Il tempo di Selvaggia
23 Agosto 2013
di Stefano Olivari
Sapore di mare 2 – Un anno dopo è, con gli occhi di oggi, più fresco e toccato dalla grazia del pur eccellente Sapore di mare dei Vanzina. E’ un tema forte, che non possiamo non toccare dopo la millesima visione (l’altroieri sera su RaiDue in diretta, i film intramontabili vanno visti così) di questo capolavoro di Bruno Cortini. Che viene associato ai Vanzina solo per la continuità di molte storie con il loro Sapore di mare (e infatti i due figli di Steno vengono citati nei credit come creatori del soggetto), ma che ha una sua identità. Prima di tutto perché Cortini era stato aiuto regista di Carlo Vanzina nel Sapore di mare del 1982, dopo aver collaborato con tanti mostri sacri (Monicelli e Rosi su tutti, ma per noi anche il miglior Vanzina fa parte di questo girone). E poi perché Christian de Sica e Jerry Calà avevano seguito i Vanzina in quello che sarebbe diventato un altro capolavoro, Vacanze di Natale, rinunciando al seguito di un film girato in economia (Ostia e Fregene facevano la parte di Forte dei Marmi) e dal successo insperato. Che li portò fra le braccia di Aurelio De Laurentiis. Unico personaggio di rilievo comune ai tre film? Risposta al Trivial Pursuit de’ noartri: Karina Huff, Susan in Sapore di mare e Samantha in Vacanze di Natale. Ma tornando al cuore del nostro discorso, la leggera superiorità del secondo episodio di Sapore di mare rispetto al primo, bisogna dire che come in tutte le questioni di gusto personale non c’è bisogno di troppe dimostrazioni. Basta la memoria per un elenco di scene stordenti nella loro capacità evocativa e nel muovere qualcosa anche dentro di noi che negli anni Sessanta non c’eravamo (ma non occorre essere Proust per schiacciare il tasto della nostalgia). Le prime, in ordine di nostra preferenza: il commendator Carraro che dice a Maurino Di Francesco “Uei servo! Le ventimila te le devi guadagnare. Non ti pago mica per rompere le balle agli ospiti’, Giorgi-Ciavarro pizza fredda-birra calda più discorso sulle pillole, Isabella Ferrari e Ciavarro nel gioco della mela, l’aereo con la scritta ‘Alina ti amo’, la camminata finale di Isabella Ferrari-Selvaggia sulla spiaggia malinconica di fine stagione, la Giorgi che bendata riconosce le marche degli whisky, Di Francesco che riesce a farsi dare il Riva di Carraro con un trucco e va a fare sci nautico, il bacio della Ferrari a Ciavarro nella cabina dove è andata a prendergli il costume per scommessa. Su tutto domina un modo più leggero e delicato di fare commedia, rispetto a quello italianissimo dei Vanzina, cercando per quanto è possibile di far incrociare le varie storie e superando in qualche modo quello schema del film a episodi che è arrivato fino ai giorni nostri. Bravo Cortini, il cui nome è oggi sconosciuto ai più anche perché la vita (è morto a 46 anni) non gli ha lasciato il tempo di confermare il successo. Di lui si ricordano anche Giochi d’estate (con Di Francesco, Ciavarro e ancora la Huff, più camei cult di Chierico e Graziani) e il più ambizioso, pur facendo parte del filone giovanilista italiano che parte dagli anni Trenta, L’estate sta finendo. Ma è in questo finto 1966 (il portiere della pensione Miramare legge la Gazzetta con la cronaca di Corea del Nord-Italia, cosa che avviene anche nel primo episodio: le incongruenze storiche non mancano…), in questa finta Forte dei Marmi, in questa finta Italia, che riesce a creare una magia. Quel tempo sospeso tipico dell’estate, di cui ha parlato in un’intervista anche Carlo Vanzina, quel tempo pieno di sogni e opportunità che ci illudiamo di avere ancora.
Twitter @StefanoOlivari
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