Dentro la finanza
Putin, invadici
Italo Muti 03/08/2014
Tutto quello che si conosce a volte cambia, si capovolge e rende lo status quo una linea sottile, invisibile, irreale. I capolavori dell’intelligence, ancora più di quelli della geo-politica, si basano sulla bravura degli attori e sull’insipienza del nemico, che può essere spontanea o prodotta. La caduta del muro di Berlino, per esempio, è stata una delle più belle manovre del KGB, una cortina fumogena che ha fatto prendere tempo per riorganizzarsi, vendendo l’immagine nuova e contrita del politico nuovo Gorbaciov, glasnost e perestroika le parole chiave. L’Occidente cadde nella trappola tesa e bevve a dismisura fino a restarne ebbro, con i risultati che abbiamo visto. La Germania, vero punto cruciale dell’Europa, si riunì e noi, solennemente fregati con i concambi euro dove il mortadella compassato fece la sua parte, ne pagammo il prezzo. Il KGB, adesso democraticamente denominato FSB, aveva piazzato da tempo i suoi agenti di propaganda fra gli elementi autoctoni europei, riuscendo a piazzare veri colpi da maestro come la segretaria di Willy Brandt, che ne decretò la fine politica, o la fucina di Cambridge.
Il caos del blocco sovietico, compresa l’URSS, fu superato con i satrapi petroliferi e l’accordo con la bratva, aumentando l’aspirazione ad un nazionalismo che covava un grande rancore e trovò in Vladimir Putin l’ovvia risposta di un sistema battuto alla cecità e arroganza a stelle e strisce. Il nuovo zar, cresciuto nella sezione del KGB operante nella DDR, ha saputo cogliere perfettamente le discrasie occidentali, sapendo perfettamente quello che vogliono i pupari compassati e pianificando una risposta che ha trovato nel morattismo obamiano la giusta controparte. Gheddafi, Berlusconi e Putin erano i tre non allineati al piano dei simpaticoni dell’otto febbraio. Il primo abbattutto militarmente, e adesso ne vediamo i frutti, specialmente sulle nostre coste, il secondo aggirato con lo spread e la sapiente mano del carrista di Chambèry. Con il terzo sono invece cazzi sapidissimi e forse non è un caso, visto il suo diverso grado di consapevolezza rispetto al colonnello defunto e al presidente di Bonera.
Per prima cosa ha incominciato a negare la propaganda gay in Russia, proseguendo col rendere impossibile le adozioni di bambini russi in paesi dove siano legalizzati i matrimoni e le adozioni omosex: cosa che ha fatto saltare i nervi ai pupari. La distruzione della famiglia in senso tradizionale è uno dei fondamenti della nuova Europa desiderata dalle elìte, curiosamente fra i giornalisti (non che siano elìte, ma credono di farne parte) vige in materia una sorta di pensiero quasi unico. Putin non è certo spinto da motivazioni religiose, semplicemente pensa (con ragione) che una società disgregata sia più facilmente conquistabile da altre culture. Infatti, con la giusta propaganda, è diventato paladino delle tradizioni nazionali, religiose e familiari, che hanno fatto presa in un Occidente gayzzato ma non ancora totalmente destabilizzato, doppiando con dichiarazioni ferme contro l’immigrazione selvaggia, in special modo musulmana. Beslan è ancora una ferita profonda per i russi, anche se l’Occidente ha già dimenticato.
Terzo punto la guerra. Dopo aver perso la Libia, Mosca sulla questione siriana ha detto stop. Ha ingaggiato una dura lotta con gli americani che appoggiano Al Qaeda (!!!) pur di abbattere con motivazioni ridicole Assad, per poi puntare a Teheran. Putin li ha bloccati con forza, armando, sostenendo e calmando il governo siriano, aiutando le popolazione cristiane che vengono massacrate e mandando due unità lanciamissili, la Varyag e la Moscova, più una grande unità antisommergibili davanti alla Siria, agosto 2013, facendo scappare Obama che ha replicato la figuraccia BP del golfo del Messico, con in più l’imprinting del vigliacco. Le mosse putiniane non finiscono qui: appoggia Al Sisi in Egitto lasciando i fratelli musulmani ad Obama, manda caccia militari al governo iraqeno in carica e tesse con Israele sempre più stupefatto dall’inerzia dello estasblishment a stelle e strisce.
Ultimo punto, l’Ucraina. Putin è un razionale e non un emotivo, combatte tutto ciò che minaccia la Russia e i missili Nato sotto casa non sono proprio un segnale di amicizia. Il rovesciamento del governo ucraino con guerriglia urbana dove i cecchini non erano russi ma ribelli, ha aperto la porta all’annessione della Crimea dove è ormeggiata la flotta russa. La guerra fra i filo-Ue e i filo russi sotto il Dnepr, ha acuito i problemi esistenti fino all’abbattimento del jet della Malaysian Air. Una mossa prandelliana che ha di nuovo messo all’indice il dilettantismo del tanned, visto che le scatole nere non si trovano, i satelliti ce li hanno sia i russi che gli americani e che sul luogo ci sono batterie missilistiche ucraine. Che volessero dare un avvertimento allo zar che tornava dal suo tour in America latina? Resta il fatto che dopo un accenno di colpa a Putin, la cosa è rientrata, e dei morti se ne parlerà a pagina sette, non più in prima.
Mentre Obama-scared cerca il colpo di teatro per lasciare un’impronta che non sia pari a quella di Prandelli nell’ultimo Mondiale, Putin cerca di riavvicinare la Germania non troppo convinta delle sanzioni commerciali che le costano troppo, batte rubli d’oro per le transazioni petrolifere e minare il dollaro, consolida rapporti con la Cina e minaccia di chiudere i rubinetti del gas dell’europa. Obama dovrebbe licenziare i suoi Branca, ma come Moratti aspetterà il suo successore. Il paradosso è che a salvare l’anima dell’Europa sia uno come Putin, al quale importa solo della Russia e che l’Europa la lascerebbe al suo destino. Putin, invadici. È un’invocazione ironica (siamo per la sovranità nazionale, anche di una stato cialtrone come il nostro), forse diventerà il titolo di una rubrica, rischia di diventare uno scenario auspicabile.
Italo Muti, in esclusiva per Indiscreto