Olimpia Milano-Virtus Bologna, Armani contro Zanetti

Le semifinali dei playoff di Serie A hanno mandato avanti le due grandi favorite della stagione, rivali in campo e fuori. Una finale che si rivede dopo 37 anni...

3 Giugno 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni con gli occhi gonfi per il basket notturno che tormenta, allieta, ti manda dal medico. Siamo arrivati alla fine. Non del Covid, purtroppo, non delle visioni oscene offerte ad ogni ora in un Paese che non vola come le Frecce Tricolori, un teatrino dove si arrabbiano se rifiuti 300 euro per fare il cameriere, se ti ribelli quando il servo del padrone ti offre 2 euro per raccogliere quello che loro venderanno a peso d’oro, dove ti danno dello sfigato sul volo a basso costo se riprendi chi non porta mascherine.

Stiamo con il capriolo salvato in Laguna quando ancora non era arrivata la furia dell’Armani di Ettorre Messina che adesso  benedice tutti, un po’ da allenatore, un po’ da presidente, insomma un bel Ferguson siciliano allevato alla grande nel regno della nobile Venezia con dependance a Mestre, avendo avuto come tutor Zorzi prima di Porelli in Bononia. Per il basket elettrizzato dalle visite al Papa, con il caro Francesco che ripeteva ad un Petrucci commosso le parole che il vate Bianchini usava spesso per far innamorare i ragazzi al basket, gioco che ti obbliga a guardare sempre in alto, il cielo, mai per terra, è arrivato il tempo della finale scudetto.

Il medico ci ordina di prendere le partite scudetto ogni 48 ore e non due sere di fila come pensavano lassù, preoccupati per questo gioco affidato a chi non ha visto oltre il proprio naso, una pallacanestro italiana che, come dice Zalone nella Vacinada, tiene la zinna un poquito calada, soprattutto adesso confrontando i convocati dalla Serbia per il preolimpico ed i probabili azzurri, diciamo probabili perché non sappiamo se diranno tutti presente. Ai giorni nostri, Raiola imperante, dipende da tante cose e, come direbbero Cristiano Ronaldo o Ibrahimovic, prima viene la manutenzione degli affetti, dalle Ferrari alle barche straricche, anche se nel basket italiota si guadagna meno, ma abbastanza per non tirare di scherma agli angoli delle strade. Eccoci nella storia, come racconterebbero bene Zapelloni e Peterson se potessero aggiungere qualche capitolo al loro  intrigante libro sui 50 personaggi che nel basket hanno meritato ricordi meno sgraziati di quelli che facciamo ai nostri presidenti della Repubblica.

Dopo 37 anni ecco l’ordalia dei sciuri. Sul cavallo rosso Giorgio Armani. Su quello nero Massimo Zanetti. Arte, moda e caffè. Milano in finale dopo 3 anni, Virtus alla prova della verità dopo 14. In mezzo tante storie e ora anche questo strano incontro fra Messina, che alla Virtus ha dato titoli, una grande visibilità, come avversario contro il Sasha Djordjevic che la sua storia l’ha scritta anche a Milano, nell’altra Bologna. Due bei generali. Due società importanti, purtroppo non alleate per cancellare la lunga linea grigia disegnata da chi comanda.

Entrano nell’ appiccicaticcio del mese di giugno in un basket che registra divorzi eccellenti, tristi separazioni. Non stupisce il divorzio di Pozzecco da Sassari, resta imbarazzante però vederlo nella pubblicità dell’assicurazione che non  gli assicura più il posto. Triste che Bucchi e Dalmonte non siano più con Cantù e la Fortitudo, ma elettrizza scoprire che alla Effe hanno rivoluto Repesa, il re riconosciuto congedato con dolore da Pesaro anche se qualcuno su quel mare dice che Gelsomino ha deluso sul piano umano. Be’, strana gente quella che spende per il baloncesto: quando sono loro a licenziare non si parla mai di umanità tradita.

Doloroso che alla Fortitudo non sia rimasto il maestro Comuzzo congedato dopo 6 anni di bel lavoro. Triste che dopo Procida anche Diouf abbia detto di volersi emancipare nelle scelte della NBA. Rubini, quando Mike Fratello rimbambiva i nostri talenti di allora parlando di NBA, diceva ai prescelti che avrebbero trovato posto “Soltanto se sapete portare le valige degli altri”. Sedendoci sul fiume scudetto leggendo il bel libro di Mauro Covacich Sulla corsa, un argomento  di cui avrebbe potuto scrivere alla grande Giorgio Reineri ora isolato  fra San Diego e Celle, incantati su SKY Arte dal Porrà che viaggia con Volontè e Jim Morrison nella loro storia magica e dolorosa, eccoci al congedo per le quadre sconfitte nelle semifinali.

BRINDISI 9 alla società per la prima volta finalista, 9 a Tullio Marino, figlio del presidente e al Giofrè eletto manager dell’anno. Nove più per Vitucci che ha cavalcato bene un trio americano che ad altri è sfuggito, ma D’Angelo Harrison, Thompson e Willis, prima che il Covid arrivasse al Pala Pentassuglia, sono stati grandi protagonisti di una stagione da primo posto rubato dal virus. Poi  questo riposizionamento sul campo di Gaspardo che sarà tanto utile alla Nazionale. Poi il giovane Visconti, il coraggioso Zanelli e l’Udom nato a Bagno a Ripoli che ogni tanto ha schiacciato i pregiudizi. Bella stagione, ora avanti con il nuovo palazzo.

REYER VENEZIA 10 alla società campione d’Italia nel femminile, campione nel reclutamento e non fortunata protagonista delle semifinali affrontate con troppi infortunati. 8 per DE RAFFAELE anche se salutando e ringraziando società er giocatori sembrava che dicesse addio. Ci ha dato il miglior TONUT, ci ha regalato la fioritura del giovane CASARIN, ha cambiato persino la natura di  STONE. Peccato non aver trovato WATT sempre ai livelli della semifinale, peccato che DAYE, super talento, non abbia mai avuto il cuore di CHAPPELL, la tigna di DE NICOLAO, MAZZOLA o CERELLA, anche se usato pochissimo. L’infortunio di BRAMOS il più grave. Stagione incompleta. Tante scuse, qualche errore, ma una base solida per ripartire mettendo sul tavolo lo scudetto del 2019, l’ultimo assegnato in questo Paese di virologi che ci hanno confuso con il loro narcisismo che si nota anche negli arbitri del basket quando possono agitare le loro chiappe dorate andando verso il video che dovrebbe emendare i loro errori, anche se in molti casi è uno spunto per sorridere ai giocatori increduli. Ma, si sa, i giocatori sono sempre increduli così come è sempre incinta la madre di chi è tornato nei Palazzi per stordirci con quelle trombette da malebolge, con quei cori da sottosviluppo. A risentirci quando il 99° scudetto sarà assegnato.

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