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Ronaldinho su concessione

Stefano Olivari 18/07/2008

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Gli aspetti mediatici del caso Ronaldinho, in pochi mesi passato da volgare strumento elettorale a fenomeno imprescindibile con un peso ogni giorno variabile a seconda della sua probabilità di finire al Milan, sono molto più interessanti di quelli di mercato: l’incontro fra domanda e offerta è troppo banale da raccontare, chi lo fa riempiendo due pagine al giorno è un eroe del giornalismo. Discorsi validi anche per Lampard, da terza scelta Chelsea di Mourinho (dopo Essien e Ricardo Carvalho, ritenendo fuori concorso Drogba) a uomo che regalerà la Champions all’Inter, o per Poulsen, da provocatore dei nostri campioni a centrocampista di rara completezza. Però nel caso del brasiliano c’è anche il discorso olimpico, visto che Dunga lo ha convocato per Pechino come fuoriquota (gli altri due sono Robinho e Thiago Neves) ben sapendo che i Giochi sono una manifestazione riconosciuta dalla Fifa ma non una manifestazione Fifa: insomma, chiunque ci vada come fuoriquota (più ambigua la situazione giuridica di quelli in età) lo fa su gentile concessione del club. Adesso che ha firmato con il Milan e andrà come sembra a Pechino, cosa si potrebbe dire a Kakà che da anni parla dell’appuntamento olimpico? Piuttosto che lasciare le convocazioni in balia del potere contrattuale dei club meglio abolire il calcio olimpico. Che del resto è da Amsterdam 1928, l’edizione del secondo oro consecutivo uruguayano, che non propone il meglio del pianeta.

Stefano Olivari

stefano@indiscreto.it

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