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Calcio

Registi intercambiabili

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2009-05-26

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In ogni convegno sul futuro dell’informazione si dice che il quotidiano del futuro dovrà essere sintetico, evitando informazioni e soprattutto dichiarazioni inutili. Ma questo è purtroppo solo il futuro. Il presente è pieno di frasi di Jonathan Zebina, che dopo l’incredibile impresa del Franchi, con un Siena in ciabatte infradito battuto tre a zero da una Juventus all’inseguimento della Champions, ha spiegato la differenza fra Ferrara e Ranieri. In favore di Ciro il Grande, ovviamente: ”Fer­rara ci ha fatto dei discorsi giusti, che ci hanno caricato. A dire la verità, non ha par­lato molto, ma ha usato le parole chiave, quelle che un giocatore della Juve non si de­ve mai dimenticare. E, stando ad ascoltarlo, si è capito che lui è stato un calciatore, si è vista la differenza con il passato”. Capito? Ranieri (tredici anni da professionista fra Roma, Catanzaro, Catania e Palermo: come difensore meglio di Zebina) non è stato un calciatore e non sapeva dire le parole giuste. Tanto valeva ingaggiare Livio Sgarbi, il motivatore trash del Cervia. Con questo non vogliamo dire che Ranieri sia il migliore allenatore del mondo, ma che una qualunque persona di calcio calata in una società forte vale come qualunque altra: Ferrara come Ranieri come Conte come Lippi come Wenger (dato per aspirante alla panchina bianconera: prova che Jim Morrison è vivo e fa il giornalista). Orlandi avrebbe fatto giocare l’Inter peggio di Mourinho? Poi tutti noi siamo affascinati dall’allenatore-guru, dall’educatore integerrimo che plasma la materia grezza: ma in uno sport professionistico basato su potere di condizionamento, forza, corruzione, abilità e fortuna di spazio per coach Reeves (l’allenatore di ‘The White Shadow’, Time Out nell’Italia Uno del decennio d’oro) non ce n’è tantissimo. Nella critica cinematografica italiana si è convinti che il successo di un film dipenda principalmente dal regista (definito autore se fa parte del giro giusto e le trame sono tristi, con ex brigatisti tormentati o ereditiere in analisi), mentre gli attori sono intercambiabili, lo sceneggiatore un impiegato ed il produttore un ricco scemo che deve ripianare i conti. Ecco, nel calcio funziona un po’ così: peccato che in entrambi i mondi quasi tutto dipenda dal produttore.

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