Retequattro baluardo contro il populismo

13 Settembre 2018 di Stefano Olivari

Seguendo l’altra sera Calenda intervistato da Barbara Palombelli abbiamo pensato che c’era una volta la Retequattro della nostra adorata nonna. Quella delle telenovelas (la sua preferita ‘La donna del mistero’, protagonista Luisa Kuliok, ma non disdegnava Dancin’ Days e Topazio) e dei film datati (l’ultimo visto insieme fu ‘Catene’, con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson), di Patrizia Rossetti e di Dinasty, di Emilio Fede preoccupato per Cocciolone e di Brosio in collegamento dalla fermata del tram davanti al tribunale. Poi ci sono state altre fasi, fino all’era che per comodità potremmo definire populista, con il Del Debbio della situazione in collegamento con piazze piene di gente incazzata contro la microcriminalità, la delocalizzazione, l’immigrazione, le tasse o tutte e quattro le cose insieme.

Finché l’avversario di Berlusconi era la sinistra borghese e imborghesita tutto bene, fino all’amara scoperta che Forza Italia era stata di fatto divorata dalla Lega e che certi toni avevano in parte contribuito anche ad un clima pro Cinque Stelle, cioè la gente più antropologicamente lontana dall’ottantaduenne proprietario di Mediaset. Reduce di suo da un’estate strana e piena di voci, con le poche notizie divertenti tutte di seconda mano (lo stesso interessamento per il Monza è stato riferito da Galliani), la linea politica di chi tira a campare sperando che Salvini si sgonfi quando dall’immigrazione si passerà ad altri temi e una gestione della comunicazione che ricorda quella degli ultimi tempi di Breznev e Andropov.

Ci sembra azzardato sostenere che i successi di Lega e Cinque Stelle, avversati da quasi tutti i giornali e dai canali televisivi con maggiore audience, nascano da una Retequattro che arriva a stento al 4% di share, ma tutto può avere contribuito e da questa considerazione è nata la scelta di rivoluzionare la rete puntando su un’informazione meno hard e su programmi di prima serata senza piazze ma con giornalisti e intrattenitori. Lo stesso Tg4 ha un nuovo direttore, Gerardo Greco, dopo la fine dell’era di Mario Giordano (fra Giordano e Fede c’era stato Giovanni Toti, l’attuale presidente della Liguria), che per toni e argomentazioni non sembra certo un aizzatore di folle.

Andando molto indietro con la memoria, visto che purtroppo lo possiamo fare, viene in mente la Retequattro della disastrosa (finanziariamente) epoca Mondadori, all’inizio degli anni Ottanta, che aveva come direttore nientemeno che Enzo Tortora e fra i collaboratori Biagi, Bocca e Maurizio Costanzo che proprio lì iniziò il Maurizio Costanzo Show dopo la fine dell’esperienza all’Occhio (giornale da rivalutare, bellissimo tentativo di quotidiano pop) in concomitanza con l’uscita del suo nome sulle liste della P2. Un buon canale, che però con poca pubblicità perdeva soldi a valanghe e che nel 1984 fu venduto a Berlusconi per circa 130 miliardi di lire. Quello attuale è quasi un ritorno a qual passato, ma l’Italia a cui ci si rivolge è diversa. Non crede più alla televisione, non crede più in niente.

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