NBA il partito dei neri anti-Trump

27 Agosto 2020 di Stefano Olivari

La NBA si è fermata dopo il rifiuto dei Milwaukee Bucks di scendere in campo contro gli Orlando Magic in seguito al ferimento del nero Jacob Blake da parte di poliziotti, in Wisconsin. Non si sa quando riprenderà, ma certo è che buona parte dello sport americano, dalla MLS alla MLB fino ad arrivare addirittura al tennis, è orientata ad andare dietro alle proteste dei giocatori NBA, che al 75% sono neri.

La peculiarità della NBA non è soltanto la composizione razziale dei suoi protagonisti, in fondo anche la NFL è su queste percentuali, quanto quella dei suoi spettatori. Secondo una statistica di Morning Consult, in pratica una rielaborazione dei dati televisivi della Nielsen, il 47% dei fan della NBA è formato da neri, il 34 da bianchi e il 19 da altre razze: importante notare che per per questo tipo di sondaggi i latinos non sono bianchi, ma ‘altri’. Facile il confronto con gli Stati Uniti nel loro complesso, dove gli afroamericani in senso stretto sono il 12,7% della popolazione. In altre parole, negli Stati Uniti la NBA è percepita come una lega di neri per neri. Può piacere anche a molti bianchi, ma le percentuali parlano da sole.

Questo non impedisce ad altri sport di esprimere sdegno per il razzismo e le eventuali violenze di alcuni poliziotti, ma il discorso NBA è particolarissimo ed è anche un grosso problema di marketing. Decenni per cacciare dalla porta l’immagine di lega di negri tossici e violenti (l’episodio iconico il pugno di Kermit Washington a Tomjanovich, per sempre ‘The punch’) per divertire bianchi da hamburger a bordo campo ed ecco che dalla finestra entra quella di lega di negri politicizzati con il malcelato scopo di influire sulle elezioni presidenziali in chiave anti-Trump. Ma soprattutto contro chi ha votato per Trump. Chiaramente il sogno di quasi tutti noi sarebbe stato quello di una contesa elettorale fra Trump e LeBron James, di recente in collisione anche per il caso Goodyear, visto che il Prescelto (raro esempio di predestinato vero, fin dal liceo) ha superato l’età minima per essere eletto presidente degli Stati Uniti, cioè 35 anni.

Detto che ‘L’America è divisa’ è la seconda frase più stupida dei giornalisti dopo ‘O si vince o si impara’, e visto che i poliziotti del Wisconsin non sono diventati improvvisamente cattivi, ammesso che lo siano, nei giorni scorsi, la domanda a questo punto è una sola: questa unanimità politicamente corretta dei vip di sport e spettacolo porterà o toglierà voti a Trump?

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