Necessità del Winkdex

20 Febbraio 2014 di Stefano Olivari

Se i gemelli Cameron e Tyler Winklevoss fossero italiani, diremmo che Mark Zuckerberg gli ha rubato l’idea di Facebook. Di certo il neopadrone di WhatsApp è stato a suo tempo condannato a risarcirli con 65 milioni di dollari, che paragonati al valore di FB sono niente. Adesso i due fratelloni canottieri (sesti ai Giochi di Pechino nel due senza), non di Castellammare di Stabia ma di Southampton (New York), hanno una nuova idea e l’hanno depositata in tempo. Ne ha dato notizia il New York Times, in un articolo che ha evidenziato come i Winklevoss siano fra i tanti finanzieri, o aspiranti tali, a scommettere sul futuro dei Bitcoin. A beneficio della sciura Maria e anche nostro ricordiamo che i Bitcoin altro non sono che una moneta virtuale (come del resto virtuali sono tutte le monete, basate su convenzioni e fiducia degli utilizzatori), che a differenza di quelle più conosciute non è gestita da alcun ente centrale ma in sostanza ‘soltanto’ da un software che permette gli scambi fra gli utilizzatori (il meccanismo e la filosofia sottostanti sono molto più interessanti di queste poche righe, arrivando all’essenza stessa della rete). L’idea dei Winklevoss è semplice: creare un indice (con modestia lo hanno chiamato ‘Winkdex’) dei prezzi dei Bitcoin che funga da punto di riferimento per il mercato e che superi in credibilità gli indici già esistenti. Il progetto è stato presentato alla SEC, staremo a vedere come finirà. Il vero progetto dei gemelli, stando al NYT, è quello di agganciare all’indice eventualmente approvato dalla SEC un loro ETF. Perché il castello eviti di crollare, a nostro modesto parere, più che indici servirebbe un maggior numero di aziende con prodotti reali che consentissero il pagamento con questa moneta. Ma è chiaro che i colossi, tipo Amazon con il Coin, hanno tutto l’interesse a crearsi la loro moneta per tenere all’interno del proprio mondo tutte le transazioni. Il Winkdex, unito all’inutilità di gran parte della classe media (che ormai prescinde dalla congiuntura economica), potrà comunque nella peggiore delle ipotesi ispirare e ispirarci qualche editoriale del genere ‘signora mia che tempi’.

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