davvero cosa sia una unione di società e il famoso bene comune.
A Bucci, a Resta, al paziente Stefano Cioppi che con Arione Costa ha lavorato davvero bene e quasi sicuramente porterà Pesaro nel porto di quiete della classifica, abbiamo detto che la FIBA merita rispetto perché, con Jones e, soprattutto Stankovic, ha trovato acqua in tanti deserti, ma poi quando questa acqua è diventata petrolio, quando la conoscenza era stata messa a disposizione di tutti, ha pensato che fosse meglio proteggere il forziere nella torre d’avorio del castello. Ne sono accadute di cose da Monaco 1972, come vi direbbero gli americani. Ne abbiamo viste tante e alla vigilia di un preolimpico che fa tremare, perché la salute per cui pregava Messina non è più garantita, salute fisica e mentale sia chiaro, dobbiamo chiedere al padrone della federazione mondiale di avere pazienza mentre lui ci sta già dimostrando come tratterà i vassalli. Lo abbiamo capito quando nessun arbitro italiano è stato scelto per le Olimpiadi, facendo spazio a direttori di gara che vengono da mondi cestistici non proprio evoluti.
Certo, dirà qualcuno, dopo aver visto certi arbitraggi del nostro campionato, non è facile solidarizzare con la categoria dove Lamonica e Sahin sono avanti a tutti, non è semplice stare dietro ad una “squadra” senza pace, che governa dove tutto diventa nebuloso e ora, ci dicono, lo dicono spesso, in questa scelta di Prandi, imperio petrucciano, per limitare, ad esempio uno come Facchini che non era davvero visto come ambasciatore cortese verso il settore dei mortificati per scelta. Bravissimo istruttore, il Facchini, ma personalità spigolosa e dominante che faceva diventare balconi da piazza Venezia molti tavoli delle giurie, dopo aver sparso nel mondo che lo ha avuto come principe l’idea che il vero arbitro castiga, a prescindere, come spigherebbero Paternicò, Aronne e Ranaudo che a Bologna hanno fischiato 52 falli per Virtus-Varese, 4 tecnici, un antisportivo.
Aspettando di vederne delle belle, come dicono in RAI, anche se le avversarie di Milano, Menetti in testa, insomma quello che fa giocare meglio anche in mezzo alle bufere del tensoplast per muscoli che cedono, ammettono che la squadra di Repesa fa corsa a parte e, casomai, dovrà temere se stessa, come troppe volte in questi ultimi anni, ci portiamo sulla riva del fiume per le ultime pagaiate nella speranza che qualcuno capisca che non è così facile arrivare in alto nello sport e, molto spesso, anche se tocchi l’ottomila devi pensare che la discesa è molto più pericolosa. Delle quattro favorite ad inizio anno resta soltanto Reggio Emilia anche se ha avuto e continua ad avere guai. Nella partita contro Milano tutto è stato più chiaro per Venezia: con De Raffaele più gambe, con Recalcati più comprensione, ma nella sostanza nessun giocatore di cui fidarsi. Era sbagliata la coppia di centro campo, ma anche il resto è un misto che fa grattare, come quelle magliette col marchio finto. Sassari? Dover cedere i pilastri dello scudetto perché altri pagavano di più, meglio, era già un problema, ma iniziare sapendo che il matrimonio con Sacchetti era arrivato alla crisi ben prima del settimo anno, ha fatto credere a giocatori non bravi che quelle liti, lasciando la porta aperta, fossero il passaporto per prendersela ancora più comoda. Ci hanno rimesso due eccellenti allenatori. Play off di espiazione? Forse sarebbe meglio una sosta di meditazione.
Certo non molti in questo mondo, figurarsi nel basket italiano dei risentiti che vorrebbero guardare dall’alto in basso chi lo ha costruito davvero, non sono molti quelli che rifiutano il cavalierato come una grandissima Sophie Marceau. No questi vogliono premi, adulazione, genuflessioni, guai se dimentichi di toglierti il cappello. Pagelle aspettando la notte milanese di Arturo nascosto sotto il letto dell’amatissimo e compianto Brumatti, dopo aver fatto scappare Masini in pigiama verso corso Ventidue Marzo, inseguito dal futuro dottor Gagiotti,impegnato a convincerlo che in via Caltanissetta c’erano fantasmi,o dopo il gavettone a Giulio Iellini rientrato tardi da un incontro affettuoso.
10 All’OLIMPIA per aver portato sul campo, nel giorno dell’ottantesimo, quel coro dei bambini, aprendo la strada, questa volta sì, a chi vorrebbe diversificare l’inizio con l’inno, quello dove, nella seconda parte, nessuno rinuncia a far sapere che questo è il paese della tarantella, dove non tutti si alzano e molti ruminano gomme anche davanti alla telecamera.
9 Al CALVANI che non ha nascosto la sua amarezza e le sue lacrime quando ha capito che a Sassari il suo tempo era già finito. Un uomo, uno che conosce le leggi crudeli dello sport. Le ha pagate a Roma, le ha vissute nella Napoli che, puntualmente, ogni anno, ha giocatori che minacciano lo sciopero per stipendi non onorati, le ha riscoperte nell’unico posto dove ancora si credeva che ci fosse passione incontaminata. Certo lo pensavano anche i calciatori di Udine prima delle forche in quello che non è più il Friuli.
8 A BOLOGNA, Virtus e Fortitudo, TREVISO, PESARO e SIENA perché dai loro vivai sono usciti gran parte dei giocatori che vanno in scena nei vari campionati. Ricordare questo prima di cancellare tutto con le crisi, i fallimenti, le case e le coppe pignorate.
7 Al TROFEO delle REGIONI dedicato a Cesare RUBINI perché la cerimonia d’apertura si farà in piazza Maggiore a Bologna dove i numi tutelari nel nome del principe saranno davvero tanti.Per queste manifestazioni dedicate ai giovani serve l’impegno di tutti e, per fortuna, a Roma hanno deciso che la under deve restare nelle mani di SACRIPANTI anche se resta un mistero gaudioso questa assunzione con licenziamento incorporato del BANCHI che non ha cause con la Federazione, ma soltanto non ha transato con Milano.
6 Al CANDI giovane talento Fortitudo per aver rilasciato una dichiarazione che un tempo sembrava quasi il marchio del rapporto allenatori- società- giocatori: “Meglio un quattro a scuola che una sgridata di Boniciolli”. Magari si tornasse a questo tipo di rapporti. Adesso hanno tutti un cuoricino altrove, una musa da ringraziare, un agente da stimolare perché spaventi chi non “li capisce”. Insomma anche nel basket piccoli Zamparini e Menez crescono.
5 Ad Amedeo DELLA VALLE che per il partitone di Trento meriterebbe il massimo, ma, proprio per quel trentello in casa Buscaglia, ci farà venire il complesso dopo aver litigato tanto, per via giornalistica, si capisce, con Pianigiani che insisteva nel non vedere il vero futuro in lui e in Pascolo. Ora speriamo di non dover convincere Messina che la leggerezza non è sempre quella della piuma quando si ha l’estro per creare. Non è Curry, ovviamente, absit, ma in lui, che temevamo di aver perduto dove ti convincono di essere bravo prima ancora che tu lo sia davvero, c’è qualcosa che val la pena esplorare.
4 Ad ORTNER che sembra davvero il simbolo della Venezia perduta. Cosa può cambiare così tanto un giocatore che era roccia, lui come altri in questa Reyer che ha deciso di cacciare Recalcati quando aveva ormai capito che almeno quattro o cinque erano alla frutta e, fra i nuovi, c’era più presunzione, magari per una intervista tutta baci e abbracci, che vera voglia di mettersi a soffrire per valorizzare il talento.
3 Alla FEDERAZIONE per il misterioso comunicato che ci annunciava la squalifica dell’ex commissario tecnico PIANIGIANI. Negate al popolo le motivazioni, lasciando spazio ad ogni interpretazione maliziosa. Ora il piccolo principe senese si sarà anche meritato questo trattamento da parte di chi lo ha sempre digerito poco, lui certo ci metteva del suo, ma non è giusto. Insomma abbiamo rivisto il Tognazzi monsignore alla caccia di Pasquino che ripeteva: “Buono a sapersi”.
2 Al DI CARLO che sta portando verso una salvezza sicura Capo d’Orlando se lo convinceranno ad essere irriguardoso verso i vecchi brontoloni che non vedevano un futuro con la cacciata di Griccioli, certo prima del Boatright che non è sempre decisivo, ma sa stare al suo posto quando gli altri girano. Ci sta smentendo. Se evita di vendicarsi sugli increduli gli daremo il premio Nazareno.
1 A TRENTO per aver indossato il vestito di Oklahoma. Come la squadra di Durant anche quella di Buscaglia non digerisce bene l’ultimo quarto di partita. Per le Aquile dicono che i troppi viaggi hanno peggiorato la vista, ma forse è stata soltanto una difficile digestione delle due fasi: quando ti riveli puoi anche sbagliare, quando dimostri di essere cresciuto capita che nel gruppo qualcuno si creda più cresciuto di altri.
0 A TORINO se dopo questa stagione piena di contrattempi e la porta della retrocessione aperta, quasi dovesse scontare il regalo fatto da Verona che davvero era la più forte, perderà fede e passione verso il basket. Nel preolimpico avremo bisogno del sesto uomo perché di questa Croazia ci fidiamo pochissimo e la Grecia sembra quella che tutti davano per spacciata nei giorni in cui l’Europa la voleva retrocessa e loro, magari, vincevano l’eurolega.