Niente di vero, l’ossessione per la famiglia

22 Agosto 2022 di Stefano Olivari

Il compositore automatico di un romanzo italiano recente ha un algoritmo molto semplice, basato sulla famiglia. Che spesso non è immaginaria, o almeno frutto di rielaborazione creativa, ma la famiglia reale dell’autore. Niente di vero, l’ultimo libro di Veronica Raimo, scritto per Einaudi e straconsigliatoci dai mitici lettori forti (in fondo bastano 12 libri all’anno per rientrare nella statistica), è proprio di questo tipo: in pratica l’autobiografia dell’autrice, con molto spazio alla parte privata e familiare più che a quella artistica, con il filo conduttore del rapporto con la madre Francesca.

Al di là degli argomenti, dall’educazione di genitori con una notevole ossessività alla vita sessuale, dal rapporto con il fratello Christian (anche lui scrittore, oltre che politico del PD) al tempo che passa, bisogna dire che la Raimo ha uno stile molto particolare. Senza svolazzi, senza immagini letterarie, senza troppi aggettivi, senza citazioni buttate lì per strizzare l’occhio al lettore e farlo sentire intelligente. Insomma, una scrittura per sottrazione che rende difficile staccarsi dalla sue pagine anche se la sua famiglia non ha nulla di straordinario, di drammatico, di losco, in definitiva di interessante.

E quindi nemmeno di divertente, anche se l’ironia e l’autoironia (come sull’argomento famiglia per un romanzo italiano) dell’autrice sono notevoli. Non c’è neppure la becera attesa del climax, si capisce subito che non c’è e non ci sarà. Ma c’è però quell’atmosfera da romanzo di formazione che pur non essendoci nulla da formare dà un senso e una possibilità anche alla vita da ultraquarantenni, e fa scattare l’immedesimazione. Da sottolineare che la Raimo con questo libro ha vinto l’ultimo premio Strega Giovani, che non significa essere giovane (ha 44 anni), ma essere stata votata da una giuria di giovani.

Di sicuro è un libro soprattutto per romani di sinistra, inseriti nel giro giornalistico ed editoriale giusto, gente che considera i cinghiali di Gualtieri diversi da quelli della Raggi e che annuncerebbe la sua fuga dall’Italia, senza darle concretezza, nel caso di una Meloni presidente del Consiglio. Ma può essere apprezzato da tutti, del resto non bisogna essere stati bambini nella Los Angeles degli anni Cinquanta per amare Ellroy. Molto dure e laiche, non ci viene un altro termine, le parti personalissime come quella sull’aborto, con una certezza da Generazione X: la famiglia può essere una prigione, ma se proprio la si deve frequentare è meglio farlo da figli. Una buona idea regalo per amiche nubili e/o con un’educazione repressiva.

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