Rubini e le macerie

10 Marzo 2011 di Stefano Olivari

Qualche settimana fa il Corriere della Sera ha iniziato una campagna per intitolare il Palalido restaurato a Cesare Rubini. Per quel niente che contiamo sottoscriviamo in pieno: vivere nel passato è triste, ricordare un grande passato è invece doveroso perché fa parte dell’identità.
Anche se non abbiamo mai visto giocare il Principe e lo abbiamo solo intravisto allenare. Per noi sarà sempre il dirigente della FIP che siedeva in panchina di fianco a Sandro Gamba nei migliori anni della nostra vita, oltre che un mito nei racconti di giornalisti che ne hanno viste tante. Mentre non riscuoteva unanimità di consensi fra i giocatori…Questo non toglie che nessuno come lui rappresenti la storia dell’Olimpia, per molti versi anche più del fondatore factotum Bogoncelli, e che una teorica casa dell’Olimpia avrebbe più fascino se intitolata a lui invece che ad Armani: con tutto il rispetto per chi caccia i soldi nel presente, anche quando li spende male o li affida ad incompetenti. Nel caso del nuovo Palalido, comunque, sarebbero ‘solo’ un terzo dei 7 milioni di euro previsti per il totale dei lavori (il resto lo mette Pantalone, as usual). Il problema, al di là delle nostre fissazioni storiche, è che il nuovo Palalido al momento non esiste. Lavori che avrebbero dovuto iniziare la scorsa estate non sono, mentre scriviamo, ancora partiti. Non è in realtà partita nemmeno la demolizione, come può testimoniare chi come noi ci passa davanti quasi ogni giorno. La promessa di Rizzi, inspiegabile assessore allo sport di Milano, è che l’Armani giocherà la prossima stagione nel suo nuovo impianto. La realtà è quella del Forum con i teloni neri anti-tristezza a coprire il secondo anello, con un PalaSharp anche lui sulla strada della demolizione (a fine aprile) e uno sport che purtroppo significa solo calcio. Perchè, PalaRubini o non PalaRubini, ci sembra che oltre agli impianti nel 2011 al basket manchi anche la discussione da bar: fuori dalla cerchia degli appassionati non sentiamo nessuno parlare di basket. L’unica cosa del passato che veramente ci manca è questa, la gente che si interessava anche superficialmente alla pallacanestro. Il resto sono giocatori in bianco e nero, forse nemmeno tanto forti come amiamo ricordarli quando schiacciamo il tasto della nostalgia. Non è un caso che la dimensione giusta per il basket italiano di vertice sia nel 2011 ancora quella del Palalido, proprio come mezzo secolo fa.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it 

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