Padel o calcetto, la fine del nostro mondo

23 Giugno 2021 di Stefano Olivari

Padel o calcetto? La grande domanda che ci poniamo dopo l’apertura delle gabbie è questa e la nostra risposta ci dice che, una volta tanto, non siamo in sintonia con la pancia del paese. Giovedì scorso abbiamo ripreso il calcetto nel centro sportivo di Settimo Milanese, la DDS, che frequentiamo da 35 anni e dove siamo abbonati al calcetto da 31, dall’epoca cioè in cui i campi da tennis venivano riconvertiti in campi per quello che all’epoca era uno sport ‘nuovo’ anche se in realtà lo si gioca dagli anni Cinquanta. Certo Cané e Nargiso non trascinavano le folle…

A un certo punto i campi da calcetto erano diventati addirittura otto ed erano difficilissimi da prenotare, se non bloccando la stagione un minuto dopo l’apertura delle prenotazioni e facendo numeri di ogni tipo. Negli ultimi anni i campi erano diminuiti, con il ritorno al tennis e la costruzione di una struttura per il beach volley, fino a diventare quattro. Con età media dei giocatori sempre più alta e nessun problema di prenotazioni. Poi il Covid e tutto quello che sappiamo, eccetera.

Per farla breve: giovedì scorso torniamo sul nostro campo vestiti come nelle grandi occasioni (maglia dell’Aston Villa, presa nella stagione in cui lo allenava Jozef Venglos), e cosa troviamo? Un campo da padel, poi un altro campo da padel in costruzione, poi due campi da beach volley, poi i campi da tennis, un altro da padel ed infine un campo da calcetto, non il nostro ma comunque da calcetto. Uno invece di otto, il 12,5%: è il mercato e lo accettiamo.

Cosa vuole dire tutto questo? Già lo avevamo scritto: chi ha 30 anni oggi non ha alcuna esperienza di calcio vissuto soltanto come gioco, ma lo considera uno sport come gli altri. Di sicuro non una necessità. Perché è evidente che il calcetto è sempre stato un surrogato del calcio, fra i mille impegni mettere insieme dieci persone è più facile che metterne insieme ventidue. Non è né un bene né un male, anche se a noi il padel mette tristezza e più schifo ancora ci fanno i media pieni di marchette sul padel. È solo cronaca della fine di un mondo, che essendo il nostro mondo procura dispiacere soltanto a noi.

Share this article