Quel bidone di Gallinari

23 Agosto 2018 di Indiscreto

E così Danilo Gallinari ancora una volta ha tirato un bidone alla Nazionale italiana, rinunciando al doppio impegno di qualificazione mondiale con Polonia (14 settembre) e Ungheria (17) perché, a suo dire, i Los Angeles Clippers, non avrebbero gradito questa trasferta europea che lo avrebbe costretto a rinunciare a qualche giorno di preparazione al training camp (che inizia il 24 settembre!). Tutto spiegato da lui stesso attraverso un comunicato alla Gazzetta. Peccato che questo ennesimo bidone tirato alla maglia azzurra sia stato preparato da mesi in cui Gallinari aveva dato la sua disponibilità per questa ‘finestra’, che senz’altro gli avrebbe consentito di prepararsi alla stagione NBA, e che i cattivi Clippers abbiano invece consentito a Teodosic e Marjanovic di aggregarsi alla Serbia. Quanto all’uomo franchigia, cos’è Jokic per i Nuggets? Senza tirare in ballo i soliti Parker e Nowitzki all’apice delle loro carriere e i discorsi assicurativi (la FIP era pronta a tutto) che sono comunque superati dall’intesa FIBA-NBA, è chiaro che nel 2018 la volontà del giocatore è decisiva.

Il bidone finale non era imprevedibile, i Clippers hanno evidentemente brigato per tenere in America un giocatore strapagato (circa 21 milioni e mezzo di dollari a stagione) che l’anno scorso gli ha giocato 21 partite su 82 ed infatti in giugno lo stesso Gallinari aveva anticipato questo scenario a Sacchetti, poi smentendolo e smentendosi perché ancora poche settimane fa si diceva disponibile per Polonia e Ungheria. Ma il ‘Dagli a Gallinari’, che ha fatto una scelta legittima ma gestita in maniera ambigua e sbagliata (tirandosi indietro adesso non può pretendere la convocazione per l’eventuale Mondiale) dopo un’estate in cui lo si è visto in più occasioni promozionali e autopromozionali, come l’NBA Africa Game, dove è stato MVP, non deve far dimenticare che nell’occasione si è comportato malissimo anche Marco Belinelli, anche lui preoccupato che queste due partite gli pregiudicassero l’inizio di preparazione con gli Spurs (sempre il 24 settembre), pur avendo avvertito della sua scelta qualche giorno prima di Gallinari. Forse due settimane in azzurro gli avrebbero fatto disimparare il gioco?

Unico assente NBA giustificabile è Alessandro Gentile, che magari nella NBA vera non ci metterà piede visto che i Rockets non sembrano la squadra ideale per una guardia senza tiro da fuori. Merita comunque a 26 anni di giocarsi le sue residue chance, senza contare che Sacchetti potrebbe battere Polonia e Ungheria con i giocatori a disposizione, fra i quali ci saranno Melli e Datome ma non Hackett, reduce da un affaticamento muscolare a cui il c.t., già dimezzato dal cattivo rapporto con Tanjevic, ha voluto e dovuto credere. Un tratto comune fra Gallinari, Belinelli, Gentile e Hackett, che forse conta poco e che citiamo come curiosità: tutti sono consigliati professionalmente da familiari. Alla fine vale il solito discorso: la maglia azzurra non è un obbligo, a maggior ragione per chi non la sente, ma non deve nemmeno essere uno strumento autopromozionale, quando serve, per giocatori che giocano esattamente la stessa pallacanestro di dieci anni fa, con muscoli e tendini molto più logori. Detto questo, Gallinari è un giocatore forte e il discorso sulla sua bacheca è abbastanza becero (diventerebbe un vincente andando a fare il sesto degli Warriors? Conosciamo italiani che sbavavano per Robert Horry…), ma questi comportamenti da furbetto, in cui facciamo rientrare anche i messaggi d’amore all’Olimpia (dove tornerà quando sarà un catorcio), lo rendono simpatico soltanto a chi anela ad un suo cinque alto.

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