Giochi Olimpici a casa nostra: sì o no?

22 Settembre 2016 di Indiscreto

Adesso che la candidatura olimpica di Roma 2024 è al capolinea, a meno di clamorosi colpi di scena, possiamo parlarne al netto di Malagò, Montezemolo, Caltagirone, Renzi, eccetera. Insomma, al netto di tutti i personaggi che il fronte del No ha associato al carrozzone parastatale CONI che si è schiantato su un sindaco come Virginia Raggi che, incredibile, ha tenuto fede a una promessa fatta in campagna elettorale anche se in generale i Cinque Stelle hanno dato di sé un’immagine pessima sfuggendo sia agli incontri istituzionali che al referendum consultivo che avrebbe dato la parola ai romani. Chi non fa niente di sicuro non può rubare, questo è certo, ma un discorso ragionieristico costi-ricavi vale per un’azienda privata e non per uno stato, visto che tutte le sue attività fondamentali sono strutturalmente in perdita. I Giochi Olimpici, al di là dell’aspetto sportivo ormai grottesco visto che non si compete ad armi pari (aaahhh, il frullino di Froome e la concentrazione della Biles… non come quegli sfigati dei nostri), per una città e una nazione sono nel lungo periodo un vantaggio o uno svantaggio? Ipotizziamo di darli in mano a manager di grandi capacità e onestà, in grado di attrarre anche molti capitali privati, con Malagò a organizzare il burraco all’Aniene e Montezemolo in qualche cda dove non possa nuocere: Roma (Milano, Venezia) 2024 (2028, 2032) sì o no? Più concretamente: se fossimo romani, o non romani con la nostra città che vuole organizzare i Giochi affidandosi a gente credibile, saremmo per il sì o per il no? Forse è una domanda banale, ma è un problema che si è posto anche Malagò visto come ha tenuto basso il profilo di Montezemolo nelle ultime settimane.

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