Cucina
Il nostro posto
Stefano Olivari 10/07/2014
OSTERIA DEL PONTE – Via Ponte del Giuscano 41 – Milano.
La fine della stagione del calcetto è sempre triste, per noi quest’anno in modo particolare visti gli infortuni che ci hanno colpito a ripetizione (dalla pubalgia a un simil-infarto) e che, uniti alla nostra scarsezza, ci hanno impedito di lottare per il titolo. Ma abbiamo ancora tanta carriera davanti, un po’ come Neymar. Non abbiamo comunque rinunciato alla consueta cozzata sociale, che però non ha potuto svolgersi nel solito locale di Figino (frazione dell’Ovest milanese, in direzione Novara), fallito poco dopo la nostra ultima apparizione nel 2013. Un locale che aveva tutto ciò che cercavamo: pochi o nessun cliente oltre a noi (quasi sempre situazioni da De Niro in C’era una volta in America, ma senza violinisti o donne), nessuna attrattiva nell’ottica da cena romantica, una padrona ciabattante e malmostosa, prezzi modestissimi (dai 15 a i 20 euro per due chili di cozze a testa più tutto il resto), politiche di marketing interessanti (‘All you can eat’ applicato alla pizza, molto prima che diventasse di moda) ma evidentemente suicide. Quel tipo di ristorante fuori mano che nelle pubblicità locali viene definito ‘L’ideale per banchetti e cene aziendali’. Il tutto impreziosito da un contesto ambientale che può ispirare pensieri di estrema destra o estrema sinistra (più di estrema destra, va detto): nel raggio di poche centinaia di metri travestiti brasiliani con fisico alla Maicon, prostitute albanesi ai confini della pubertà, prostitute nigeriane più attempate, un campo Rom di quelli organizzati dal Comune e un altro ufficioso, camionisti slavi parcheggiati e con uno sguardo che non invitava al confronto fra differenti culture, pensionati guardoni in bicicletta e con mano malandrina. Mai visti vigili urbani o poliziotti (è una strada dove siamo passati mille volte, anche di giorno), ma forse si erano travestiti da padri di famiglia italiani con il finestrino (e non solo quello) abbassato. Insomma, quello squallore periferico il cui fascino è difficilmente spiegabile (in ogni caso tua moglie o la tua fidanzata non lo capirebbero) a chi crede in qualcosa. Questa è quindi una recensione alla memoria, perché quest’anno a causa della chiusura abbiamo dovuto emigrare in un altro posto. Ciao Osteria del Ponte, ci hai fatto passare le serate migliori di questi ultimi 15 anni: il tuo bianco della casa per noi era Cristal, le tue cozze non le avremmo mangiate così nemmeno in Belgio, il tuo pane centellinato sembrava appena sfornato, il tuo sorbetto limone e vodka ripuliva tutta la sporcizia e la falsità delle nostre vite. Non stiamo scherzando e non eri un gran posto. Ma eri il nostro posto.
Tuoi Andrea (1 e 2), Federico (1 e 2), Giorgio, Mario, Maurizio, Michele, Paolo, Pino, Renato, Stefano (1 e 2).