Quelli che scoprono Sacchetti alla Bearzot

4 Agosto 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni, disperato per aver dovuto rifiutare una cena con Sara Simeoni che sta facendo benissimo nella trasmissione I signori degli anelli, in esilio nella valle della luna cilena dove se perdi la dentiera non se ne accorge nessuno perché, come dicono alla Nasa, quella desolazione permette di studiare la luna meglio dei Maneskin. Silenzio dove, come cantava Vecchioni che ci ha fatto amare anche la gallina Maddalena capace di sentirsi una faraona, un po’ come il circo mediatico olimpico, questa festa pandemica che rimpolpa palinsesti, fa saltare sul carro chiunque passa. Anche chi, troppi professori nel mucchio, nelle scuole, dal liceo all’alberghiero, ha sempre mandato dietro la lavagna chi faceva sport agonistico.

Niente illusioni, finiti i Giochi vedrete che ritorneranno gli assalti alla diligenza che porta i soldi, un po’ come quei ladri malvagi di Firenze che hanno rubato al nuotatore Zazzeri argento olimpico e ricordi di Tokyo. Per questo eravamo restii a scrivere  su questa Olimpiade, aspettando che almeno si fermassero le bocce. Nel basket, purtroppo, è accaduto ed è stata malvagità burocratica pura, la tortura televisiva (Tg per rane bocca larga, pubblicità  per odiare anche prodotti sani) nel palleggio sporco fra cestisti che le prendevano dalla Francia e pallavolisti che non capivano la sofferenza, fino all’eliminazione, con l’Argentina, dello spietato Lima, figlioccio di Velasco, battuta due volte in preparazione.

Eravamo anche troppo irritati per aver ascoltato chi ci garantiva che nelle 200 ore concesse alla Rai per le Olimpiadi avremmo  potuto risparmiare abbonamenti costosi. Se lo avessimo fatto davvero ci saremmo dovuti affacciare troppe volte al balcone, come in quel film meraviglioso di Lumet, Quinto potere, dove Peter Finch chiedeva alla gente di urlare “Sono incazzato nero e non lo accetto più”. Quante chiamate indignate per quei telegiornali che rubavano momenti speciali, gare, facce, emozioni. Coiti olimpici interrotti per stare dietro alle solite  omelie, alle marce anti vaccinazione, alle sfide per peggiorare, alle faide per danneggiare, ai comizi nelle spiagge dell’evasione in ogni senso.

Dicevamo del basket e facevamo fatica a parlarne nei giorni in cui ci ha lasciato Tino Rodi, il vero grande amico di Cesare Rubini, l’uomo dei sogni, dalla grande fantasia, il padre del collega Stefano che lavora  al settimanale del Curierun, il creativo che lanciò per primo l’idea Bradley per quel Simmenthal che cercava e vinceva la prima coppa campioni italiana. Avevamo il magone come guardando il calendario federale dei cent’anni che ci ricordavamo campioni e amici scomparsi.

Mentre facciamo saltare un tappo per festeggiare l’Olimpiade del nuoto, bravi lo stesso anche in mezzo a tanti guai, onore a Federica Pellegrini  scelta dagli atleti al villaggio per entrare nella commissione del CIO che starà in carica fino a Rio 2028 anche se in giro si nota uno strano ottimismo  sul futuro e la riapertura visto che l’onda nera continua. Dicevamo Pellegrini terza, votata dopo il cestista Pau Gasol, pure lui fuori dai Giochi con la Spagna andata a sbattere sull’iceberg USA, e la ciclista polacca Wloszczowska. Una vittoria in più, ma, come per Jacobs, più che per Tamberi, adesso aspettiamoci i veleni sul privato.

Con il velocista fuoco dalle linee dell’invidia. Lo immaginavano. Quando vinceva Mennea, quando  trovavamo ori meravigliosi, c’era sempre la comitiva  dei cronisti stranieri che faceva faccette e faccine, rompeva su tutto. Adesso i cento controlli antidoping non bastano. Curioso mondo quello degli annusatori di urine e prelevatori di sangue, perché quando trovano un positivo poi vengono messi sotto processo col sospetto di aver truccato le provette per fare del male, mentre se non hanno motivi per punire allora vengono sospettati come insabbiatori ricordando peccati scoperti molto dopo certi trionfi, tipo Armstrong nel ciclismo dove i peccatori sono più o meno come i tanti trovati in tutti gli sport, dai pesi alla stessa atletica.

Certo sono furiosi gli americani che hanno visto la loro velocista favorita sui 100 messa fuori un mese per essersi fatta una canna, ma intanto dovrebbero chiedersi che fine hanno fatto certi lampi dei Trials. Divertente anche l’elogio della pista fatta ad Alba, da un’azienda super che collabora col CIO dal 1976, Montreal, doppietta di Juantorena uomo cavallo, per far capire che un aiutino c’era. Gli altri, si sa, correvano sulla carbonella. Sulle scarpe poi, senza negare che le Maxfly diano sicuri vantaggi, dovevano pur sapere che le usano quasi tutti e chi non lo fa con un’azienda spera che quella che gli ha fatto il contratto abbia trovato il segreto di quelli del baffo-lampo. Va bene, veleni che ci teniamo dentro aspettando la cerimonia di chiusura mentre aumentano i contagiati anche fra gli atleti al villaggio che certo vengono controllati ogni minuto.

Basket ai saluti con onore delle armi. Era una squadra bonsai, lo sapevamo, pensavamo addirittura che rimanesse a casa anche da questa Olimpiade postdatata. Ci ha sorpreso e mandato a quel paese eliminando i bulli della Serbia. Poi ci eravamo nascosti dietro al grande sport in parata per non far capire che temevamo uno zero su tre a Saitama. Invece i bonsai, non sempre aiutati come sognavamo dal Gallinari che è certo il più forte di tutti, hanno battuto in rimonta i tedeschi, si sono fermati alla fine davanti ai colossi australiani che ora misureranno gli Stati Uniti che  cercano di convertire solisti esagerati, hanno rimandato a casa la Nigeria dove Udoh, nuovo acquisto dei campioni d’Italia della Virtus, uno che in eurolega ha fatto cose stupende, vincendo anche premi individuali, non è entrato contro gli azzurri e il suo nuovo compagno Pajola, dopo lo 0 in gara uno e il 2 nella seconda partita. Per noi la loro medaglia era già vinta e non perché ce lo dicono i capibastone, gli stessi che dopo averlo messo alla porta per i prossimi europei ora  parlano di Sacchetti come del nuovo Bearzot fra i cesti. Legare l’asino dove vuole il padrone e pagelle per Azzurra bonsai uscita dai Giochi, tenendoci i voti olimpici per la fine dove certo Velasco o la Simeoni saranno ricordati perché hanno dentro qualcosa, perché sanno dire qualcosa.

Dunque ITALIA: come squadra un sette più per lo svolgimento del tema olimpico, un bel nove per il contenuto del lavoro fatto.

SPISSU s.v: il nuovo giocatore di Malaga, mai pensavamo che lasciasse la sua Sardegna, era davvero il più bonsai del gruppo, un solo attimo in quintetto con l’Australia.

MANNION 8: Viva l’elfo ventenne che ci ha dato brividi, un leone anche quando graffiava se stesso.

TONUT 7: Stagione pesante da MVP italiano nel campionato, stagione dura a livello olimpico. Le sue gambe turbo hanno trovato spesso guard rail che lo hanno fatto rimbalzare e il tiro non è ancora di alto livello internazionale.

GALLINARI 7.5: Era il re dei Magi che ci dovevano portare oro e mirra, dando un senso all’incenso. Il ginocchio, gli avversari che lo triplicavano. Non è andata come sognava a parte il recupero da meno 14 sulla Francia degli omoni gazzella. Ha fatto bene la sua parte, ma la faccia e il corpo hanno detto subito che non era il vero Gallo da combattimento.

MELLI 7.5: Dieci al capitano, nove all’uomo che si è sacrificato per tutti, ma questi anni in panchina NBA gli hanno tolto certezze al tiro, poi là sotto era davvero vaso di coccio fra pivot di ferro.

FONTECCHIO 9: Chiedergli di più, soprattutto noi italiani che non abbiamo fatto una piega quando ha cercato davvero se stesso in Germania,  quasi convinti che Virtus, con motivi economici chiari, e Milano, dove Erode ha sempre trovato amici in società, che lo avevano messo alla porta forse non avevano torto. Felici di aver sbagliato anche se non gli chiederanno scusa visto che da Berlino è andato in Baskonia invece di tornare in Italia.

TESSITORI s.v: Anche per lui, come per Spissu, altezza dell’asticella troppo alta, anche se era l’unico pivot nella cesta.

RICCI 7: Sfruttato poco, ma una presenza che si è sentita. Milano con lui e Melli ha una coppia sana, speriamo anche rispettata.

MORASCHINI 6.5: Abituato al gregariato ha ubbidito tacendo anche troppo in attacco.

VITALI 7.5: Nei momenti in cui gli hanno chiesto di pensare e agire si è fatto trovare pronto. Meglio in difesa di come lo ricordavamo prima dell’esilio dorato da cui lo ha fatto rientrare giustamente la Reyer che userà bene il suo tiro.

POLONARA 8.5: Grande presenza, coguaro al servizio della comunità, ha fatto molte cose bene e qualcosa che ancora ricorda i suoi peccati italiani quando voleva soltanto applausi e magari rientrava in ritardo per dare una mano alla difesa. Fra i baschi è cambiato, ora andrà al Fenerbahce con Djordjevic. La sua e la nostra fortuna pensando all’europeo con girone a Milano.

PAJOLA 9: Ventun anni, le mani di Arsenio, più ruvide di quelle del D’Antoni milanese, ma artigli che hanno mandato in corto tantissimi avversari anche famosi. Bella faccia, bella grinta, bella persona anche senza tatuaggi.

SACCHETTI: Caro Romeo si dia lei il voto, noi staremmo fra il 9 e il 10, ma certo lui si darà di meno, perché ha perduto nei quarti, perché è uno che conosce la vita, sa quanto possono essere riconoscenti quelli per cui giochi, lavori, cominciando dalla liquidazione di Sassari, sa quanto è stato criticato il suo peccato di gola lasciando la famiglia di Cremona per la Fortitudo che poi lo ha messo alla porta. In federazione, lo saprà di sicuro, c’era il circolo magico che lo voleva fuori anche prima delle Olimpiadi, salvo poi pentimenti pubblici da gallina Maddalena. Ora si riposi e pensi all’Italia per l’Europeo sperando che Trainotti, il demiurgo della Trento due volte finalista scudetto, nuovo responsabile  della famiglia azzurra, abbia la stessa fortuna della Slovenia che come centro ha uno  bravissimo della Louisiana che ha confessato candidamente di aver accettato quel passaporto anche se non sapeva neppure dove fosse Lubiana.

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