Non volevamo Micov la luna

29 Maggio 2012 di Fabrizio Provera

La inescusabile sconfitta della Bennet Cantù contro la Scavolini Pesaro, che da questa sera incrocerà le spade con l’Armani Milano a caccia della finale scudetto del campionato di basket, porta le stimmate della grandezza. Meglio la nobiltà della sconfitta che la vergogna di non aver neppure lottato. Ma le energie, sabato sera, se n’erano andate da un pezzo; le assenze di Shermadini e Micov (quest’ultimo tristemente in panca senza neppure togliersi la tuta: segno evidente della resa) erano diventate fardelli troppo pesanti. Negli occhi di coach Andrea Trinchieri, e di molti giocatori di Cantucky,  ci è parso di scorgere lo stesso scoramento di William Wallace-Mel Gibson in Braveheart, quando durante la durissima battaglia di Falkirk, contro il terribile Edoardo I d’Inghilterra, il perfido Plantageneto, nel momento cruciale dello scontro – mentre l’eroe scozzese sventola la bandiera per chiedere l’intervento dei nobili, assoldati dal Plantageneto e pronti al tradimento – con un’occhiata d’intesa gli indegni nobili e le loro truppe abbandonano il campo di battaglia, e gli insorgenti scozzesi al comando di Wallace vengono soverchiati dal nemico.

Cantucky è stata abbandonata dalla sorte, dai centimetri di Shermadini, dal talento di Micov, dalla stella principesca di Basile, dal vitalismo futurista di Doron Perkins, che si congeda dal Pianella (per sempre?) con un match incredibilmente al di sotto di aspettative e capacità del play americano. Il volto scuro e preoccupato di Trinchieri, durante la conferenza stampa del giorno prima, era stato rivelatore: il coach presagiva l’approssimarsi della fine. Ma adesso occorre ripartire: senza timori, anzi forti della riconquistata coscienza della grande squadra,  sia che la prossima stagione ci riservi ancora il luccicante palcoscenico dell’Eurolega o il meno sfavillante contesto dell’Eurocup. Assisteremo a semifinali e finali da semplici spettatori, e non da protagonisti come avremmo sperato e voluto. Giovedì scorso, in trasferta con gli Eagles, l’inviato di Indiscreto ha toccato con mano la squisita ospitalità pesarese, fatta di pizza, birra Pedavena e di uno Spritz fatto come si conviene.

Un messaggio ai ‘cugini’ acerrimi di Milano: certo, il roster di Pesaro è molto più corto di quello ‘armanino’, la squadra di Scariolo non è la tremebonda e spaurita compagine di inizio stagione.. Ma se la trimurti White-Hickman-Jones viene supportata da Hackett e compagni, se Lydeka e Cusin decidono di diventare dei fattori importanti sotto le plance, allora saranno scintille come ai tempi della grande Pesaro di Larry Drew, Darwin Cook, Walter Magnifico e Andrea Gracis. Ci è bastato andare a Pesaro per renderci conto cosa significa vivere di pane e pallacanestro. Sarà una semifinale avvincente, su questo non c’è dubbio. Gli Eagles Cantù tiferanno per Pesaro, avviso ai naviganti.. In mancanza della semifinale, per una volta ci siamo persino cimentati nel pagellone della stagione canturina.

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