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Pubalgia canaglia

Stefano Olivari 15/01/2014

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In comune con Maurito Icardi abbiamo due cose. La ‘quindicina’, se non si danno limiti di tempo (chi in 28 ore, chi in 28 anni), ma soprattutto la pubalgia. Un problema, non vogliamo dire una malattia, difficile da diagnosticare e ancora più difficile da curare e su cui negli ultimi mesi abbiamo dovuto farci una cultura, pur detestando chi parla di medicina (metà degli uomini e tre quarti delle donne, a spanne), ascoltando bravi e cattivi medici, praticoni, fisioterapisti, omeopati (speso un capitale in arnica, pastiglie e pomata), guru e in generale gente che la sa lunga. Il risultato è che riusciamo a correre, infatti corriamo 10 chilometri 5 giorni su 7, ma ogni cambio di direzione ci fa urlare dal male. A fine mese forse andremo da un medico cinese, tale Zhao, provando quella che ci hanno descritto come ‘terapia del dolore’ (se non abbiamo capito male c’è un suo assistente che dà gomitate alla parte interessata), poi rimarranno Lourdes e il bagno nel Gange prima di accettare psicologicamente le uniche cure possibili: riposo assoluto e fisioterapia. Non stiamo morendo, va precisato, in attesa del perfezionarsi del piano Kalergi il grande cruccio è che non riusciamo più a giocare a calcetto senza avvertire un dolore della madonna. Ma cos’è la pubalgia? In parole povere è un’infiammazione che riguarda le inserzioni degli adduttori (insomma, quello che chiamiamo inguine) della coscia. Il problema numero uno è che i normali anti-infiammatori con la pubalgia hanno un effetto vicino allo zero. Il numero due è che nessuno in realtà sa quali siano le sue cause e di conseguenza nemmeno come si guarisca. Citando in ordine sparso: traumi e microtraumi, scarpe non adatte (Schillaci una volta addebitò i suoi problemi agli stivaletti con il tacco quasi da donna che portava), reumatismi, problemi muscolari, difficoltà nel riposare e nel sonno, nelle donne anche la gravidanza (!). Senza contare il tanto altro che una modesta ricerca su Google può vomitare fuori, dalle spiegazioni che riconducono qualsiasi cosa al sesso fino alle teorie negazioniste.

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