Quinzi doveva perdere

8 Luglio 2013 di Stefano Olivari

Gianluigi Quinzi non doveva permettersi di vincere il torneo juniores di Wimbledon, perché l’unico italiano ad esserci riuscito era stato Diego Nargiso nel 1987 (finaliste Silvana Lazzarino, parliamo del pre Lea Pericoli, e Rita Grande che adesso commenta per Supertennis) e primeggiare fra gli Under 18 (anche da diciassettenne, quale Quinzi è) non assicura una luminosa carriera da adulti. Senza ironia, questo è stato il commento medio del leggendario popolo della rete. Come se invece non vincerli, i tornei juniores, assicurasse un grande futuro in virtù di una fantomatica ‘fame’ conservata per le grandi occasioni. Per Quinzi, che magari fra tre anni avrà aperto un chiringuito e odierà il tennis, ci si è insomma inventati la categoria della ‘sconfitta che fa morale’ quando secoli di buone letture ci hanno insegnato che a fare morale dovrebbe essere la vittoria (o almeno un punto). Detto che con l’albo d’oro di Wimbledon juniores si può dimostrare ogni tesi (da una parte Borg, Lendl, Edberg e Federer; dall’altra Whitehouse, Velez, Mutis e Valent; in mezzo con tendenza verso l’alto Melzer, Monfils, Enqvist, eccetera), il tennis attuale per motivi fisici ma anche finanziari permette di emergere non prima dei 21 anni. Sul sito dell’Atp non abbiamo trovato la classifica per età, ma a occhio non c’è un solo Under 20 fra i primi 100 del ranking e l’unico presente della classe 1992 è il discontinuo Bernard Tomic. Quanto a Quinzi, il suo gioco è in continua evoluzione: al già ottimo rovescio, sia tagliato che in top, ad un servizio che va e viene ma che può diventare interessante (non fosse altro che per la statura), e ad una concentrazione massima su ogni punto (il suo parlare da solo non è ‘fogniniano’, per intenderci, ma almeno nelle intenzioni automotivante), il ragazzo marchigiano aggiunge una lontananza anche fisica (si allena soprattutto in Argentina, dopo anni a Miami) dall’Italia che dalla Errani in giù è stata più importante della qualità degli allenatori, perché non è che a Porto San Giorgio non sappiano insegnare il diritto o lo smash. Questo per dire che gli anni dai 18 ai 22 cambiano prospettiva a qualsiasi livello, ma non si capisce il motivo per cui uno che batte i migliori del mondo della sua classe di età (e che fra i ’96 è senz’altro il numero 1) non debba essere considerato credibile almeno in prospettiva. E’ vero che Chung, il coreano incontrato in finale, pur essendo coetaneo sembrava il suo fratellino (oltre che… Chang), ma il discorso ribaltato si può fare quando Quinzi incontra ‘bestie’ alla Kyrgios. Insomma, ci si rivede fra tre o quattro stagioni per un punto della situazione. Al di là del fatto che cambieremmo la carriera e la vita di Nargiso con le nostre.

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