Ready Player Two, citazioni per americani

18 Agosto 2022 di Stefano Olivari

Ready Player Two è un brutto libro, come spesso accade ai seguiti delle opere di successo, ma diversamente da quanto accaduto con altri brutti libri (vanno abbandonati dopo dieci pagine, senza pietà) ne abbiamo portato a termine la lettura e quindi possiamo parlarne. L’abbiamo preso come un obbligo per nerd della cultura pop anni Ottanta, rispettato con quasi due anni di ritardo rispetto all’uscita. Del resto nello straordinario Player One, base anche di uno dei peggiori film di Spielberg (ne avevamo scritto nel 2018), Ernest Cline aveva già detto tutto su realtà virtuale, isolamento e doppia anima dello sviluppo tecnologico: quella di James Hallyday e quella di Ogden Morrow, i due creatori di OASIS divisi dall’etica e anche da una donna, Kira, non meno importante di loro nella progettazione del sistema.

Si riparte dai protagonisti del primo romanzo: Aech, Shoto ma soprattutto Wade e Samantha. Wade dopo avere ereditato il potere da Halliday è l’uomo più importante del mondo e la sua azienda sta sostituendo OASIS (in pratica una versione estrema del Metaverso) con il più invasivo ONI, strumento che non soltanto permette di vivere una vita virtuale ma prende il controllo della mente dell’utente, con un limite di utilizzo di 12 ore. Tutto il libro verte sulla lotta fra Anorak, avatar con la personalità di Halliday, e i quattro ragazzi, costretti al solito delirio di indovinelli pop per trovare la Sette Schegge e ripristinare l’Anima della Sirena.

Nelle varie avventure, tutte ovviamente nel mondo OASIS ma con ripercussioni su quello reale, immancabile il nerdismo su Tolkien, mentre piuttosto noiosi, prolissi e spesso incomprensibili ad un pubblico non statunitense sono gli altri capitoli, con l’eccezione di quelli incentrati sulla Minneapolis di Prince e sulla Shermer del fenomenale John Hughes nel suo idealizzato Illinois. È la parte che ci è piaciuta di più, non a caso quella con meno citazioni e descrizioni: il regista di Breakfast Club, Sixteen Candles e National Lampoon’s Vacation, oltre che sceneggiatore di tanto altro (da Mamma ho perso l’aereo in giù) ispira Cline e lo fa tornare ai livelli del primo libro, privo di quelle interminabili descrizioni che fanno cadere l’attenzione anche ai più concentrati.

In sostanza si tratta di un libro scritto sapendo già che ne verranno tratti un film e un videogioco: buon per l’autore, male per chi si è annoiato leggendo un romanzo che ha meno anima del primo ed uno stile ancora più sciatto, con una somma di citazioni che sfinisce. Però va detto che a molti giovani, per lo meno a quelli con cui ne abbiamo parlato, Ready Player Two è piaciuto. Questione sempre di gusti, visto che a noi il fantasy non entusiasmava nemmeno a 12 anni: meno verosimile del valzer dei portieri di David Messina, che partiva da Giovanni Galli che sostituiva Zoff alla Juventus, e molto meno divertente.

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