Quel Palaverde mezzo vuoto

17 Febbraio 2011 di Claudio Pea

di Claudio Pea
La fede calcistica degli allenatori, la crema di Vacirca, l’amore di Benetton e il profeta Pianigiani.

1. Da Torino con dolcezza affogando in una vasca di cioccolato, nougatine e gianduiotti. Mentre il Montepaschi festeggia la sua terza Coppa Italia e ancora si sgomita per saltare sul carroccio dei plurivincitori, nello stadio lì accanto Alessandro Matri va in gol correndo verso la Filadelfia e Simone Pianigiani esulta un’altra volta. Stavolta per la sua-mia-nostra Juve. Che poi il bel ragazzo che viene dal Cagliari sia fidanzato con Federica Nargi, la ventunenne velina mora di Striscia, dopo essere stato con Costanza Caracciolo, l’altra velina, quella bionda, come lui stesso mi ha confessato sorridendo, non me ne importa un fico secco. Anzi. Beato lui e meglio per lui se s’infrattasse anche con una terza velina, magari dai capelli rossi, come quelli della storica fidanzata di Luca Toni, la modella Marta Cecchetto. In fondo Matri non è il nostro presidente del Consiglio, ma il goleador che mancava alla Juve da un sacco di tempo. Ettore Messina è invece del Milan e Sergio Scariolo è tifosissimo di quella squadra della quale il mio computer corregge sempre il nome con un altro pure di tre sillabe e due vocali. E’ tuttavia assai curioso che gli unici tre allenatori italiani di basket che corrono i Gran Premi d’Europa abbiano nel cuore tre squadre di calcio diverse. Così come non può essere solo un caso che i grandi capi della Banda Osiris siano tutti rossoneri o che pure Andrea Trinchieri stia dalla stessa parte di Tranquillo, Chiabotti e Buffa. Cioè del Diavolo. Sì, proprio dove lui mi ha mandato quando gli ho ingenuamente chiesto: “Scommettiamo che sei del Milan?”. Non avevo dubbi.

2. Ho per questo respinto la domanda regolarmente presentatemi da Gianmaria Vacirca al pranzo offerto dalla Fabi all’Eataly di Torino, dove avrei volentieri bruciato la mia carta di credito, per poter ufficialmente entrare a far parte della famosa banda del basket che un giorno la Wandissima mi spinse ad inventare. Nonostante il direttore generale di Montegranaro abbia cercato invano di corrompermi prendendomi per la gola con una deliziosa crema di legumi della quale ho chiesto il bis estasiato prima dal delizioso profumo e poi dallo straordinario sapore. Ma Vacirca ha poco o nulla in comune con le abitudini e i costumi della Banda Osiris, con cui magari divide le esagerazioni e le manie di grandezza cestistiche: in primis la faccia, che non è proprio quella del pollastrello lesso cresciuto in batteria, ma vissuta di chi piace alle donne e non si nega il bicchiere (in più) di vino rosso. Rinnegando gli hot dog e la Coca Cola degli amici di merende. Ma soprattutto da piccolo Gianmaria non si perdeva un allenamento della Juventus. E per Matri e i fratelli bianconeri va ancora letteralmente fuori di crapa. Come me. Tanto più che la Banda Osiris sta battendo in testa e puzza dalla testa, ha abbandonato il ritrovo sul Lambro e ora va a cena in zona Ticinese, s’è imborghesita e s’abbandona in piccanti love story di cui vi racconterò a breve su questi schermi se Dan Peterson me ne darà il consenso.

3. Ora c’è dell’altro e, purtroppo, dopo il dolce ecco l’amaro. Dalla barchessa di Villa Minelli, poco fuori le porte di Treviso, dove tante volte in passato Gilberto Benetton mi aveva confessato i suoi amori e i suoi crucci per un mondo dei canestri al quale si era molto affezionato e dal quale pensava di aver ricevuto però poco in cambio, ecco l’annuncio che ha lasciato di pietra e sasso, e molti in braghe di tela: la famiglia Benetton abbandona il basket. E pure la pallavolo. Piove sul bagnato e tutto si fa grigio, più del cielo di Ponzano, come lo sguardo che incrocia quello di Gilberto Benetton che spiega: “E’ diventata una passione troppo costosa e infruttuosa”. Ma non è tanto e solo questo. “Mi sono disamorato del basket”, ora riconosce e svela. Mentre tutti abbassano la testa sentendosi colpevoli di chissà mai quali peccati di fede. Nessuno per la verità, ma la fine di ogni impero fa più male al volgo che ai suoi signori, padroni e sceriffi.

4. Parole pesanti come macigni. Che forse erano anche nell’aria: da tempo infatti Gilberto e Lalla, la sua signora, non si vedevano più alle partite. Il caso Lorbek sicuramente l’aveva amareggiato e scosso. Il fedele e ruvido Giorgio Buzzavo si era da un po’ defilato e non ne voleva più sapere. La gente contestava e il Palaverde era spesso mezzo vuoto. Però nessuno l’avrebbe mai immaginato. Perché Treviso a breve organizzerà le finali di EuroCup. Perché Andrea Benetton e Claudio Coldebella avevano puntato su una squadra giovane che guardava fiduciosa al futuro. Perché Repesa era un investimento serio. Perché la Benetton dei cinque scudetti, di Kukoc e Del Negro, del Pero Skansi e del D’Antoni traditore, di Messina e Blatt, di Bargnani e Zisis, non poteva morire in questo modo. Ai piedi del Monte dei Paschi che negli ultimi tempi si è sostituito proprio alla Benetton come modello di società forte, sana, perfetta, invidiata e vincente. Meditate, uomini di poca fede. Meditate, ipocriti e farisei. Meditate voi che ancora andate cercando il Profeta quando lo avete sotto gli occhi e non lo amate come dovreste. Si chiama, vi piaccia o no, Simone Pianigiani. Voi che magari preferite invece idolatrare Andrea Trinchieri. Che è indubbiamente bravo, forse anche bravissimo, ma sempre appartenente ad un’altra categoria, inferiore (per ora) a quella di un allenatore che ha perso appena una delle ultime trentasei partite giocate in Italia. Contro Varese. E contro un tal Taurino che ancora, dell’impresa, si vanta in giro per tutto il Bel Paese.

Claudio Pea

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