Scarie movie

15 Aprile 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni seguendo il figlio del gatto suo omonimo nelle corsie dell’ospedale di Providence dove il micio surclassava i luminari accoccolandosi, con terrificante precisione, sul letto dei malati che non avevano più speranza. Noi lo minacciamo, questo gatto, perché poi saltano fuori i Pozzecco del sistema, quelli che ridendo e scherzando danno a Ferentino la prima vittoria in trasferta del 2013. Gli diciamo di stare lontano dalla sala dove già si proietta, per colti e impreparati, il famoso Scarie Movie. Stelle che brillano nel cielo se c’è da annientare un villaggio cestistico di poca sostanza, ma poi cadono dalla barca appena il vento soffia contro. Eh sì.

Contrariamente a quello che Peterson sostiene da troppo tempo, diciamo dal lustro con SportItalia, televisione del basket che ci sta per essere rubata dalla crisi, non è l’attacco che porta gloria, ma la fatica difensiva. E se D’Antoni era grande lo era per come organizzava il tunnel per arrivare a Meneghin, Gianelli e Gallinari. Per fortuna, ai tempi della vera Olimpia, nell’età dell’oro, le parole del nano ghiacciato non consigliavano alla banda di risparmiare energie in difesa, persino McAdoo ne era quasi convinto. Certo siamo davanti al cane che si morde la coda. Tutto ha un senso se lo fai bene, se puoi soffrire, se dai valore alla fatica come scrive Don Wilson per le sue Belve, un libro che non consigliamo a tanti, ma a certi allenatori di sicuro perché a pagina 256 avranno la visione. Tutti sanno che nel microsecondo in cui ha inizio la partita (non quando gli arbitri come Sassari devono alzare tre volte la palla a due, rimpianta chissà perché) e scatta l’adrenalina, tutto quello che hai in testa scompare.A quel punto conta soltanto la memoria muscolare e quella si acquista ripetendo, ripetendo, ripetendo.

Ci faceva infuriare  Tanjevic, nella ripetizione dei movimenti d’attacco, per la Nazionale poi campione d’Europa a Parigi, senza avversario. Il caro Boscia. benedetto sia il suo nome per aver resistito quando i Pozzessere sparavano a palle incatenate sulla sua panchina come quella di Repesa, poi campione d’Italia persino con Mancinelli maltrattato, ma visto che lo faceva un santo bevitore allegria per tutti e critiche ai nemici del genio che in A2 sparge amore a piene mani. Avevamo la fortuna di poter vedere gli allenamenti della Nazionale, e quello ci faceva vedere una squadra di mimi che memorizzava. Non capita spesso di entrare a vedere come lavorano certe squadre e certi allenatori. Con Peterson porte aperte ai tempi d’oro, poi è diventata legge la paura del vaffa nato nelle palestre della vera e grande Bologna. Messina, una volta, ci fece allontanare dal secondo cerchio del palazzo di Modena quando preparava la disfatta di Karlsruhe della Nazionale dove lo avevano spinto, ancora implume, Porelli e Petrucci.

Scariolo e i suoi cerberi sbarrano la strada sella secondaria fra le macerie del Lido se non ti fai annunciare, se non ti accrediti. Almeno era così all’inizio, poi chissà. Ma sentiamo dire che devi sempre spiegare ai guardiani sulla porta perché ti piacerebbe vedere in faccia i giocatori quando stanno ripetendo. Devono essere molto indietro nell’inventario dell’Emporio se il nostro avvocato bresciano che ci ricorda sempre la Febbre del sabato sera, ma anche quella della domenica pomeriggio che arriva nella notte di un Milan-Napoli all’insaputa della Lega e delle  comari che non sentono, non vedono, non parlano anche adesso che dovrebbero pur esprimere un parere sui famosi contratti d’immagine. Nello Scarie Movie dietro piazza Stuparich ci sentiamo dire a tre giornate dalla fine del campionato, dopo la figuraccia in Eurolega (a proposito, saluti dall’Hendrix giubilato in casa Armani, miglior giocatore della finale di Eurocup con i cosacchi di Krasnodar), l’eliminazione al primo turno nella coppa Italia che giocavano in casa, questo campionato sul calcinculo, un po’ cielo un po’ cesso, che qualcosa non va dietro: “Abbiamo problemi in difesa su cui lavorare”.

Ohibò, dicono i finti avvoltoi sugli alberi appena tagliati del Lido dove faceva i tuffi il primo Abatantuono. Ci era venuto il sospetto che fosse più la difesa che l’attacco in singolo a tormentare le emorroidi di una squadra che  sa di poter scherzare con il fuoco fino all’ordalia del play off quando i duri cominceranno a giocare davvero, quando ci sarà pace sotto la tenda dell’emiro Livio, uno che sa distinguere fra eleganza e fatica, fra giocatori in flanella e quelli in tela di sacco. Verranno i giorni della vendetta contro tutto e contro tutti. Ma non perché c’erano avvoltoi in giro, soltanto perché gli altri si sono consumati, anche se adesso si attrezzano per sfruttare il fattore campo e questo potrebbe dare fastidio sulla parete di ghiaccio dove Langford ed Hairston si dividono il pane che Alessandro Gentile aveva portato mentre loro saltavano, a turno, l’area di lavoro, per una schiena cigolante, che già tormentava il “capitano” dei rossi di re Giorgio, nelle primavere senesi, per una bronchitina che si piglia facilmente se vai in giro al vento, di notte con tute leggere.

Comunque sia, campionato sempre aperto anche se al momento noi diamo già le coppe dell’amicizia a chi ci ha fatto godere, a chi è stato davvero più bravo del suo budget micragnoso, a chi ha scavalcato  la discarica dei presidenti inquieti e si è portato ad altezza dei principi di un campionato dove essere grandi a giorni alterni fa la fortuna degli imbonitori da mercato nel Far West, quelli che vendevano la stessa pozione per la scabbia e la polmonite, per il presidente credulone e il manager maneggione. Bianchini lo faceva per noi ignorantoni, ma aveva una grande classe e quasi non te ne accorgevi, almeno quelli storditi da certe campane.

Nel regno di mezzo della stragione corona per Vitucci e i suoi nuovi rooster varesini: consorzio di squadra e società consorzio come hanno detto bene Dembinski e Michelini nell’ultima diretta da Masnago dove stonava soltanto la gabbia per i tifosi milanesi, ma adesso all’osservatorio vogliono così e nessuno si ribella. Giochiamole all’aperto queste partite, in campi nascosti.

Coppa del Sole al Sacchetti che si rinforza e potrebbe fare anche male a meno che Gordon che al primo impatto sudava in difesa non si faccia contagiare.

Coppa della pace al Calvani che ora ha scoperto cosa vuol dire far entrare nel giardino di casa quelli che parlano a vanvera di NBA, quelli che non sanno davvero che male si può fare ad un giocatore medio parlandogli del paradiso irraggiungibile per certi piedi e certe mani, come sanno i costruttori della squadra umile, ma tosta.

Coppa della creatività a Menetti che regala un Cinciarini solido al Pianigiani che temeva di vederlo perduto dopo la bocciatura della Cantù dove il Trinca deve soffrire quando ha in mano un costruttore di gioco se è vero che Tabu, risorto e poi rinnegato, risorto ancora e ora in stallo, lo avevano mandato via come Mike Green e lo stesso Cinciarini, dove non ci si fida di Smith, dove forse qualcosa non funziona più per far capire che in quel campus brianzolo ha sempre vinto la voglia di stare insieme, di non guardarsi in cagnesco, di non separarsi in casa dando spazio a Iago e alle gelosie di Otello.

Nella ricerca di un trofeo adeguato ai cuori impavidi premio per Sacripanti che magari non prende per la coda gli uccelli paduli della Reyer, ma se non è miracolo il suo con quella Caserta autoctona allora portateci a Cana.

Pagelle per il gatto che beveva Johnnie Walker quando sulla rivista medica di Boston prescrivevano( il dollaro contava anche allora) il fuoco del blended per i palati fini, pazienza se poi cadevano per cirrosi.

10 Al DE NICOLAO che ci porta nel mondo di Azzurra dove avremo bisogno di giocatori con dentro questa rabbia, magari fortunati se tirano da metà campo, ma di sicuro bravi se fanno venire il mal di testa ai cocchi dei ricconi del circo.

9 Al SARDARA che ha buttato il borsellino oltre l’ostacolo e si presenterà da secondo in classifica con Sassari nel campionato che Milano deve vincere, ma che Varese, la Dinamo e forse persino Cantù e la Siena dei terzi tempi nel limbo della fatica, contrasteranno ai venti million euro baby di Scariolo, senza pensare a Reggio Emilia che ci intriga e potrebbe davvero fare scherzi da cappello del prete.Un piacere ritrovare Becirovic con le sue ginocchia al vento. Speriamo che la Sardegna e il suo sale lo aiutino.

8 Al MENETTI da combattimento che espugna il campo di Avellino quando Pancotto aveva riportato alla vita una squadra tormentata nei primi mesi da scelte che non potevano funzionare. Con la Trenkwalder abbiamo riscoperto il profumo delle cose fatte bene, in casa, come avevamo già scoperto quando fu davvero onorato Pino Brumatti che Milano ricorda con numeri sbagliati.

7 A CASERTA intesa come squadra e come gruppo. Diteci voi cosa dovrebbero ancora fare per meritarsi un premio vero dai sordi e dai ciechi che vanno in giro a cantare la gloria delle cocotte mantenute nel lusso, gente che  maschera il tradimento se viene subito perdonato e poi si va in caccia di chi ha criticato quei gioielli del palazzo. Grande Pino. Bravi casertani che ancora andate al Palazzo. Sulla nave da Malta nessuna notizia. Citofonare Renzi che pure sedeva di fianco al messia nel primo giorno di saldatura dell’ideale.

6 Allo Zare MARKOSKI che ha ridato il sorriso e la salvezza a Valter Scavolini e alla squadra di basket che porta il suo nome da così tanti anni che una città con gente seria  al governo avrebbe già inserito fra i beni da proteggere. Zare e la sua calma, la sua  intelligenza. Siamo contenti per  i ragazzi della costa più che per  i signori silenti di bordo ring. No, Del Moro è uno che merita la prima fila da vero cuore bianco rosso di colle Ardizio.

5 A BRINDISI se non alzeranno comunque i calici per salvezza, se non  valuteranno bene le scelte da fare per costruire la prossima stagione, perché se non crei l’atmosfera Menetti di Reggio, se non mangi tortelli con i tuoi uomini e la ciurma capita che le stagioni finiscano male quando a 7 giornate dalla fine potevi avere addirittura i play off. Vietato liberare per altri campionati certi giocatori.

4 A Simone PIANIGIANI che non vediamo nel cuore della foresta di questo campionato. Giusto disintossicarsi, giusto dare lezioni a chi le chiede, ma vederlo in trincea, magari pure insultato, farebbe bene ai giocatori che si battono per convincerlo che ad Azzurra serve più un centro naturalizzato del pur sublime Travis Diener perché  qualcosa in cantina si trova anche da noi.

3 Ai GRECI della Milano da bere, dell’Emporio che non sa mai quando li avrà al fianco del proto Leonida Scariolo. Sono tipi davvero strani, ma non c’è fretta. Importante arrivare ai play off belli carichi, pensando che il brutto è passato e la primavera manderà gli uccelli del malaugurio verso Krasnodar dove parleranno con Hendrix per capire se le sue partitacce milanesi nascevano da cattiva volontà o dall’incapacità di capire come funzionavano gioco e gerarchie nello Scarie Movie. Vuoi vedere che la colpa dell’esilio del centro è di Frates.

2 Al presunto TRIO NBA della nuova Roma che dal giorno in cui è stato portato all’Ara Pacis per essere valutato dai cacciatori di polpastrelli della lega Stern si è smarrito, sì  anche Datome, certo meno di Taylor e Lawal, lasciando Calvani e Alberani con un gran mal di testa da sistemare con le aspirine delle ultime tre giornate per stare con le previsioni Sim Salabim che al momento danno queste otto: Varese 48, Sassari 40, Roma, Siena e Reggio Emilia (!) 38, Milano e Cantù 36 quindi sfida chiave nella 14^ giornata dove sarà la difesa, lo ricordino i generali col belletto, a decidere, Venezia 30, ma Caserta è un ragno che ti avvelena la testa.

1 A quelli di CATTOLICA, MODENA e LIVORNO che non hanno mai spiegato tanto bene a Renzi e alla Lega cosa voleva dire entrare in contatto con il presunto salvatore di Caserta. Certo in quei posti il basket è quasi defunto, ma una telefonatina delle presunte vittime non gustava e un accertamento del  presidente legaiolo  appariva necessario anche al Petrucci che maledice ogni giorni di più il suo ritorno nella casa degli amori perduti.

0 Al Tiziano BASSO di MONTEGRANARO, squadra giunta alla salvezza anche se in cambusa c’era soltanto l’ammiraglio Recalcati a confortare la ciurma quando non c’era sale e non c’era pesce, perché il trasferimento a Porto San Giorgio, ripudiando Ancona, non è stato fatto per ritrovare il teritorio, perché chi dirige il pala Rossini chiederà comunque il saldo dei pregressi, e poi non si può rispondere alla domanda chiave su come saranno ripagati gli abbonati con l’enigmatico “ci penseremo” perché non sembra proprio un bel gesto verso il popolo di Ancona, anche se poco, che pure aveva creduto nella Sutor per avere grande basket. Niente da dire nelle dacie del potere baskettaro.

Oscar Eleni, lunedì 15 aprile 2013

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