Qualcosa di Spagnolo

22 Febbraio 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni prigioniero delle dee Vedane che sulla sinistra del fiume Olona non ci lasciano fuggire dal dolore per aver perso il Gianni Corsolini capace di far credere a tutti che chi ti ama non ti mente e che due sorrisi che si avvicinano finiscono per baciarsi. Hanno ragione queste protettrici degli abeti ed è inutile preparare le valigie che volevamo portare in Patagonia, nel parco dei ghiacciai, dove ci stava  sicuramente aspettando Gianni Brera per torturarci con il verdetto con cui liquidò l’Italia del basket a Montreal, in un palazzo dove lo avevamo invitato convinti che gli Stati Uniti, niente NBA ma talenti, nelle mani del meraviglioso gentiluomo Dean Smith, avrebbero sofferto contro la bella squadra che aveva portato Giancarlo Primo. Non fu così. Noi come cani bastonati  e lui, il principe della zolla che non ci consolò certo dicendo che la storia insegnava a non fidarsi mai degli italiani.

Spediti dalla macchina del tempo a queste giornate in arancione bisognerebbe concordare. Per la verità  a tradire sono in tanti, di ogni razza e genere. Quando viene la strega con le medaglie che contano molti scappano. Il nostro sci prometteva tanto, non ha avuto quello che forse meritava a parte gli elogi per Cortina e gli organizzatori. Pensate però a quello che è avvenuto intorno a San Siro mentre l’Inter metteva il Milan nella pentola di un diavolo senza denti e diteci se si può riaprire con gente del genere che non crede ai vaccini, figurarsi alal terza ondata. Tre settimane fa era tutto un fiorire di nuove immagini per glorificare Pioli e una capolista inattesa. Appena si sono messi a  parlarne bene, nello stesso momento in cui i rinnovi dei contratti e l’invito a Sanremo per Ibrahimovic hanno stravolto la vita dell’accampamento milanista, avete visto come è andata e neppure Maldini ha potuto arginare la piena dei soliti noti.

Non vorremmo che capitasse la stessa cosa a Tamberi e Larissa Iapichino nei prossimi Euroindoor di atletica se intorno a questi nostri campioni non ci saranno barricate protettive. Avete visto come hanno trattato Tamberi gli “eroi anonimi” dell’insulto in questi giorni. Su Larissa già eravamo agitati per questa meritata vetrina che la coinvolgeva pure nella moda. Figurarsi adesso con il record mondiale under 20 del salto in  lungo tolto alla Drechsler divina prussiana. Proteggeteli insieme a chi  dovrà lavorare tanto insieme a Mei per continuare la semina di Giomi che al momento sta producendo bene e in Europa ci rimette dove avremmo dovuto sempre stare se, con l’acqua sporca, non avessero buttato via quello che era stupore per il mondo non tanto tempo fa, insomma nell’era di Nebiolo, anche se qualcuno finge di non ricordare. I vuoti di memoria di uno sport che, giustamente, non si preoccupa, se ci si dimentica del ministero per lo sport, perché sa benissimo che  per il CONI, ovviamente con i mezzi necessari, non ci saranno problemi a mascherare il finto ministero, senza bisogno che ci ricordino che lo sport è salute, soprattutto quelli che non sanno davvero cosa costa vivere in una vera comunità sportiva.

Vuoti di memoria che non aiutano a capire queste bolle per qualificazioni europee del basket che hanno spalancato le porte a quasi tutti anche se siamo orgogliosi di quanto fatto da Buscaglia con l’Olanda quando ha battuto la Croazia. Felici dell’allargamento che produce consenso politico (immaginiamo male?), vedremo sui campi di Milano, Praga, Tbilisi, Colonia e poi nelle finali a Berlino se l’anno prossimo potremo, come italiani, avere sensazioni migliori di quelle che oggi ci avvicinano al preolimpico in Serbia. A Perm abbiamo mandato il nostro futuro, appesantito da qualche veterano in declino. A Belgrado mischieremo tutto, anche se la cosa non ci tranquillizza per niente, nell’Europeo dovremo cavarcela con quello che passa il convento e qui dovremo pensare a quanto visto nelle due isole di qualificazione. La prima discreta, con uno spirito che ci piaceva, la seconda interessante anche se abbiamo perduto due volte. Interessante non vuol dire che Petrucci può andarsene tranquillo a chiedere attenzione nei giornali dove, da molto tempo, il basket è trattato nelle brevi.

Un po’ come nei giorni dell’addio per Gianni Corsolini, l’ultimo vero samurai, uno che non aveva il potere della sintesi come ha sottolineato Peterson, ma che ascoltavi volentieri, almeno nella prima mezz’ora di telefonata, poi, si sa, cedevi, sicuramente alla prostata, mai alla noia. Gianni uomo della Bologna che mai avrebbe assolto Renato Villalta dimessosi una settimana dopo  essere stato eletto  presidente nel movimento inventato dalle visioni bellissime di Marzorati, un mondo di competenza dove sono stati arruolati tanti  campioni del nostro basket, donne e uomini. Certo un ruolo faticoso,  organizzare voci e pensieri di gente che tornando nelle scuole, nelle società di base, farà finalmente il lavoro che pensavamo spettasse da tempo ad una Federazione illuminata. Lo speravamo nell’anno orribile, lo chiedevamo in tanti. Ci pensa Marzorati, speriamo che l’avvocato Spillare (ricordate il Tadzio della bella Venezia ai tempi in cui Zorzi predicava  e, soprattutto faceva?) non abbia troppe grane da risolvere se il potere dovesse considerare san Pierlo un nemico e il suo movimento un’ala troppo rivoluzionaria, perché insegnare, reclutare, per molti, è rivoluzione e non dovere. Vedremo se questo gruppo diventerà voce vera del movimento. Per adesso  pensano a lavorare. Chi può, chi ha tempo. Auguriamo fortuna a tutti.

Tornando a Gianni, alle notti senza fine nei tornei estivi, vorremmo confessargli che avendogli voluto bene non ci siamo mai offesi se qualche volta ha insinuato sui suoi bellissimi libri che si approfittava pagando meno del previsto, ad esempio, il genio del suo amico Alfredo Broggi, bel giocatore, mani come solo i grandi della musica e del basket, creativo nel dare alle case, anche le catapecchie come la nostra, certo gli veniva meglio con Agnelli. Quel tocco in più era il vero marchio di questo ministro degli  esteri di casa Allievi che aveva convinto la maggioranza degli arbitri a sentirsi sempre in una casa accogliente quando andavano a Cantù.

Piccole grandi cose, ma tutto nella lealtà e nella chiarezza. Lo sapeva di certo. Ci eravamo conosciuti in un giorno freddo dopo una partita finita nella tempesta alla vecchia Parini. Noi apprendisti per Sport Informazioni (vietato ridere direbbe il grande capo redattore Saverio Sardone che ti fulminava con una battuta se pisciavi fuori dal vasetto, perché in quella scuola ci sono passati in tanti, partendo da Beppe Viola), lui il cuore della Cantù che  aspirava alla vera grandezza. Arbitri inseguiti, minacciati. Erano i toscani Corzani e Massai, diventato poi amico vero per la sua passione, quando l’atletica ci consentì il passaggio alla frontiera, per la militanza all’Assi Giglio Rossi del Tosi che si divertiva, quando Mastropasqua lo chiamava sacoccione, spiegando che  in quelle tasche teneva tutto, cominciando dalle anime che in sport difficili hanno bisogno del sostegno continuo. Dunque via da Cantù temendo che sul referto arbitrale ci sarebbe stata la denuncia. Corsolini, dopo una ricerca della redazione, chiamò trafelato, sapendo che in quell’inferno si scrivevano pezzi per i giornali meno ricchi che non avevano inviati: “Non voglio disturbare, ma solo chiarire che ho portato gli arbitri personalmente alla stazione e mi hanno detto che non erano stati colpiti, insomma erano sereni.” Grazie Gianni. Sentenza del giudice: due giornate al campo perché gli arbitri furono presi a calci, percossi.  Questo era lui sul campo, in palestra, nella sede, al lavoro, a Cantù, a Bologna, a Udine, sempre, ottimista sul malessere dell’esistenza, uno a cui scappava una imprecazione  soltanto se vedeva dall’altra parte poca passione, nessuna fede. Per noi una guida, un consigliere, un bel presidente di Lega, un compagno di viaggio che non dimenticheremo mai.

Non chiedeteci pagelle in una settimana senza campionato, ma sulla sperimentale mandata  a Perm, pensando allo squadrone di Primo quinto nei giochi canadesi, diciamo che siamo davvero distanti. Colpa divisa fra tutti, sia chiaro.  In questa bolla diciamo che ci ha colpito Spagnolo perché ha dentro qualcosa di speciale, ci è piaciuta la grinta di Candi, non hanno deluso Akele, Alviti, Baldasso e Bortolani, hanno lavorato  bene come si pensava Spissu e Ricci, almeno fino a gara tre con i macedoni, dove aspettavamo di più da Baldi Rossi e forse anche da Michele Vitali, felici per lo spazio dato giustamente a Procida e Zanotti, ottimisti sui progressi mentali più che tecnici di Tessitori, preoccupati soltanto dell’involuzione di un Della Valle confuso in tutto. Chi porteremmo al preolimpico? Be’, se Gallinari, Melli, Belinelli, Datome saranno disponibili allora cercherei di tenermi i ragazzi che nelle due fasi hanno dimostrato di avere dentro qualcosa che non si misura e non si pesa, perché, se così fosse, in troppi risulterebbero mancanti.

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