Ricordi di Space Invaders

25 Luglio 2013 di Paolo Morati

Space Invaders

Alzi la mano chi quando era ragazzino non è mai uscito di casa per andare a giocare di nascosto a un arcade in una sala giochi. Si parla di questo e molto altro ne L’invasione degli Space Invaders, un libro scritto nel 1982 dall’autore inglese Martin Amis con introduzione di Steven Spielberg e pubblicato in Italia solo di recente grazie a ISBN Edizioni (traduzione di Federica Aceto). L’idea è di raccontare la prima ondata di un fenomeno (da lì a poco ci sarebbe stata la grande crisi del settore), partendo dall’incontro con Space Invaders, gioco di ambientazione spaziale creato dalla giapponese Taito e capostipite di un genere ormai considerato superato: quello degli sparatutto nella variante a schermata fissa.

Chi ha vissuto in pieno quegli anni non potrà fare a meno di immergersi con la memoria in un passato fatti di suoni, effetti e lunghe partite a caccia dell’ultimo record registrato poi con tre lettere sullo schermo. Tra confessioni in prima persona e testimonianze dirette, il libro è anche una sorta di autoanalisi per spiegare il perché di tanto coinvolgimento e fascino nel battagliare da soli contro decine di alieni disegnati su uno schermo. Il volume presenta però anche un approfondimento sociale del fenomeno, antesignano vista la sua freschezza all’epoca della pubblicazione, che mette al centro la maggiore capacità di preadolescenti ed adolescenti a sconfiggere l’ultima ondata di invasori, così come i fenomeni di dipendenza e gli interventi delle autorità. E poi ancora l’evoluzione dei primi arcade (con relativi consigli per giocare al meglio), lo sbarco delle console e altre alternative ludiche di tipo elettronico, quali i giochi portatili e a cristalli liquidi.

Come accade spesso con libri in grado di creare un effetto nostalgia (non voluto nel 1982, essendo allora un testo di attualità), negli ultra quarantenni (o quasi) la lettura de L’invasione degli Space Invaders può indurre al salto pagina per andare a cercare quell’episodio in cui si ritrovano anche i ricordi personali. Al lettore insomma potrebbe non interessare tanto seguire il filo logico di una storia ma potersi calare al suo interno per riviverla e pensare: “E’ successo anche a me!”. Nel mentre bisogna tenere conto che quando Amis lo pubblicò (aveva già trentatrè anni, e due anni dopo avrebbe scritto il suo romanzo più noto, Money) non poteva immaginare quale evoluzione ci sarebbe stata nell’industria videoludica, per cui certe sue considerazioni vanno contestualizzate e valutate di conseguenza.

Detto questo, L’invasione degli Space Invaders è un libro consigliato almeno a chi quell’epoca l’ha vissuta in pieno e non si è fatto mancare l’insert coin quotidiano in Asteroids, Defender, Pac-Man, Galaxian o Scramble che dir si voglia. Diverse, tra le 194 pagine, le illustrazioni e fotografie che ritraggono i più accaniti videogiocatori insieme alle loro ‘vittime’ oltre che le schermate, seppure in certi casi non del coin-op originale. Certo, leggere che Donkey Kong veniva giudicato da Amis “una porcheria” ci fa comunque un po’ male… e se avesse avuto ragione lui?

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