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Pallacanestro quotidiana

Quel perdente di Kevin Durant

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2012-10-03

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Gli Oklahoma City Thunder hanno tutto, tranne l’anello NBA e un grande mercato. Per il mercato non si può fare niente, visto che Oklahoma City è la trentesima città degli Stati Uniti per popolazione e come stato l’Oklahoma è al ventottesimo posto. Per l’anello invece si può fare tanto, visto che già nello scorso giugno nella finale contro gli Heat un migliore sfruttamento dei lunghi da parte di Westbrook e un Harden almeno sufficiente avrebbero anticipato i tempi. Diciamo subito che per l’intelligenza con cui sono stati costruiti, dal trasferimento-cambio nome da Seattle a oggi, un titolo sarebbe uno spot pro credibilità NBA ben più di un repeat di Miami o di una vittoria dei Lakers. Dal 2007, anno della scelta Durant, ad oggi il record e il rendimento nei playoff sono aumentati con costanza fino ad arrivare al passo più difficile: vincere. Inutile parlare della grandezza di Kevin Durant, il giocatore più importante anche a Londra (anche per la strutturazione dantonian-jugoslava della squadra) e con aperta a quota tre un striscia da capocannoniere NBA che vede davanti a lui (con sette) solo Michael Jordan e Wilt Chamberlain. Parliamo di chi c’è di nuovo, partendo dalla prima scelta (numero 28) Perry Jones III. Il lungo di Baylor valeva una delle primissime chiamate, ma le voci sulla sua salute (con l’immancabile ‘Dai retta a me, non gioca più’, che un allora funzionario del Milan disse a proposito di un Franco Baresi 21enne) lo hanno relegato al rango di scommessa. Ala grande completa, a vederlo a Baylor forse non un guerriero, abbiamo letto (senza vederlo) che ha fatto benissimo nella Summer League di Orlando. Di sicuro è un’alternativa tecnica interessante ai limitati, sia pure ad alto livello, Ibaka, Perkins e Collison. Per non farsi mancare niente sottocanestro, Sam Presti ha ingaggiato al minimo salariale (pur sempre quasi 900mila dollari lordi) l’ex seconda scelta assoluta 2009 Hasheem Thabeet, che magari si costruirà una carriera come specialista (a 2,21 può farcela), e a libro paga sono anche, se non se ne sono liberati in queste ore, Daniel Orton e Cole Aldrich. In pratica i Thunder controllano più centri di tutto il resto della NBA messa insieme… E’ evidente che prima di fine ottobre almeno due saranno accompagnati all’uscita. Facce nuove anche quelle di Andy Rautins, figlio di Leo e classico tiratore bianco da college: una tipologia di giocatore che qualche anno fa avrebbe spopolato in Europa ma che adesso trova qualche estimatore NBA. Da zero a molto può fare l’ala piccola DeAndre Liggins, che di fatto negli ultimi quattro anni ha visto il campo solo nel terzo (l’ultimo dei tre di college a Kentucky), ma che non sembra il giocatore acculturato che piace a Presti e Brooks (a proposito, ha rinnovato fino al 2016). In sintesi, la squadra che ha il maggior potenziale offensivo della lega, con la migliore batteria di lunghi, con la maggiore freschezza (fra quelle al top) e il vantaggio di non avere toccato gli equilibri a livello di quintetto base (vale anche per gli Heat). Sono la squadra che ci piace di più, ma se quest’anno non arriverà l’anello inizierà la litania su Durant grande perdente.

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