Rivolta d’Haddaway

27 Novembre 2007 di Stefano Troilo

L’unico che ebbe il coraggio di presentarsi con una canzone disimpegnata nella stagione ’92-’93 (quella dopo gli Europei in cui non ci qualificammo, per capirci) fu Alexander Nestor Haddaway, più semplicemente Haddaway. Al Festivalbar spiazzò tutti con un pezzo d’amore facile facile, tant’è che si chiamava “What is love”. Piacque molto allo staff di Vittorio Salvetti, al punto da diventare il promo ufficiale del Festivalbar che Italia 1 faceva girare a tutte le ore. Del resto nei primi anni Novanta si vedeva ancora la musica nella tv generalista. E i programmi per ragazzi, come “Big” di Raiuno e “Twin clips” di Italia 1 (con Federica Panicucci in versione long-hair), alternavano i videoclip ai cartoni animati con buona pace della mitica Videomusic. Meno canali per tutti, più canzoni per tutti.
L’Italia di Tangentopoli, prima-seconda Repubblica e così via, rischiava invece di non qualificarsi per il “Club 92”. Gli artisti del mainstream s’erano scossi, e così venne fuori roba tipo “Radio Baccano” di Gianna Nannini & Jovanotti (memorabile l’attacco “Hai ragione, in prigione!”), nonché gli incazzatissimi ellepì “Terremoto” dei Litfiba e “Gli spari sopra” di Vasco Rossi. E’ per che questo Haddaway, originario di Trinidad e Tobago ma trapiantato in Germania, fu “adottato” dagli italiani: “What is love” alleggerì (e non di poco) l’aria nello Stivale. Secondo Wikipedia il suo successo fu anche maggiore “nei paesi dell’era post-sovietica, dove la sua musica rappresentava la nuova indipendenza acquisita”. Pare che in Estonia ne abbiano fatto una sorta di inno nazionale. Insomma: il trait d’union tra Seconda Repubblica e Perestrojika era Haddaway.
L’enciclopedia libera ricorda anche che “Haddaway è apparso al ‘Comeback reality television show’ in Germania nel 2004, poi in uno show inglese simile, ‘Hit Me Baby One More Time’, nel 2005 e successivamente nella versione americana dello stesso”. Insomma, dopo il Den Harrow naufrago per amore del reality, aridatece Haddaway per tutto il resto.

Stefano Troilo
stefano.troilo@jayculture.com

Share this article