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Roger Federer, il mistero di Mirka

Stefano Olivari 23/09/2019

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Il nostro dispiacere per la carriera di Roger Federer che si avvia verso la fine si è spinto fino al punto di seguire la Laver Cup da lui di fatto organizzata, in cui per l’Europa ha battuto Kyrgios e Isner. E proprio negli scorsi giorni abbiamo letto una sua nuova biografia, che era attesissima in Svizzera e che in Italia uscirà giovedì 26 settembre. Si intitola Roger Federer – Il campione e l’uomo (editore Casagrande, di Bellinzona) e l’ha scritta Simon Graf, uno dei pochi giornalisti della carta stampata che davvero segua il tennis dal vivo in giro per il mondo.

Lo ha fatto per il Tages-Anzeiger e per la SonntagsZeitung, cercando di entrare nel mondo di Federer invece che di raccontare ciò che abbiamo visto tutti noi appassionati: grandissime e tantissime vittorie, qualche grandissima sconfitta, un tennis inimitabile alle velocità di oggi e a quelle di domani. La parte più interessante di Weltsportier. Ballverliebter. Wohltäter è quindi quella sul privato, davvero corposa e piena di cose inedite. Inedite almeno per noi, che arriviamo faticosamente all’inglese ma non al tedesco, lingua madre di Federer e quindi quella in cui ogni tanto si scioglie.

Il libro non è certo critico nei confronti del campione, anche se è ben lontano dall’essere una biografia autorizzata. Graf giustamente sintetizza il percorso di Federer nel grande tennis, conosciuto da tutti ed in ogni caso bisognoso di un’opera di 4.000 pagine, per concentrarsi sulla sua crescita e su alcuni aspetti del suo privato mai totalmente chiariti.

Per quanto riguarda il primo punto è appassionante il rapporto di Federer con gli allenatori. Nadal ha sempre avuto zio Toni e solo negli ultimi tempi Moya, Djokovic dopo una sbandata quasi new age è tornato a lavorare e vincere con lo staff di sempre, Marian Vajda in testa. Federer di allenatori ne ha avuti otto, senza contare la varie consulenze, ma dopo la morte dell’amatissimo Peter Carter si può dire senza offesa per alcuno (Lundgren, Roche, Luthi, Higueras, Annacone, Edberg e Ljubicic) che si sia sempre dal punto di vista filosofico allenato da solo.

Non ai livelli del 2004, quando vinse 3 Slam su 4 davvero senza un coach anche solo di facciata, ma dopo Carter il concetto è sempre stato quello. Con Federer l’allenatore è un professionista che lavora su alcuni aspetti del gioco (inutile ricordare quanto sia importante Ljubicic, in questo senso), ma non una guida nella vita né tantomeno un guru, come avviene anche per giocatori sconosciuti ai più. Tutto lo staff di Federer è composto da dipendenti di Federer, il che non significa che li tratti male ma soltanto che da loro non cerca risposte e rassicurazioni. Le risposte, magari sbagliate, se le dà da solo. O con l’ausilio di Mirka.

Eccoci. Per quanto riguarda il privato, abbiamo trovato centrato proprio il capitolo su Mirka, la moglie di Federer che non rilascia interviste a titolo personale dal 2004 (!!!) nonostante le migliaia di richieste. Una cosa incredibile, considerando che è la moglie-manager di uno degli sportivi più famosi di tutti i tempi e che è una delle donne più inquadrate dalla televisione mondiale.

Dal punto di vista sentimentale non è mai esistita per Federer una vita prima di Mirka, essendosi messo insieme a lei durante i Giochi di Sydney, quando lui aveva 19 anni e Mirka 22. Un amore davvero casuale, perché avevano rinunciato alla convocazione olimpica sia Martina Hingis sia Patty Schnyder e quindi i colori rossocrociati vennero difesi da Emmanuelle Gagliardi e, appunto, da Miroslava Vavrinec.

Nata in Slovacchia ma cresciuta a Kreuzlingen, in Canton Turgovia. I suoi genitori avevano una gioielleria, ma lei sognava di diventare come Martina Navratilova: sarebbe riuscita a diventare una discreta professionista, numero 76 WTA, prima che l’infortunio a un piede e l’opportunità di puntare tutto su Federer le facessero lasciare il tennis nel 2002.

Per non perdere i rapporti con i Federer l’autore non può riportare virgolettati, ma senza bisogno di leggere fra le righe il Mirka-pensiero è chiarissimo. Mirka soffre perché in Svizzera media e tifosi non la trovano simpatica, criticandola per sciocchezze tipo il prezzo dei suoi vestiti, mentre all’estero e in viaggio si trova bene nonostante le difficoltà organizzative dovute ai quattro bambini e all’esercito di collaboratori da coordinare. La sua risposta è non rispondere, almeno ufficialmente.

Molto importante il fatto che lei da anni rispetti le scelte del marito ma sia la prima a spingere perché Federer non si ritiri, cosa che lui avrebbe fatto (lo ha detto in più interviste) già da anni nel caso la famiglia non l’avesse sostenuto. Graf sta bene attento a dosare le parole, ma l’accento sulla devozione di Federer nei suoi confronti, anche al di là dell’amore che dovrebbe legare un marito a una moglie, dice molto. Non avendo bisogno di soldi per i prossimi mille anni, Mirka con lui usa un metodo motivazionale che si può sintetizzare così: “Chi ha talento non lo deve sprecare”. Ma soprattutto: “Sognavo di diventare una campionessa e lo sono diventata attraverso te”. Nostra libera traduzione, perché i virgolettati di Mirka non esistono.

Sottotesto: nel tennis giocato sei Federer, nella vita un miliardario che farà tante cose interessanti ma non come vincere 20 Slam e rischiare di vincerne altri addirittura a 39 anni, nel 2020. Insomma, finché il fisico regge fai Federer. È anche per questo che siamo tifosi di Mirka, brava nel gestire un fuoriclasse e nell’alimentare il suo proprio mistero. Saremo i primi acquirenti della sua improbabile autobiografia, ma già in questo libro si è capito molto.

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