Ritorno a Superbasket

15 Aprile 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal ponte nascosto di via Castelfidardo nella vecchia Milano, vicino al Curierun,  non tanto lontano dal Tombone di San Marco dove una volta c’era un laghetto, per la verità anche un cimitero, dove non senti più il profumo di Naviglio e di Martesana, delle risate di Marcello Fiasconaro che al Tumbun si divertiva davvero. Una fuga da quella che i menestrelli di Sky chiamerebbero Alcatraz come facevano per non dire che un palleggiatore folle si era infilato in bocca alla difesa. Abbiamo sentito il “tranbuffese” anche da Arlington, dovendo ammettere che sotto il cielo televisivo hanno inventato un linguaggio che piace di più alla nuova generazione affascinata dal basket. Tanto di cappello. Ma, potendoselo permettere, dopo aver passato il ponte delle Gabelle di una vita e dell’Incoronazione per nuovi padroni del gioco, siamo scappati via, lasciando Bertomeu, un dirigente nato bene, guida illuminata del grande basket europeo, e il sindaco di Milano Pisapia allacciati nel tango di palazzo Marino. Il mondo nuovo dove c’erano i rappresentanti della società ideale milanese, One Team, calcio, basket, rugby, pallavolo a stringersi mani e spalle che hanno sopportato fatiche immense nella città matrigna con lo sport di base, gente che ha fatto storia come Beppe Bergomi, come l’Adriano Galliani che adesso non perde una partita della sua Olimpia basket.

Via dal palazzo salutando il solito usciere granatiere che  rimpiangeva il Palalido ancora a livello zero. Lo abbiamo dovuto ricordare a Bertomeu e Pisapia che parlavano di torneo giovanile europeo organizzato al “ Lido”, stuzzicati dal bolognese gazzettaro De Schiavi, il più sintonizzato con chi lavora nell’Emporio, che ha scoperto, con l’amarezza che ci accompagna da anni, che la gran Milan non ha  spazi decenti per lo sport al coperto e neppure per l’atletica di base indoor. Proprio sull’arena da dedicare ad Armani piuttosto che a Rubini, insieme non andrebbero d’accordo, (Non si potrebbe? Chi oscurerebbe chi?), tanto per capire come siamo fatti e come si ragiona adesso, ha provato a fare una riflessione Andrea Bosco presentando il suo ultimo libro: adesso che vanno in tantissimi al basket fuori porta, nell’agglomerato di Assago dove si sono impegnati per rendere tortuose tutte le vie di arrivo e di uscita dal Forum, quindi media sui 10.000, cosa servirà un’arena da 5.000 posti?

Va bene che qui  siamo nel paese sadomaso dove se ti offrono una carta per giocare nella prossima eurolega tu rispondi che ti andrebbe bene, ma soltanto se sarà possibile giocare nell’arena che costa meno. Robe de matt. Non diteci che servirà per gli allenamenti. Sarà bello sapere che avranno spazio, ammesso che il palazzo risorga, le società degli sport al coperto che hanno bisogno di un’arena decente e speriamo che in quel progetto si infili un anti Emporio perché siamo sicuri che il dualismo nella grande città tiene in vita tutto e ve lo possono giurare a Bologna come a Livorno, lo ricordiamo pure noi orfani degli “Straccioni” nella Milano che se la godeva quando Rubini e Garbosi, il Principe e Percudani,  Sales, Guerrieri e Peterson fingevano di non volersi bene.

Ma torniamo in via Castelfidardo dove abbiamo scoperto che sulla strada esiste un erborista che sa curarti, ma anche spennarti. Ora aspettiamo fiduciosi di scoprire se è sciatalgia o anca sbilenca prima di arrenderci, solidali con il senatore Bradley che adesso è diventato fratello in tutto e per tutto del paziente Sandro Gamba che lo sopportava e supportava nella secondaria del Lido, per le strade della vecchia Milano, facendosi operare pure lui all’anca come segnala la vedetta numero diciotto della “grande mela”, Arturo Kenney.

Il rifugio in fondo a via san Marco è quello della splendida cucina creativa del Daniel dove “O giganton” Dallera ha indirizzato il Franco Arese che  voleva festeggiare i suoi settant’anni, da ex campione, forse anche da ex presidente, sicuramente da redivivo dopo una battaglia con mali misteriosi che si presentano senza essere invitati, con i non molti sopravvissuti alle sue grandi imprese nell’atletica, quando faceva record dagli 800 ai 10.000, quando esplorava persino la maratona, quando andava per il mondo insieme a Tino Bianco, il più geniale degli scapigliati nella storia atletica dei  tempi d’oro, quella governata da gente straordinaria, quelli della sterlina che il diabolico Stassano infilava nel taschino del campione, quelli del Primo Nebiolo che si era inventato un mondo dove una volta c’era una provincia.

Abbracci fraterni, strada di fuga dalla rabbia per la fasulla partita delle stelle che ogni anni ci inganna. Un momento di riflessione ricordando anche i tanti giganti che ci hanno lasciato, ascoltando Franco Arese nella confessione che dovrebbe essere incisa sulla porta di ogni società: ”Non esistono limiti, battaglie che non puoi vincere se parti dall’idea che la cosa più importante è allenarsi, ma non per battere il compagno di tapasciate, ma per andare contro i più forti, vivendo e faticando come loro, senza pensare che la  cosa più importante è sempre rimasta a casa”.

Fra i quindici del Daniel l’immensità di Livio Berruti con protesi al ginocchio, uno che quando si sente chiedere della salute ti fa felice: “Quando sono in un ristorante sto sempre molto bene…”, la grandezza del Carlino Monti classe 1920 ancora prodigioso nel ricordo, nella memoria come del resto il colonnello Loriga che ti terrebbe sveglio una notte con i suoi racconti meravigliosi, anche se sempre confezionati per far capire chi erano i buoni e i cattivi e da che parte avresti potuto trovare lui. Felici di aver ritrovato il Giorgio Cimbrico che è in questo momento lo scrittore di atletica, ma non soltanto, più affascinante che ci sia, lui che non si è mai arreso ad una protesi dentale, lui che adesso ci farà sudare perché dobbiamo assolutamente trovare in libreria l’ultimo libro che ha scritto su “Gli Implaccabli” del rugby, con la sete di ricerca che lo ha reso fra gli allievi prediletti dell’Augusto Frasca che, ancora, oggi, prova a guidare gli scapestrati attempati aiutati, indirizzati, corretti, ispirati ieri, nei giorni in cui scrivere e parlare di atletica aveva davvero un senso e ti faceva godere essere nella  famiglia.

Ci siamo goduti la libera uscita anche se non c’erano tutti quelli che speravamo di vedere, ma, come ha detto Franco l’oro di Helsinki, le nostre prime lacrime da inviato un po’ per la vittoria stroardinaria del campione di Centallo, ma anche perché  lui ha corso il giorno di Ferragosto, uno dei pochi dove i giornali non escono, ha voluto incontrare chi gli ha detto subito sì e non ha chiesto di vedere l’agenda.

Allora viva noi che c’eravamo e grazie a Maurizio Damilano, il terzo convitato con medaglia olimpica al collo, per aver cercato di risolvere con qualche allungamento il problema dello sciatico che fa urlare di giorno e di notte. La scusa buona per non andare a trovare Massimo Carboni ad Ancona anche per non sentirsi rinfacciare nuovamente quel pranzo straordinario dove, effettivamente, avremmo mangiato anche più di un pollo, di un coniglio, di un pesciolone come lo aveva fatto la sua splendida moglie.

Fuga dal nulla anche se siamo dalla parte di Pianigiani e della sua squadra perché si vede che amano lavorare bene. Ci sono piaciuti quasi tutti gli azzurri di Ancona. Ma siamo lontani dalle cose vere e allora cautela prima delle tromboniadi. Questo Amedeo Della Valle è un gran tipo. Ma sono gli occhi del Fontecchio che più ci hanno aiutato a sopportare la giornata, lo stupore e  la gioia di Mazzola, Cervi, Zerini, dei Gentile mattatori in quella bella trovata che è stata la sfida famigliare dove puntavamo sui Cinciarini, sorpresi, come sempre, dai Vitali, divertiti, come sempre, dai Della Valle ricordando il marchese Carlo quando era la vittima preferita degli arbitri americani per il palming nei giorni dei viaggi dove il basket italiano si è evoluto con Sandro Gamba e Cesare Rubini. Tutto. Giornalisti compresi.

Ma adesso hanno altro a cui pensare e in America, se ci andranno, non porteranno altro che loro stessi, d’altronde la squadra tecnica di Azzurra è super allargata, come richiedono probabilmente i tempi, e poi il Petrucci elettrico ha deciso che il suo basket avrà, finalmente, quella televisione che già serve benissimo il tennis, che già aveva ispirato Porelli quando in Lega avevano comperato tutto, macchinari sofisticati, scoprendo che stavano già perdendo la spinta ideale per la vita in comune. Lo si rivede adesso in questo pantano legaiolo dove troppi sembrano nascondersi, dove mancano informazioni utili per sapere se è venuta finalmente l’ora per l’autodafè generale, per la confessione pubblica su tutto quello che non si  è fatto nello stesso gelo di una normale rivoluzione culturuale. Dire la verità è troppo duro? Minucci è il presidente di tutti o di qualcuno, qualcuno che ha votato Ferdinando adesso ha deciso di nascondersi? Fateci sapere prima di ottobre quando ricomincerà la fiesta sotto il segno degli zorro di Giorgio Armani.

Finale in ghingheri adesso che preghiamo per la pace bolognese sulla riapertura di piazzale Azzarita anche alla Virtus, pur sognando che l’Europa torni a basket city con tutto lo splendore che merita chi ha vinto questo trofeo, chi è stato protagonista.

Dicono dalle catacombe dove spingono i nuovi martiri del basket uscito da Alcatraz che potrebbe rinascere addirittura Superbasket con la direzione dell’instancabile Dan Peterson. Alleluja, anche se speravamo che il tentativo prima diretto da Pedrazzi e poi, dicono, da Luca Corsolini, fosse la fusione di tutti quelli che avevano lavorato alla luce del sole per salvare la testata giordanesca.

Scusate il ritardo, scusateci se non vi parleremo delle “stelle” da stalla americane  sofferte ad Ancona dal povero Crespi e dalla splendida squadra Mens Sana, ma avevamo voglia di aria fresca e siamo con Guerini quando dice che per questa pasquetta cestistica bisogna trovare una formula diversa, considerando che la base organizzativa  ha lavorato comunque bene nella città da cui una squadra di serie A, Montegranaro, ha preferito andarsene lontano per farci capire come stanno davvero le cose che dovranno essere inquadrate dalle telecamere del Circeo.

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