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Per Gabbani niente triplete
Paolo Morati 14/05/2017
Era nell’aria da un paio di giorni, ma niente drammi. Non ce l’ha fatta Francesco Gabbani ad aggiudicarsi l’Eurovision Song Contest di Kiev, e quindi il triplete della musica (Sanremo nuove proposte, Sanremo Big ed ESC) con Occidentali’s Karma, nonostante l’enorme successo in Italia e i riscontri ottenuti anche all’estero. Le ragioni sono molteplici, prima di tutto quella di aver trovato sulla sua strada un avversario forte come il portoghese Salvador Sobral, che da subito avevamo indicato come il più pericoloso aggiungendo che saremmo stati contenti della vittoria della sua Amar Pelos Dois. Ma non solo per questo, visto che il nostro rappresentante è stato superato da altri avversari, arrivando sesto. Con sorprese come il terzo posto della Moldavia.
Francesco Gabbani ha fatto quasi il massimo possibile, sfortunato nel sorteggio, pagando la mancata semifinale in termini di visibilità su un certo pubblico (le altre Top 5 hanno fatto come di consueto peggio), ma catalizzando sostanzialmente l’attenzione dei media. Forse anche troppo. Diciamo quasi il massimo perché a livello di staging c’è stato qualche problema che avevamo già anticipato: un affollamento di colori ed elementi (come i coristi), e un’interpretazione più caricata rispetto a Sanremo, che ha reso meno di impatto la presenza e il senso di insieme di Occidentali’s Karma. E anche la famigerata ‘scimmia’, che Gabbani ha già deciso in anticipo di non proporre più dopo la gara europea, può aver avuto un effetto controproducente e fuorviante.
A metà serata della finale (anzi, della Grand Final) abbiamo quindi cominciato già a capire che le tendenze delle ultime ore erano confermate, con le agenzie di rating che retrocedevano Gabbani in termini di quote, nonostante la grande reazione e risposta dell’International Exhibition Center di Kiev mentre cantava (le giurie, ricordiamolo, avevano votato guardando la prova del venerdì. E questo secondo noi è un punto che andrebbe cambiato). Detto questo, Occidentali’s Karma, che ha vinto il premio della sala stampa, resta comunque una grande canzone, moderna, con un testo intelligente e il merito di essere proposta in italiano.
Ma aggiudicarsi l’Eurovision Song Contest, alla fine, non è solamente una questione di canzone, bensì di insieme complessivo, nonché di karma e attimo da cogliere. E il Portogallo lo ha colto, al di là dei commenti che stiamo sentendo in queste ore di un possibile ‘voto contro’ il grande favorito (alla fine arrivare secondi o sesti cambia poco), e nonostante i voti distribuiti geograficamente, ormai immancabili, con alcuni estremamente scontati.
Il pubblico dell’Eurovision Song Contest, passata l’euforia del momento, dovrebbe piuttosto chiedersi quanto durerà l’entusiasmo per un genere, quello di Sobral e di sua sorella Luísa (autrice del brano), che difficilmente verrà ascoltato da qui al futuro, a meno di un cambio di rotta da parte di case discografiche, radio e di tutto quanto ruota attorno al mondo della musica leggera, sempre più omologato. E a cui una buona parte dei partecipanti si ispira.
Il tempo dirà se Amar Pelos Dois diventerà un classico alla (provocazione…) ’Over the rainbow’, ma il timore è che all’indomani del verdetto e dopo averla stravotata, torneranno in molti a nutrirsi di mainstream possibilmente e probabilmente in inglese, magari prodotto dai bravissimi maestri svedesi che hanno portato quest’anno la consueta esibizione perfetta, ma gelida, ottenendo il quinto posto con appena dieci punti in più di Occidentali’s Karma. Appuntamento quindi in Portogallo nel 2018. Namasté… Alé!