Podemos smetterla con la corrida

5 Agosto 2015 di Indiscreto

La corrida è in certi paesi una tradizione, come del resto in altri lo è l’infibulazione. Una certa mentalità da liceali invecchiati attribuisce al passato un valore esagerato: diecimila raffigurazioni sacre non valgono gli affreschi della Cappella Sistina, i quattro sassi di Volterra ci dicono degli Etruschi meno di una puntata di Voyager, il Palio di Siena è una tradizione adesso ma non lo era nel tredicesimo secolo, e così via. Ma volevamo parlare della corrida, che gli amministratori locali eletti nelle liste di Podemos vorrebbero non abolire per legge ma rendere sempre più difficile negando finanziamenti pubblici e ponendo vari ostacoli amministrativi. Una posizione sempre più popolare fra i giovani spagnoli, a prescindere dalle preferenze politiche e anche dallo stesso animalismo: semplicemente nell’era della Playstation non c’è divertimento nel vedere un animale sedato venire ucciso lentamente da picadores (a cavallo, oltretutto), banderilleros e poi da un torero, per tacere delle altre figure che compongono la coreografia di un macabro spettacolo che in una forma simile all’attuale va in scena da almeno ottocento anni. In generale però questa industria non gode di cattiva salute, anche se da metà degli anni Zero ad oggi il numero delle corride in Spagna è calato di quasi il 40%, perché turisti e soprattutto Spagna profonda la tengono in vita (siamo sulle seicento corride annue) a livelli almeno da anni Ottanta.  Grandi varianti fra un paese e l’altro, con meno coreografia nei paesi sudamericani in cui si pratica e meno violenza in Francia (ad Arlés abbiamo assistito ad una versione light, comunque noiosa). Senza poi contare che nella stessa Spagna ci sono zone in cui la corrida non esiste più, dalla Catalogna alle Canarie. E quindi? Mantenendo tutto nel proprio contesto e ricordando che l’agnello slow food chilometro zero e la gallina del signor Amadori hanno una vita molto peggiore di quella dei tori da corrida (che non vanno nell’arena prima dei quattro anni e sono trattati benissimo, al contrario degli animali per l’industria alimentare che spesso vivono soltanto qualche mese in una gabbia e con torture criminali, si pensi a come si ottiene il foie gras) si può tranquillamente dire che le tradizioni possono finire. Se al posto dei cavalli del Palio corressero dei mezzofondisti dopati nessun senese dovrebbe sentirsi sminuito, a meno che l’essenza di queste tradizioni, dove elementi delle ‘grandi religioni monoteiste’ si fondono con elementi pagani non sia la sofferenza dell’animale da offrire in omaggio a chissà chi. Insomma, la corrida non è il demonio e così come la caccia (siamo contro entrambe, comunque) ha quel minimo di rispetto per un essere vivente che in altri settori manca. Non è che strafogarsi di brasato o di hamburger sia più nobile dell’emozione dell’arena, anzi.

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