Il secondo tempo di Nibali

4 Novembre 2014 di Simone Basso

Nel 2015 Vincenzo Nibali scollinerà la (seconda) metà della carriera professionistica. Dalla cima della montagna del ciclismo, la consapevolezza del siciliano è quella di chi ha assolto pienamente la propria missione. Alla boa dei trent’anni, che compirà il prossimo 14 Novembre, don Vincenzo – primattore quasi solitario di un movimento tricolore ormai minimale ai massimi livelli – comincerà una nuova sfida. Il Tour 2014 lo ha eletto figura centrale dello sport italiano: suo malgrado, l’essere anti-personaggio, il rifiuto di certe pose, l’hanno penalizzato rispetto a colleghi (improbabili) più cantati. Amarcord, sei anni fa, la frase di un santone: “Nibali? Fossi in lui andrei in campagna a coltivare i pomodori…”. Lo Squalo dello Stretto si è preso la rivincita senza nemmeno farlo notare, col profilo basso di chi è a disagio col can can del circo mediatico. La mancia, nella popolarità, è il passare dalla prima pagina dei quotidiani, fino alle ospitate da Fazio, con le (due) espressioni di Clint Eastwood negli spaghetti western. Nel suo caso, con o senza caschetto protettivo. Tanto è bravo ragazzo della porta accanto (sempre che abitiate a Lugano) nelle uscite pubbliche, quanto tosto – ossessivo – nell’applicazione quotidiana della professione.

Non in molti hanno sottolineato abbastanza l’eccezionalità della sua impresa francese. La miglior Grande Boucle di un azzurro dai tempi del Coppi 1952, una Festa di Luglio dominata con un capolavoro sul pavè e tante conferme sulle salite (e a cronometro). Il risultato di un lavoro certosino. Un peso forma oscillante tra 63,5 e 64 chilogrammi (uno e mezzo in meno rispetto al Giro 2013!), ovvero 10 watt in più di valore di soglia. Lo stretching e la mobilità articolare per l’elasticità del tronco, le sedute con lo psicologo, il training autogeno e la respirazione diaframmatica. Lui e Paolo Slongo, l’allenatore che lo segue dal 2008, sanno benissimo che il Nibali di Sheffield, di Port du Hainaut, dell’Hautacam rappresenta lo zenith psicofisico del messinese, il suo non plus ultra. Fare meglio sarà impossibile, l’obiettivo è avvicinarlo (o eguagliarlo) diversificando la performance. Innanzitutto colmando le caselle mancanti nel palmarès: una classica monumento (soprattutto Doyenne e Lombardia) e il poker in una grande corsa a tappe. E l’idea, scorrendo le altimetrie poco favorevoli dei prossimi Mondiali (Richmond, Doha, Bergen), di Rio de Janeiro 2016, i Cinque Cerchi che potrebbero regalare un sogno al nostro…

Che è timido ma non le manda a dire. Alla notizia della doppietta degli Iglinsky, pescati con l’epo in due controlli a pochi dì uno dall’altro, ci siamo ricordati della Liegi-Bastogne-Liegi 2012. Il pomeriggio nel quale il siciliano (all’epoca ancora in Liquigas) fece un numero da campione vero, neutralizzato solamente da un Maksim – Valentin, il fratellino, una mezza figura, correva perché pagava – con wattaggi straordinari nel tratto (all’insù) verso Ans. Lo Squalo, deluso, al traguardo fece spallucce: “Vabbè se mi avesse ripreso Gilbert, ma perdere da uno così…”.

Dopo le incomprensioni di aprile, il default della sezione kazaka, che mette nei guai la licenza World Tour (noi non ci crediamo), sottolinea ulteriormente le due anime all’interno dell’Astana. E forse semplifica le cose. L’enclave italiana pare l’unica risorsa credibile della squadra, aspettando al varco le decisioni del boss Vinokourov e un probabile passo indietro (più formale che altro) per salvare il progetto. La buona stella accompagna Nibali pure nelle (poche) dichiarazioni rilasciate. Alla boutade di Oleg Tinkov, l’ennesimo milionario russo abitato dal fantasma di Limonov, dell’offerta di pecunia alla Banda dei Quattro (Nibali, Contador, Froome, Quintana) per farli correre Giro-Tour-Vuelta, il siciliano ha risposto che quei soldi andrebbero investiti nell’attività di base. Lui che, attraverso la Mastromarco, la società che lo crebbe, sta pensando a una fondazione – con Fsa e Specialized – per aiutare i giovani talenti: “La filiera – in Sicilia – purtroppo fatica a proseguire perchè è sempre più difficile organizzare gare. Ne ho parlato con i vertici della Federazione locale e spero che possa nascere qualcosa di buono, magari cominciando da un po’ di fondi per aumentare il numero delle gare”.

Parla con la cognizione di chi capisce la situazione attuale e non vive su una nuvola: avremmo un bisogno urgente di dirigenti, magari ex atleti, con una visione (e un rispetto) dello sport. Chissà che, un giorno, non si impegni in tal senso. Intanto il 2015 incombe: la coabitazione, adesso semplice, domani un po’ meno, con Fabio Aru e un calendario ambizioso che metta assieme il Giro col Tour. La corsa rosa, se gli spifferi diventeranno realtà, dovrebbe ripresentare i Tre Tenori della scorsa estate: si annuncerebbe uno spettacolo niente male. Con la serenità di colui che, qualunque cosa accada, la storia l’ha già scritta: quest’anno, la sera del 27 luglio 2014, sul podio dei Campi Elisi.

(in esclusiva per Indiscreto)

Share this article