Orrore, Marcell Jacobs di destra

19 Agosto 2021 di Stefano Olivari

L’atleta dell’anno 2021 nel mondo è senza dubbio Marcell Jacobs, come è logico che sia per il vincitore dei 100 metri alle Olimpiadi. Ma una per niente sottile corsa a sminuirlo sta dilagando un po’ dovunque e non per il luogo comune che l’Italia non perdoni il successo: questo magari accadeva nell’Italia cattocomunista di una volta, in quella di oggi basta invece qualche migliaio di follower tarocchi per essere ammirato.

Il problema di Jacobs è che ha una forte personalità, poco incasellabile nel mediaticamente corretto. Al punto che a nemmeno tre settimane dall’oro di Tokyo si arrivati all’accusa più infamante, per un personaggio pubblico: Jacobs è di destra, comunque non di sinistra, e dello ius soli, anche di quello ridicolo proposto da Malagò nel nome di qualche medaglietta in più nel tiro alla fune, non gliene importa letteralmente niente.

Di sicuro la cosa non lo tocca personalmente, visto che è italiano (figlio di un’italiana e di uno statunitense di fatto mai conosciuto), cresciuto in Italia, atleta italiano fin dall’infanzia. Poi può essere pro o contro lo ius soli, a seconda delle idee politiche, ma non certo per la sua storia personale. Siccome però l’unico politico seguito dal suo account Instagram è Salvini, in mezzo a centinaia di sportivi e di sportive, la conclusione del giornalista collettivo è stata quasi immediata: Jacobs non è dei nostri.

Per questo, sbollito il nazionalismo alle vongole sugli inglesi rosiconi, è prevedibile che qualsiasi schizzo di fango sfiori il ventisettenne velocista si trasformi anche da noi in valanga. Se ci fate caso, a Jacobs si è ritorta contro anche la sua generosità nel rimanere in seconda frazione nella 4×100, quella dove in teoria dovrebbe sempre correre il più forte: adesso sembra quasi che quell’oro lo abbia vinto Tortu da solo.

In attesa che le nuove piste e soprattutto le nuove scarpe ridimensionino gli ooooh di meraviglia riscrivendo tante graduatorie all time, per il momento si può dire, come ha sottolineato La Torre, che Tokyo e il relativo rinvio di un anno sono arrivati per Jacobs nel momento perfetto: un anno prima, come da programma, o un mese dopo, forse la storia sarebbe stata diversa.

Ma lui rimarrà per l’eternità un’icona, con ogni merito: è scontato che vari partiti, all’inizio il PD di Letta e adesso a maggior ragione la Lega di Salvini, cerchino di associare la loro immagine a Jacobs, ma in questo momento è lui ad avere in mano il pallino e potrebbe fare qualsiasi cosa. Anche ritirarsi all’apice del successo, come Mark Spitz e pochi altri nella storia dello sport. Fossimo il suo manager gli daremmo proprio questo consiglio, il mito si monetizza meglio del declino.

Tornando al tema di questo post, citiamo per l’ennesima volta il professor Dido Guerrieri, quando lo intervistammo nella sua casa di Sesto San Giovanni per il libro sulla Pallacanestro Milano: uno sportivo può pensarla come vuole su un politico o su un partito, per ideologia o per simpatia, ma rimane il fatto che lo sport ed a maggior ragione  lo sport agonistico veicoli valori di destra. Vittoria/sconfitta, gloria/oblio, compagni/avversari, onore/disonore, al limite e comunque non al primo posto anche ricchezza/povertà.

Il campione è per sua forma mentale uno che pensa di avercela fatta contro tutti, nella migliore delle ipotesi contro lo scetticismo (è il caso di Jacobs) e nella peggiore contro nemici immaginari (era il caso di Pietro Mennea). In ogni caso Jacobs non è obbligato ad avere un’opinione sullo ius soli: sarebbe come chiedere a Massimo Stano, di fede musulmana, un parere sull’Afghanistan.

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