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Economia

Deridendo quelli con l’iPhone

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2017-01-07

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Impossibile di questi tempi sfuggire a un articolo celebrativo per i dieci anni dell’iPhone, presentato il 9 gennaio 2007 da uno Steve Jobs già malato ma ancora molto vivo. Almeno su Indiscreto non ve lo infliggeremo, pur usando un iPhone 5S (senza il bisogno psicologico di passare al 6 o al 7, però) ed essendo, parliamo dei prodotti Apple, pienamente dentro a questo universo autoreferenziale che nerd smanettoni (gente non concepisce l’esistenza di ostacoli, “Tanto basta scaricare quel programma su quel forum coreano: cosa ci vuole?”) considerano per ricchi scemi sempre alla ricerca di una presa elettrica. I ricchi scemi rappresentano circa il 13% del mercato mondiale 2016 degli smartphone (leader è Samsung con il 21), ma è assurdo buttarla sul tecnologico, facendo un confronto con l’ultimo dei Lenovo (nome che ci evoca sempre i Denovo), o sul finanziario, perché tolti i beni di prima necessità il concetto di ‘prezzo giusto’ è una stupidaggine colossale. L’acquisto di quasi tutto è qualcosa di emozionale ed è questa la grande lezione di Jobs, facile da spiegare nel mondo dei tutti professori ma un po’ meno facile da mettere in pratica nella propria azienda. Per quanto riguarda l’iPhone ci piace ricordare di avere avuto, in compagnia di milioni di persone, lo stesso atteggiamento strafottente tenuto nel 1990 nei confronti del cellulare portato alla notorietà da Montezemolo, più LCDM che mai: roba per fighetti, per gente che ha bisogno di sbandierare uno status soprattutto quando questo status non ce l’ha, ma soprattutto un oggetto inutile. Ed in effetti fino ai 29 anni (!) siamo riusciti a vivere e lavorare con il solo telefono fisso, senza nemmeno segreteria telefonica, prima di cedere e poi sbracare. Fino ai 45, poi, ce l’abbiamo fatta senza iPhone e questo ci sembra ancora più incredibile, visto che già avevamo iPad e Mac. Tutto questo per un’azienda che ci è decisamente antipatica, che in America non sblocca gli iPhone dei terroristi (l’FBI è poi giustamente ricorso agli israeliani) ma in Cina si inginocchia di fronte a uno stato totalitario bloccando l’accesso ad alcune app di informazione. Senza contare l’atteggiamento di molti suoi cantori, in casi estremi simile a quello degli appartenenti a una setta. Nemmeno queste tristi figure riescono però a farci dimenticare la verità: cioè che l’iPhone è bello e i suoi concorrenti, anche quelli superiori in termini di prestazioni, un po’ meno.

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