Roberto Bettega vittima di Calciopoli

28 Dicembre 2020 di Stefano Olivari

Roberto Bettega ha appena compiuto 70 anni e nel celebrare la sua carriera di calciatore spesso ci dimentica, nel suo come in altri casi eccellenti, che le statistiche degli attaccanti che hanno giocato prima degli anni Novanta sono tutte da asteriscare: troppo diverse le regole e le tutele, troppo indietro la medicina ed il doping. Con le tecniche chirurgiche di oggi uno dei più grandi campioni nella storia della Juventus avrebbe fatto parte dei 22 del Mondiale 1982, ma soprattutto nel calcio di oggi in 482 partite con la maglia bianconera avrebbe segnato ben più di 179 gol. Asterisco nell’asterisco: Bettega in carriera ha tirato pochissimi rigori e non perché alla Juventus anni Settanta non li concedessero.

Ma ovviamente non volevamo parlare di calcio giocato, bensì del Bettega dirigente, quello della Triade che veniva tenuto all’oscuro delle cose più sporche da Moggi e Giraudo e non certo perché volessero proteggerlo. Un po’ più di un tagliatore di nastri, il Bettega vicepresidente 1994-2006, ma molto meno di un dirigente vero nonostante avesse la cultura e l’esperienza per farlo. Uomo di Umberto Agnelli come pochi, infatti fu lui il primo ad esporsi per silurare pubblicamente Boniperti, Bettega ha avuto un parabola curiosa, che ben spiega come Calciopoli sia stata anche una faida familiare (parentesi: con puntate ancora da scrivere) all’interno del mondo Agnelli.

Dopo le condanne del 2006, che non lo riguardarono, e la retrocessione della Juventus in Serie B lui rimase infatti in bianconero come consulente, con il pallino passato a John Elkann. Era la Juventus di Cobolli Gigli e di Blanc, che riconquistata la Serie A salutò la sua bandiera, ritenuta troppo ingombrante e comunque troppo legata all’altro ramo importante della famiglia. Due anni e mezzo a masticare amaro per essere poi richiamato, nel dicembre 2009, proprio da Blanc, con la carica di vicedirettore generale ma di fatto come uomo-mercato, insomma come Moggi ma dall’aspetto presentabile. Bettega accettò con entusiasmo, facendo piani a lungo termine.

Allenatore era il disastroso Ciro Ferrara, ma la squadra era già da corsa: Buffon, Chiellini, Marchisio, Felipe Melo, i declinanti Camoranesi, Del Piero, Trezeguet, il ritornato Cannavaro, l’ottima classe media di Amauri, Diego e Poulsen. Insomma, una squadra che valeva più del settimo posto a cui l’avrebbero portata Ferrara e poi Zaccheroni, a gennaio scelto proprio da Bettega. Il quale visse mesi difficili, segnati anche dalla squalifica di un mese per avere insultato un arbitro nel sottopassaggio, prima di essere giubilato in estate dal neo-arrivato Andrea Agnelli, che aveva visto come una specie di tradimento il suo essersi messo a disposizione della Juventus versione Elkann.

Sostituito non nella carica ma nella sostanza da Beppe Marotta, da più di 10 anni Bettega è una specie di Innominato nel mondo agnelloide, per motivi diversi accantonato da tutti i rami della famiglia. Aveva tutto per essere il Boniperti 2.0, ma gli incastri della storia non hanno funzionato. Roberto Bettega vittima di Calciopoli? In un certo senso sì, anche lui. Di sicuro non sorprende che, con qualche eccezione, i suoi 70 anni siano stati dimenticati o ridotti a trafiletto da chi di solito dedica paginate al 57esimo compleanno di Giginho o all’onomastico di Margheritoni. Non volevamo poi credere all’amico juventino che ci ha detto che sul sito ufficiale della Juventus non ci sono nemmeno due righe di auguri per Bettega, però abbiamo controllato ed in effetti non le abbiamo trovate. Sondaggio: vincono perché sono cattivi o sono cattivi perché vincono?

Share this article