Rimaniamo con Van den Spiegel

10 Ottobre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla fiaccolata sotto la casa dell’amico di Arturo Kenney costretto ogni giorno a guardare sconsolato il fu Palalido di Milano che ora un assessore con grande senso dell’umorismo  sta valutando” a cantieri che sembrano fermi. Da anni, da troppo tempo. Speriamo che ci stiano almeno 5000 persone perché sembra questa è la nuova frontiera di una Lega che cura il contorno e non la sostanza, che ti manda nei matti con un sito rinnovato, quello che dovrebbe giustificare la rinuncia al cartaceo, un viaggio oltre i dieci decimi di capacità visiva e, come dice qualcuno, anche oltre le qualità mnemoniche di un Pico della Mirandola per ricordare l’araldica delle varie società, alcune senza storia. Troppa grazia mettere il nome. Riconoscete le squadre dai loro simboli ed è una caccia che tira fuori dai malcapitati tutto quello che hanno imparato nelle peggiori bettole di Caracas.

Lamentarsi della generazione hipster è un segno di vecchia debolezza, sussurrano i serbiss del nuovo sistema. Più parlate male di noi e più ci convincete che stiamo andando nella direzione giusta. Le generazioni future, dicono loro, sempre loro, saranno grate a chi farà arrivare una Coca in curva se troveranno il pulsante giusto per svegliare il cameriere di turno. Vi saranno grate se davvero farete cose per il progresso del movimento, del sistema perché non bisogna dimenticare che nei pochi posti dove ci sono megaschermi, Assago, ad esempio, viene oscurata l’immagine dell’azione riveduta al rallentatore. Dicono che non abbiamo ancora un pubblico maturo, che non bisogna aggravare il rapporto con arbitri che hanno tali e tanti difetti da non doverli sovraccaricare con altre angosce. Soprattutto adesso con la confusione creata dalla morsa regolamentare sul famoso fallo tattico, antisportivi a catena che diventeranno capestri quando si smetterà di raccontare bugie su come sono state fatte certe squadre chiedendo tempo per amalgamarle, nella speranza di trovare quel presidente come nel calcio che arriva in spogliatoio e ti chiede quanto costa questo amalgama.

Nei canti dall’eremo gente come Cappellari, Buzzavo, Acciari, si diverte moltissimo a pensare come affronterebbe le situazioni di oggi uno come Gianluigi Porelli. Sulla Lega a Milano urlerebbe cento volte “non passa”. Sulla ricerca degli uomini per governare davvero, per ritrovare una strada chiederebbe soltanto un piano e delle prove. Ma non per sentirsi dire che il piano c’è. Lui li aspetterebbe al varco, mese dopo mese. Avete prodotto, cambiato, rinnovato? Allora andate avanti. Se non è così siete fuori e andate in altri villaggi a vendere la stessa bottiglia di acqua miracolosa.

Andava tutto bene nell’età dell’oro televisivo? Magari no, però il concetto di Lega aveva un senso, ma tutto aveva un senso differente prima che ci si accorgesse che con la Bosman avevano cambiato le regole del gioco, prima che i peggiori rinunciassero ai vivai e i pigri si mettessero nelle mani degli agenti. Certo siamo alla rivoluzione e Wanda Nara, dopo aver fatto entrare nella casa del suo Icardi interista tanti milioni, mandando alla neuro chi pensava di rimandare tutto a domani, ha indicato una strada che ora potrebbe anche far tremare chi sa come far venire mal di pancia ad un giocatore. Se le mogli diventano agenti come farà poi De Laurentiis a dire che sono il cancro del sistema? Teoria che ci trova quasi d’accordo, anche se fare di ogni erba un fascio è un errore grave, come quello dei bavosi da sito, dei piccoli che giudicano gli altri sul loro modesto valore morale, confondendo le cose, convinti che non si possa scrivere la verità se hai mangiato una volta ad un tavolo e un’altra su un tappeto volante. Certo ci sono da rivedere parecchie cose, ma sul giocatore azienda uninominale è troppo tardi per intervenire. Alzi la mano chi, dirigente, allenatore, compagno di squadra, non si è sentito investito dal clan degli esploratori che sanno trovare sempre una scusa per il loro caro. Per questo le formule sei italiani più sei stranieri fanno soltanto gongolare quelli che ridono per le sventure e ne conosciamo tanti, magari sventure provocate da loro stessi.

No, l’avvocatone Porelli a questa Lega non avrebbe dato il consenso, mentre si sarebbe messo curiosamente alla finestra della Lega europea fondata e inventata da lui, da Portela, da chi era stanco della dittatura FIBA, per la nuova presidenza del Tomas van den Spiegel, il pivottone di Gand, cresciuto ad Ostenda, che in Italia abbiamo visto alla Fortitudo, a Roma e, per 5 partite, persino a Milano. Certo da critici, ma cercando di capire questo nuovo dirigente nato nel Belgio senza squadre importanti. ma che era uno dei posti preferiti dalla vecchia FIBA per finali di coppe nelle stalle, siamo curiosi di capire come lavorerà uno che ha conosciuto l’eurolega vincendola con il CSKA, siamo in attesa di vedere come condurrà la battaglia insieme a Bertomeu per tenere a distanza chi vorrebbe la più bella manifestazione di basket del Vecchio Continente.

Certo sono i giorni di gloria Fortitudo e questo al caro Toquemada principe del fittone piaceva e non piaceva, ma ne era sempre stimolato: un ex che vince toglie ricordi e depressioni, anche se il Bianchi che dirige la nostra Lega, quando si è fatto da parte nella corsa alla presidenza Uleb ha pensato che non sarà un viaggio facile in mezzo ad avvocati e tribunali, anche se la speranza è che non finisca tutto con sentenze tipo la Bosman che hanno stravolto il sistema di reclutamento pur garantendo lavoratori che avevano il diritto di fare quella battaglia, anche se per farli diventare professionisti molti altri hanno combattuto e spesso soltanto per garantire maglie e palloni alle loro società.

Certo a chi considerava piazza Azzarita il teatro ideale per un basket moderno, peccato non ci siano più posti a disposizione, deve aver provocato un fremito sapere che questa volta è stata la Fortitudo a chiudere e bloccare gli abbonamenti, per mancanza di spazio per accontentare tutti, come accadeva un tempo alla Virtus quando si bivaccava per arrivare a riavere l’abbonamento. Succede in A2 e anche al piano di sopra non è andata male, però fa più impressione questa seconda Lega che ha vivacità e tante società storiche costrette a vivere nella strettoia di una formula che allunga il brodo per dare, alla fine, solo un piatto di zuppa. Comunque questo fermento fa ben sperare, se si arriverà alla regola dei campi con capienza minima dei 5000 posti ritorneremo ai grandi esodi che un tempo toccarono a Cantù, come oggi del resto, a Treviso, Venezia.

Peccato che a SKY, dove hanno sfondato il muro delle mille ore dedicate al basket, porca miseria ma chi erano quelli che non tanto tempo fa sotto quel cielo dicevano che il basket era un piccolo mondo facile anche da abbandonare, ci pensino ancora un po’ prima di annunciare questo matrimonio. Se alla Rai ragionassero, se le altre televisioni ci pensassero, scoprirebbero che questo campionato di A2 ha un potenziale enorme, città importanti, giocatori italiani da proporre. Speriamo che facciano in fretta, ci piacerebbe vedere i derby di questa stagione, le sfide fra città dove hanno vinto scudetti, coppe, fatto finali europee e conquistato trofei.

Comincia l’eurolega. Un campionato come l’Europa non aveva mai visto. Trenta giornate per divertirsi davvero prima dei play off per le migliori otto. Peccato che l’Italia abbia in campo soltanto l’Emporio Armani. Una seconda squadra ci sarebbe stata benissimo. Vedremo come se la caveranno gli uomini di Repesa che ha il diritto di sentirsi ottimista, ma anche quello di essere preoccupato. Milano ha chiarito, dopo tanta confusione, bullaggine, che le squadre vere si fanno con un principio: tutti importanti, nessuno indispensabile. E già, direte voi, allora il Jordan, il Kobe Mamba Bryant, il Le Bron, lo stesso Meneghin a Varese e Milano. Leggete bene quelle pagine. Da indispensabili non avrebbero vinto tanto, considerando gli altri, facendosi aiutare dagli altri sono arrivati alla loro gloria per sempre. Ora per Repesa il monte Ida da scalare si chiama viaggio nella nebbia fra gelosie ed ignoranza. Capita che ci siano ricadute in soggetti malconsigliati. Se vincerà fuori campo non avrà problemi sul legno duro. Altrimenti? Be’, allora si tornerebbe al discorso che piace di più ai meno coraggiosi: se fai giocare tutti nel ruolo che valorizza un giocatore non ci saranno diserzioni. Comodo, ma se ami più la squadra dei singoli allora ti renderai conto che, come diceva Dino Meneghin ai suoi allenatori, non importa quanti punti farò, quante palle potrò giocare, l’unica cosa che conta è vincere.

Pagelle tanto per fare il fiato, per capire davvero serve almeno un girone di andata:

10 A Dada PASCOLO perché dovunque vada trova sempre gente pronta ad ammettere che non pensava di trovarlo a quel livello. Resta soltanto la Nazionale come bosco inesplorato davvero da questo giocatore che rappresenta il mondo come dovrebbe essere: avanti chi ha testa e coraggio.

9 A SERAGNOLI che manca al basket, ma che non può dire di aver seminato male negli anni in cui la sua Fortitudo contendeva scudetti alle grandi del tempo. Van der Spiegel presidente dell’ULEB, la passione in città, la carriera di Djordjevic, Esposito, Myers, Scariolo, dei tanti che hanno vestito la maglia con la effe, questa eredità avuta da grandi dirigenti e lasciata nella disperazione rappresenta pur sempre per lui un lavoro ben fatto.

8 A SONDRIO se davvero il palazzo dello sport della città valtellinese sarà dedicato a Diego Pini che per il basket locale, ma soprattutto per quello nazionale, ha fatto cose straordinarie. I dirigenti di oggi lo sanno bene, da Petrucci in giù: questi sono gli uomini da onorare nel tempo e non perché ogni tanto ti portavano in baita a mangiare.

7 Al PALA AZZARITA, MADISON bolognese per come ha accolto Reggio Emilia nella prima delle due trasferte obbligate mentre cercano di far diventare meno spelonca il Pala Bigi. Dovrebbe essere questo il mondo in cui far giocare le nostre squadre di serie A, pazienza se adesso al posto dell’organo usano la musica tormento.

6 A MENETTI, ESPOSITO, BUSCAGLIA, DIANA, VITUCCI per aver trovato una strada anche se restano i problemi con squadre che ancora sembrano incomplete. A PASQUINI e SACCHETTI, ieri e oggi di Sassari, oggi e domani di Sassari e Brindisi, perché c’è del buono nel loro progetto.

5 A SKY e RAI se non faranno niente per darci in diretta le partite del campionato di A2. Dovrebbero tenerci in tanti, cominciando dalla Federazione se vuole davvero veder riconosciuto il patrimonio che ora sembra sommerso nell’antimateria.

4 A RIMINI, FIRENZE e BOLOGNA perché la loro legittima candidatura per organizzare le finali di coppa Italia ci fa venire il rimorso sapendo che dove abbiamo i campi più belli non abbiamo le squadre per una serie A, al gruppo aggiungeremmo anche Livorno.

3 A SAN ANTONIO se dovesse davvero impedire ad Ettore Messina di prendersi la sua rivincita. Ne ha bisogno, ne abbiamo bisogno. Ci sono cose che vanno chiarite sul campo e in spogliatoio, vietato vietargli di dirlo in faccia a certi giocatori ominicchi.

2 Alla MILANO di pallavolo che a Monza fa più spettatori di molte squadre di serie A nel nostro basket, che si batte e non si lamenta. Ci fa diventare invidiosi.

1 Alle MULTE per docce fredde che qualificano questo piccolo mondo antico, ci dicono dove cadono certi asini.

0 Al FALLO INTENZIONALE come incubo per la nuova stagione. Possibile che nella riunione fra arbitri, capitani e allenatori non sia stata fatta chiarezza. Possibile che dopo l’incontro non sia stato riferito a tutti quello che era stato spiegato? Possibile viste certe facce, certe scene, ma anche gli arbitri si facciano un esamino perché l’intenzionale non è come il fischio sull’infrazione di passi che ci servite come i grissini su una tavola, tanto per far sapere che il coperto si deve pagare.

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