Poco respiro senza il Veneto

8 Giugno 2012 di Fabrizio Provera

Massimo Carlotto è uno scrittore assai prolifico, scoperto da Grazia Cherchi nel 1995 e impostosi da allora come uno dei best e long seller italiani del genere noir. Al di là delle vendite, si è costruito negli anni una solida fama letteraria e un nutritissimo gruppo di lettori e seguaci. L’appiglio per avviare la sua carriera  è stato autobiografico: la vicenda è riassunta nel Fuggiasco, il suo esordio risalente al 1995, che ci parla di carcere (comminato per fatti risalenti al 1976, quando era un giovane militante della sinistra radicale) e di una grazia concessa nel 1993 dal Presidente della Repubblica, dopo una rocambolesca latitanza. Detto per inciso, il suo caso giudiziario è molto diverso da quello di Cesare Battisti, verso il quale chi scrive prova sentimenti poco cristiani: Carlotto non ha mai ucciso nessuno e neppure si è permesso di usare parole poco eleganti verso i parenti di vittime della cupa stagione terroristica italiana.

Ma veniamo allo scrittore, che è quello che ci interessa di più. Carlotto, edito per anni da E/O, ha appena pubblicato per Einaudi ‘Respiro corto’, un noir nel quale l’autore sconfina dal suo abituale luogo di narrazione, l’Italia e in particolare il Nord Est (Padova è la città d’origine del nostro, che da anni vive in Sardegna), per raccontare il crimine a Marsiglia. E’ stato Carlotto a sintetizzare, in poche ma efficaci righe, la trama del libro: ‘Ho riunito un gruppo di giovani ribelli in una banda nata in un pub di Leeds, la Dromos Gang, e ho seguito lo sviluppo del loro progetto da una parte all’altra del pianeta. «È stato un onore avervi qui con noi, ragazzi», li aveva salutati il preside della facoltà di Economia. E ragazzi sono, infatti. Amorali e cinici e criminali, ma ragazzi. Slegati da ogni luogo comune con il quale siamo soliti immaginare le organizzazioni criminali o mafiose, vivono, si divertono, sognano come i loro coetanei. In realtà tutti i personaggi di questo romanzo coltivano sogni. Il commissario Bernadette Bourdet e l’anziano boss corso-marsigliese Armand Grisoni. Il narcotrafficante Esteban Garrincha e l’agente dei servizi segreti russi Ulita Vinogradova’.

Le prime pagine, che ricordano le fedeli ricostruzioni delle malefatte commesse dal crimine veneto, sono molto efficaci. Nelle successive 190 pagine, invece, il talento indiscusso di Carlotto non riesce ad ammaliare il lettore – almeno secondo noi – come accaduto soprattutto con la saga dell’Alligatore, ossia Marco Buratti, l’alter ego di Carlotto che è uno dei maggiori conoscitori di blues sull’orbe terracqueo e che sorseggia decine di Alligatori (cocktail realizzato con 7 parti di Calvados, 3 di Drambuie, abbondante ghiaccio tritato e una fetta di mela per consolarsi quando il bicchiere è vuoto: l’abbiamo provato, davvero straordinario nelle sere in cui si vuole dimenticare qualcuno o si desidera rimediare alla sconfitta di una qualsiasi squadra del cuore). Carlotto, in questo libro, si muove in una terra ‘diversa’, raccontandoci la nuova criminalità rampante balcanica e russa, composta da giovani che padroneggiano l’inglese e leggono i più prestigiosi quotidiani finanziari.

La sua vicenda personale ricorda quella di altri autori (salta subito alla mente Pietro Valpreda) che non a caso, avendo avuto a che fare in modo traumatico con la giustizia e il carcere, hanno scelto di raccontarli, e di farlo attraverso la trama del giallo, mai narrata nei termini della semplice evasione ma sempre sostenuta da un’impalcatura di denuncia, impegno, attenzione al sociale. Il protagonista di molti romanzi di Carlotto è il già citato Alligatore, ovvero Marco Buratti, un abile e intelligente investigatore affiancato dai collaboratori Max la Memoria e Beniamino Rossini. Tuttavia, nonostante trovate narrative alquanto efficaci, una scrittura sempre brillante e molto cruda, crediamo che Respiro Corto non entrerà nella top five (il copyright è del protagonista di Alta Fedeltà, film molto Indiscreto con la sempre struggente Lisa Bonet) dei nostri racconti preferiti di Carlotto. Cosa manca, a Respiro Corto? Manca il Veneto perennemente sospeso tra soldi che scorrono a fiumi e criminalità dilagante, manca il pungolo di Max La Memoria, mancano i riferimenti sociali e politici rispetto al momento attuale (Carlotto, benché lontano dalla politica attiva e dalle firme dei manifesti letterari che lo scrivente non sopporta, è a suo modo uno scrittore molto ‘politico’). Manca soprattutto la classe del gangster Beniamino Rossini, leggendario contrabbandiere di origini milanesi realmente esistito e morto di cancro anni fa, che Carlotto ha innalzato a dignità letteraria nello splendido La terra della mia anima.

Carlotto, in sostanza, porta il lettore in fondo alle pagine di questa novità senza brividi né sussulti. Ma non intendiamo fargliene una colpa, perché ne abbiamo davvero apprezzato il lavoro condotto negli anni. Poi, se qualcuno vuole leggersi un noir sulla malavita di Marsiglia, basta scegliere dal catalogo E/O qualche lavoro di Jean Claude Izzo, che non è autore da educande o scolarette, ma che è molto efficace nel narrare il clima davvero unico del crimine in quel lembo di terra sospeso tra Francia, Italia e resto dell’Europa. Noi ci rileggeremo volentieri, come sempre, le intense pagine di Carlotto sulle incursioni di Beniamino Rossini nei night club e nei locali da spogliarelliste di tutto il Nord Italia, dov’era rispettato, temuto e venerato. E dove un giorno ‘stese’ a bicchieri di vodka un sinti che si era permesso di rivolgere parole scortesi a una ‘sua ragazza’. Ma soprattutto, dove una notte Carlotto ambientò il più breve e più bel dialogo tra un gangster e una entreneuse. ‘Non ti si vedeva da un pezzo’. ‘Ero impegnato’. ‘Affari o cuore?’. ‘Cuore’. ‘E chi sarebbe la fortunata?’. ‘Tu’.

Fabrizio Provera, 8 giugno 2012

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