Nostalgia di Lorenzo Micelli

28 Marzo 2014 di Alberto Rapuzzi

L’Italia di oggi, oltre a esportare la qualità di certe magie che riesce ancora (per poco?) a creare, distribuisce nel mondo anche la capacità e la competenza di professionisti che nei vari settori trovano spazi e strutture adeguate dove inseguire i propri sogni. Anche il piccolo giardino della pallavolo femminile segue questa onda e così diversi tra i suoi migliori allenatori li ritroviamo nei grandi club del mondo ed anche alla guida di nazionali straniere: Barbolini con la Turchia, Guidetti in Germania ed altri ancora. Tra questi emigranti di talento e di successo c’è Lorenzo Micelli. Sguardo vispo ed energia giusta, un passato vincente con la Foppapedretti Bergamo (due Champions  consecutive nel 2009 e 2010), presente anche nello staff della nostra Nazionale alle Olimpiadi di Atene e di Pechino. Dal 2010 allena l’Eczacibasi di Istanbul, squadra di livello  mondiale dove ogni anno lotta per vincere qualcosa. Indiscreto l’ha cercato per fare insieme un viaggio trasversale, con qualche goccia di nostalgia, cercando un po’ di luce per il futuro che verrà.

Signor Micelli, partiamo proprio dall’inizio. Quando ha deciso fare l’allenatore? Si è ispirato a qualcuno ? Quanto si è preparato?

Ho pensato potesse diventare il mio lavoro quando mi sono confrontato con lo staff delle Nazionali femminili circa 15 anni fa… lì ho capito che la dedizione a questo sport avrebbe potuto permettermi di impostare la mia vita al suo servizio. Quanto all’ispirazione, dico sempre che tutti hanno qualcosa da insegnare (tecnica, tattica o gestione del gruppo), per cui bisogna essere intelligenti e prendere il meglio da tutti. Io in gioventù ho lavorato con tanti bravi allenatori e altri bravi ne ho seguiti: Mencarelli, Bonitta, Lorenzetti, Grasso. Per cui posso dire che sono stato fortunato, nel mio percorso formativo. Il resto è stato tanta gavetta: dal minivolley alle giovanili, dalle categorie regionali alle nazionali. E dal 1992 in poi la rincorsa al professionismo. 2 anni di serie B e 2 serie A da vice allenatore, 7 anni serie di B e 11 di serie A tra Italia e Turchia da allenatore capo, 8 anni nello staff Nazionale… 2 Champions League, scudetto turco, coppa Italia, 2 coppe di Turchia, 2 supercoppe turche, oro alle Universiadi del 2009.

Come si trova a Istanbul? Come si lavora nel suo club attuale?

Istanbul è una metropoli, per cui offre tutto di tutto ed è impossibile trovarsi male. Dal punto di vista lavorativo è il massimo che uno sportivo possa chiedere: strutture all avanguardia, federazioni aperte ai progetti sportivi, club economicamente solidi, atleti e allenatori di altissimo livello. Ormai la Turchia è un polo d’attrazione sportiva e Istanbul è una capitale dello sport… L’Eczacibasi, il mio club, è uno dei migliori d’Europa sia dal punto di vista dell’organizzazione che delle strutture. Quasi tutte le migliori atlete turche sono nate in questo club che da 50 anni milita e continua a vincere nella massima serie turca. Lavorare qui è un piacere perché tutto e tutti sono al posto giusto e il rispetto reciproco è la base del rapporto lavorativo… Ambiente perfetto, ma giustamente anche bello carico di pressioni

In che posizione adesso colloca il nostro campionato, a livello europeo?

Ormai il campionato italiano ha perso molti protagoniste e protagonisti di livello, per cui non è più come una volta collocato al primo posto del panorama europeo. Basti pensare che non c è una squadra italiana in alcuna finale coppa europea e se non erro erano 31 anni che non capitava che una italiana non arrivasse alla fase finale di Champions. Posso però affermare che la qualità del lavoro svolto in palestra e sul campo è sempre al top. Per cui come qualità collocherei il campionato italiano al terzo posto europeo insieme a quello polacco. Prima la Turchia, seconda la Russia.

Proponga tre idee per cercare di risolvere i problemi de nostro movimento. Che soffre per la poca visibilità, per la difficoltà nel reperire sponsor, per l’assenza delle grandi città, per le inadempienze varie dei club verso le proprie atlete.

Inizio dall’ultimo punto, che mi sta molto a cuore. Chi ha scelto come professione lo sport non può accettare inadempienze dai club, per cui dovrebbero essere le istituzioni a tutelarci con regole molto più rigide nell’accettare o rifiutare le iscrizioni di certi club ai campionati. Meglio campionati con meno squadre (addirittura, mia idea, serie A unica a 2 gironi) ma che possano far sopravvivere lo sport, piuttosto che tante squadre che tutte insieme portano il sistema al collasso. Insomma, servono nuove idee per supportare un momento di crisi generale. Tante volte sento dire che “Si va all estero per guadagnare più soldi…”. Invece io rispondo chi va all’estero a lavorare ci va per lavorare in modo dignitoso e prendere l’intero stipendio… Per quanto riguarda visibilità e sponsor, non possiamo risolvere totalmente nessuno dei due problemi. Quello degli sponsor perché legato alla crisi economica del momento, quello della visibilità perché da sempre in italia siamo calciodipendenti e forse il nostro target deve già impegnarsi a non perdere anche quella poca visibilità che abbiamo…

Cosa dovrebbe succedere per rivederla in Italia? Ha un po’ di nostalgia?

La nostalgia è tanta, ma come dicevo prima finché non si costruisce qualcosa di solido è difficile pensare di tornare e sviluppare un progetto. Attenzione, questo non vuol dire che in Italia non ci siano club seri, ma in questo momento i più solidi vivono bene il connubio con i loro coach. Per cui non è ancora arrivato il momento del rientro in patria.

Bonitta è il nuovo coach della Nazionale. Le sarebbe piaciuto essere contattato, visto che comunque aveva già fatto parte degli staff precedenti? Potrebbe capitare di vederla in qualche altra nazione?

Ho già lavorato per la Nazionale e con Bonitta, ma non ci posso pensare più di tanto perché ho nel mio contratto clausole che non mi lasciano libero per doppi incarichi. L’inverno passato ho già dovuto dire no ad una nazionale straniera, per cui finché resterò all Eczacibasi nessun pensiero estivo. Ma sempre Forza Azzurre!

Tatticamente ha notato di recente qualche novità nel gioco che l’ha incuriosita? Serve sempre aggiornarsi? Nei suoi allenamenti a cosa dedica più tempo?

Negli ultimi tempi assolutamente nessuna novità tattica nel gioco, chi vince a pallavolo è perché fa le cose meglio degli altri e non perché le fa diverse. La tattica ad alto livello non si differenzia così tanto. Invece la concentrazione, l’atteggiamento e l’interpretazione della singola atleta (che poi costituiscono movimenti globali) fanno la differenza. L’aggiornamento o il confrontarsi con altri allenatori è fondamentale. Qui a Istanbul siamo molto fortunati perché essendo in tanti italiani o pseudo-italiani siamo in continuo contatto. Anche grazie a semplici cene tra amici allenatori abbiamo possibilità di scambiare idee e spaziare in altre filosofie e nelle concezioni del “volley degli altri”. Nei miei allenamenti di solito prediligo l’aspetto aggressivo della Battuta/muro/difesa  (tipo 60% fase battuta punto e 40% fase ricezione punto), ma visto che ormai sono alla quarta stagione con lo stesso team ed hanno acquisito bene questo sistema tattico, mi sono concentrato sulla qualità e dinamica del “vecchio cambio palla” (per cui ora 50% e 50%).  L’alto livello del campionato richiede questa qualità, per cui dobbiamo assolutamente curare ogni minimo dettaglio per avere il massimo risultato.

Come si approccia alle giocatrici, sapendo che gestire un gruppo femminile non è facile? Despaigne, oggi vice a Frosinone, ci disse che se si sbaglia una parola può venire fuori un putiferio.

Coinvolgere e condividere gli obiettivi, essere sinceri anche con affermazioni negative ma reali, lavorando e impegnandosi al proprio massimo come esempio di atteggiamento… insomma, dare sempre esempi positivi è la chiave della gestione del gruppo. Il gruppo e i suoi componenti hanno bisogno di un leader, non di un boss, per cui non si comanda ma si lavora duro insieme.

C’è una giocatrice a cui è particolarmente legato o che ricorda in modo speciale?

Ce ne sono tante e tutte per qualcosa di positivo, per cui non basterebbe una pagina per elencarle. Gli obbiettivi grandi e le grandi pressioni esterne uniscono il team e le emozioni dopo le vittorie ti fanno capire tante cose.

Il suo sestetto dei sogni tra tutte le atlete viste giocare nel corso della carriera, tralasciando le attuali che sta allenando. Il suo allenatore idolo.

Troppo difficile metterle tutte in campo e non offendere nessuna, ma per l’allenatore mi sbilancio: Lorenzetti.

Quale sconfitta le ha fatto piu’ male negli anni?

Finale Coppa Italia 2010 a Rimini….ancora ho impresse quelle ultime azioni!

Che ricordo ha delle due Champions vinte a Bergamo?

Un ricordo fantastico. Dai tifosi nelle curve agli abbracci in campo, dalle vittorie maratona con Pesaro all’ultima palla caduta a terra delle 2 finali. Tutti momenti emozionanti, che faranno per sempre parte della mia vita.

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