La Varese di Giancarlo Gualco

12 Marzo 2014 di Oscar Eleni

Caro direttore, ti scrive Oscar Eleni dal Sacromonte dove avrebbe voluto portarmi tante volte  a pregare, pur sapendo che non avevo religioni da onorare, Giancarlo Gualco, il cavaliere felice che adesso ci ha lasciato, l’uomo che sicuramente avrebbe saputo consigliare il suo allievo Cecco Vescovi per portare fuori dalla palude delle gelosie, dell’incompetenza, questa Varese che sta malissimo. Piangiamo un compagno di tante storie cestistiche che hanno fatto la storia del basket nazionale, di un dirigente, ex giocatore di talento anche con il suo mignolo che non stava mai nel posto giusto per un incidente di gioco, che è stato fondamentale nell’età dell’oro varesina. Prima con i Borghi, con Tedeschi, poi con i Bulgheroni. Lui avrebbe indicato la strada giusta per far ritrovare alla Pallacanestro Varese la luce perduta anche dopo la felice intuizione del “consorzio” dove devi entrare se ci credi, non se hai soltanto il potere di far buttare a mare un allenatore, sapendo bene che la squadra che era stata costruita per Vitucci non poteva essere allenata con la stessa fede dall’architetto Frates.

Ciao amico Gualco, un abbraccio al tuo figliolo Maurizio che è stato vicino ad essere una stella anche se era nato nel periodo in cui un giovane talento a Varese si portava sulle spalle la storia infinita dei campioni che avevano partecipato all’epopea della grande  Varese. Te ne vai adesso che in molti, troppi, stanno saltando sul carro dell’Emporio Armani che è uno squadrone costruito bene, per merito del portafoglio del grande principe dei creativi, ma che sta diventando squadra soltanto perché l’allenatore che hanno finalmente scelto bene ha lavorato per convincere i suoi professionisti che non erano la diciassettesima azienda del gruppo, ma una società sportiva dove si può arrivare al risultato nella sofferenza, non negli stage per far vendere occhiali.

Caro Giancarlo, ci lasci adesso che chi assalta il potere si confonde. Pensiamo a Sassari appena esclusa dalla coppa europea per aver perduto contro i tedeschi dell’Alba Berlino, perché non serve avere una maglia sotto la camicia, come dice Sacchetti facendoci gli auguri, ma ci vuole una sostanza diversa per cambiare l’atteggiamento difensivo dei suoi artisti. Il geniale Sardara si è fatto venire in mente che l’isola avrebbe bisogno di una Dinamo bis, ma c’è già chi teme una fagocitazione del progetto da parte del capoluogo Cagliari che in passato è stato la vera luce del basket in Sardegna.

Amatissimo Gualco che sapevi parlare a tutti i tuoi campioni, ma anche ai ragazzi del gruppo come il Salvaneschi che dormì con la grande coppa sotto il cuscino la notte delle vittoria europea con un grande Rizzi e con Meneghin fratturato. In tanti cercano di  capire come facevi ad essere così abile, un pensiero che dovrebbe aiutare quelli di Bologna dove Villalta, uno che sa quello che fa e come si deve fare. si trova  a dover combattere persino con quelli che adesso considerano un fallimento la gestione tecnica negli acquisti dell’Arrigoni che ha fatto sempre benissimo e che a inizio stagione, quando la Virtus vinceva, veniva ancora considerato un mago.

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